Il 17 gennaio 2008 fu letta nell’Aula Magna dell’Università Sapienza di Roma l’Allocuzione di Papa Benedetto XVI che il Papa stesso avrebbe dovuto pronunciare in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico e su invito dell’allora Rettore Renato Guarini. La partecipazione del Papa fu annullata due giorni prima dallo stesso Pontefice a seguito del clima di tensione progressivamente diffusosi nell’Ateneo in merito alla sua prospettata visita. La polemica iniziò con la presa di posizione di 67 docenti, tra cui alcuni illustri rappresentanti del Dipartimento di Fisica dell’Ateneo, che firmarono una lettera al Rettore in opposizione all’invito del Pontefice. Le motivazioni contenute nella lettera si riferivano, oltre che all’inopportunità di invitare un’autorità religiosa ad un evento ufficiale nel più antico e grande ateneo di Roma, ad una “intollerabile” citazione, fatta a Parma diciotto anni prima dall’allora Cardinale e Professore Joseph Ratzinger sull’atteggiamento della Chiesa nel processo a Galileo Galilei. Nonostante il numero dei 67 firmatari della lettera fosse evidentemente esiguo rispetto ai circa 4.500 docenti dell’epoca nell’Ateneo, altre vivaci prese di posizione e alcune manifestazioni studentesche contribuirono alla valutazione di Papa Ratzinger che la sua visita non avrebbe trovato l’auspicato clima di serenità e che fosse più opportuno rinviarla.

“Università La Sapienza”, di Simone Ramella, Creative Commoms, CC-BY

Come docente dell’Ateneo, mi ero registrato per lo straordinario evento, e decisi di partecipare comunque all’inaugurazione dell’anno accademico comprendente, come dicevo, la lettura del testo del Papa. Ancora più significativo è stato il seguito della mattinata, nella Cappella Universitaria, che attendeva il Papa per un momento di preghiera, svolto quindi attorno ad una sedia rimasta vuota ma pienissima di significato. Ricordo di aver percepito questa giornata come una grande occasione mancata per l’Ateneo dove ho trascorso buona parte della mia vita di lavoro. E per la verità anche un’occasione mancata per alcuni miei autorevoli colleghi, di grande apertura di idee e sensibilità civile e sociale, firmatari della lettera.

Cinque anni dopo la vicenda che ho ricordato, di portata storica furono le dimissioni di Papa Benedetto XVI, del tutto inattese e dopo i molti secoli trascorsi dalle pochissime precedenti dimissioni di un Papa. Il successore di Benedetto XVI, Papa Francesco, eletto nel 2013, fu subito protagonista del non meno significativo evento storico di scegliere per sé un nome del tutto nuovo per un Papa. Il nome Francesco evoca naturalmente la figura di uno dei Santi che nella storia del Cristianesimo è quanto di più distante dal potere temporale e dall’ingerenza della Chiesa nelle vicende civili del mondo. La ricerca di quante volte nella storia un Papa eletto abbia scelto per sé un nome che non sia stato di un suo predecessore porta ad un esito sorprendente: con l’eccezione di Giovanni Paolo I, il cui nome comunque ha ripreso quelli di Giovanni XXIII e di Paolo VI, suoi immediati predecessori, nessun Papa del ventesimo, diciannovesimo, diciottesimo secolo fece una tale scelta innovativa, e così indietro per ben dieci secoli. Si arriva dunque all’Alto Medioevo, durante il quale tuttavia è noto che i Papi mantenevano di norma il loro nome originario. La conclusione è che la scelta di un nome inedito per un Papa rappresenta un fatto che non ha precedenti nella bimillenaria storia della Chiesa.

“File: incontro tra Papa Francesco e Papa Benedetto XVI.jpg” by Mondarte CC BY-SA 4.0

Molti sono i fatti dei trascorsi primi anni di Pontificato di Papa Francesco che testimoniano lo straordinario rinnovamento che la Chiesa sotto la sua guida sta attuando. Dall’inaugurazione nel 2015 dell’Anno Santo non a Roma, ma nella Repubblica Centrafricana “paese al centro del mondo”, al documento sottoscritto nel 2019 ad Abu Dhabi insieme alla massima autorità del mondo islamico sunnita, il Grande Imam di al-Azhar, contenente la celebre affermazione che “il pluralismo e le diversità di religione sono una sapiente volontà divina, con cui Dio ha creato gli esseri umani”. Questa affermazione è ripresa e sviluppata nell’Enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti, dell’ottobre 2020.

Ho ricordato questi recenti fondamentali aspetti della storia della Chiesa perché vorrei sottolineare quanto sia oggi paradossale la difficoltà che le forze politiche progressiste italiane sembrano avere nel confrontarsi con i cattolici sui temi di attualità.

Come in passato, la Chiesa cattolica presenta una naturale notevole complessità, e anche una resistenza al comunque grandissimo rinnovamento in atto. Da parte della politica italiana, ricordiamo che fin dalla prima Repubblica la vocazione popolare dei singoli partiti non ha potuto prescindere dalla capacità di interfacciarsi con il mondo cattolico. Attualmente sembra più facile il rapporto delle forze politiche di centro-destra con i cattolici moderati, in qualche caso anche con ricorso a sorprendenti esibizioni di pratiche e segni devozionali, che sembrano avere comunque una certa efficacia mediatica. Viceversa si è visto in recenti elezioni come qualcuna delle forze progressiste che hanno elementi di continuità con i grandi partiti popolari della sinistra della prima Repubblica riesca ora ad affermarsi più nelle zone centrali e borghesi che non nei quartieri popolari e periferici.

“File: Senato della Repubblica, Creative Commons CC BY-NC-SA 2.0”

Guardando a un esempio recentissimo, c’è da domandarsi se la vicenda del disegno di legge Zan, tuttora in corso, non rappresenti per la sinistra italiana un’altra occasione mancata di ricerca di un possibile utile rapporto (certo tutt’altro che facile sia a priori che in itinere) con la sensibilità e la coscienza cattolica. A questo riguardo si può ricordare la tempestiva e chiara risposta del Presidente Draghi alla Nota Verbale, relativa appunto al ddl Zan e consegnata dalla Segreteria di Stato Vaticana al nostro ambasciatore presso la Santa Sede, e l’altrettanto tempestivo positivo riscontro da parte dello stesso Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Parolin. Rimane il fatto che il ddl Zan contiene non pochi aspetti che ci coinvolgono tutti profondamente, e certamente oltre gli orientamenti politici di carattere generale che esprimiamo con il voto quando nelle elezioni scegliamo di essere rappresentati da questo o da quel partito.

 

Foto di apertura di Steen Jepsen su Pixabay