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Responsabilità e senso della realtà si incontrano dentro la nuova struttura governativa al centro di una strategia complessa ma attraente.

 

Un Ministero nuovo per una politica nuova. Almeno per quel che riguarda l’ambiente, le fonti di energia, l’inquinamento, la mobilità. Il governo guidato da Mario Draghi con una maggioranza parlamentare assai ampia ha tra i suoi obiettivi primari il passaggio ad un nuovo modello di sviluppo. Non solo economico, evidentemente, ma anche sociale e culturale, nel senso più ampio del termine, laddove obbliga tutti a fare i conti con il «vissuto» e con il «da vivere».

La designazione di uno scienziato come Roberto Cingolani alla guida del Ministero della Transizione ecologica ha, poi, voluto dare maggiore pregio alla nuova istituzione. E non certo per le insistenze di Beppe Grillo che in realtà avrebbe preferito un nome diverso per estrazione e vicinanza al Movimento. Draghi ha scelto Cingolani per qualificare un’azione strategica di lungo periodo che abbraccerà molti pezzi dello Stato nei quali risiede il vero potere di fare le cose. E dove, non di rado, si incontrano competenze e professionalità che in altri tempi qualche Ministro ha svillaneggiato. Grillo se n’è fatto una ragione e gli italiani aspettano risultati.

Di cosa si occupa, dunque, il Mite? Sono stati fatti riferimenti ad analoghi dicasteri di altri Paesi. Quello italiano ha strappato competenze ad altri Ministeri per caratterizzarsi come unico centro della trasformazione verde di uno Stato che in quanto a duplicazioni, sotterfugi burocratici, balzelli, procedure, non si è privato di nulla. Stucchevole, per esempio, la prima impressione dello stesso Cingolani quando ha detto che il vecchio Mise era affollato di legulei. Compito suo innovare e ricredersi.

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Avendo come bussola il Next Generation EU, le responsabilità ora accentrate sono tutte di grande rilievo. Entro il 2030 l’Italia deve contribuire a ridurre le emissioni inquinanti, cercando di tagliare i contributi statali alle fonti fossili. Traduzione di: più incentivi ad eolico, fotovoltaico, comunità energetiche, veicoli elettrici. Lungo questa strada Cingolani dovrà curare un Piano delle aree per le trivellazioni di petrolio e gas e risolvere tempi e modi per le valutazioni di impatto ambientale. Questioni delicatissime attinenti alle attività industriali, a posti di lavoro, ad investimenti, ad accordi sindacali. La riqualificazione di siti industriali con l’eterna discussione tra ambiente, salute e sviluppo ha contraddistinto la politica industriale italiana degli ultimi 30 anni. Cingolani ha promesso di cambiare e fare sintesi.

Allo stesso modo è onere del suo Ministero preparare un Piano unico di lotta al dissesto idrogeologico e quello per una moderna gestione del ciclo delle acque, fino ai depuratori che mancano. Molte di queste attività incrociano i soldi del Recovery plan che -va ricordato- ha il limite della fattibilità dei progetti al 2026. Ci vuole un passo deciso per non diffondere miraggi, per dare più forza al prestigio di Draghi che non può presentarsi a Bruxelles con impegni progettuali privi di efficacia. E chi non ricorda le schede del Piano Colao del precedente governo?

 

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Dal Mite, in ogni caso, nei prossimi mesi dovranno uscire anche il Piano della mobilità sostenibile, il progetto di revisione del ciclo dei rifiuti, nuove decisioni sui termovalorizzatori, la scelta del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, indicazioni per il biogas, l’idrogeno, l’agroalimentare, i carburanti per le navi. Un sistema interconnesso di bisogni ed esigenze reali, quotidiane di un grande Paese e che non hanno nulla a che fare con i sogni. Finché non si commette l’errore di renderli tali.

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