Pochi giorni fa ci ha lasciato Paolo Pietrangeli… La contessa della canzone è rimasta sola, come me e tanti altri giovani del 68.

Libera per usi commerciali da Pixabay

Avevo 14 anni nel 68, un ragazzino, mi ricordo come se fosse ora l’emozione di ascoltare quella canzone, cantata in un’assemblea nella palestra del mio ginnasio. Parole forti, dure, pesanti e rivoluzionarie, parole che nella mia educazione piccolo borghese non avevo mai sentito, forse non le capivo nemmeno per la loro durezza, obiettivamente violente, io ma penso come tanti altri… Da lì nacque una serie di esperienze e un cambiamento anche mentale… in casa certamente non se ne parlava, io figlio di un carabiniere, che dopo che si era fatto tre anni di campo di concentramento di lavoro in Austria continuava a votare, forse qualcuno se lo ricorderà, il simbolo di Stella e Corona, un residuo di partito, se lo vogliamo chiamare così, monarchico. Figuriamoci…. La storia vuole che Paolo abbia sentito in un bar elegante del quartiere Trieste, a Roma, parlare due signori anziani e altolocati di questa occupazione di una fabbrica e da lì partì tutto.

Anche lui figlio di una famiglia borghese, con tanto tempo e voglia di scrivere e comporre musica. Raccontò poi che la aveva scritta nel corso di un’occupazione dell’Università La Sapienza di Roma…ma di giorno… perché poi la sera e la notte doveva stare a casa, sennò chi li sente mamma e papà…pertanto ricordava, malinconico, aveva fatto l’occupazione senza “far professione di libero amore”…

È solamente un mio ricordo di quel momento, degli anni che sono passati, delle esperienze e degli impegni presi come uomo nei confronti degli altri, oggi si direbbe del sociale e così via…

Quella canzone insieme ad un’altra, “Valle Giulia”, dove a marzo del 68 ci furono scontri durissimi fra la polizia e gli studenti universitari di architettura, sono tra i ricordi e le emozioni indelebili di quegli anni. In quegli anni entrò a fare parte del Nuovo Canzoniere Italiano e iniziò a cantare con Giovanna Marini, che mi piace qui ricordare, che fu la seconda voce in tante canzoni. Quelle canzoni poi diventarono gli inni di tantissime marce e manifestazioni operaie e studentesche, negli anni dal 68 al 70 e a seguire, lotte che poi in effetti portarono a miglioramenti della situazione lavorativa delle fabbriche e degli operai, sicuramente anche grazie ai sindacati, ma anche tanti cambiamenti nel mondo della scuola.

Libera per usi commerciali da Pixabay

Quel ritornello: “Compagni dai campi e dalle officine prendete la falce e portate il martello…” risuonò per anni nelle vie e nelle piazze

Devo dire che tanti anni dopo mal digerii il fatto che Paolo lavorasse per Mediaset, come regista, di prodotti televisivi più o meno validi, a mio avviso. Mi sembrava che avesse venduto gli ideali al padrone, all’epoca così si chiamava. In effetti era figlio di un grandissimo regista e regista lui stesso e aveva scelto quella strada. Per assurdo lo ricordo in una puntata del “Maurizio Costanzo show” cantare, accompagnandosi con la chitarra, proprio “Contessa” e mi sembrò una profanazione, o se me la passate, una bestemmia in chiesa.

Ricordi di un mondo passato, di ideali miei e di una generazione che oggi stento a ritrovare in questa quotidianità, sui quali forse ci siamo illusi e forse abbiamo anche perso come battaglie, lo sfruttamento nel lavoro ad esempio: “Scendete giù in piazza, affossate il sistema” … già…il sistema…credo proprio che a distanza di 50 anni e più il sistema non sia stato affossato…ma io non li rinnego. Voglio vivere gli anni che mi restano ancora con quelle idee…che erano e sono anche speranze di una vita migliore e più giusta.

Alessandro Coluccelli

Foto di apertura Libera per usi commerciali da Pixabay