Il  2022 passerà alla storia come l’anno in cui l’Europa ha preso atto di alcuni limiti alla sua costituzione come unione di Stati democratici. Lo stesso anno ha reso evidente la necessità di un cambiamento radicale nei consumi e negli usi di energia, nel modo di vivere le città, posta l’indispensabilità delle fonti.Una necessità che è lo specchio riflesso di molti limiti sostanziali dell’Ue. L’Italia, pur essendo tra i Paesi fondatori dell’Unione, nello stesso 2022 non ha avuto esattamente buona sorte. A metà anno un governo guidato da uno dei più autorevoli esponenti del mondo economico-istituzionale è stato messo in crisi. Soluzioni alternative non ce n’erano, per cui si è andati spediti ad elezioni anticipate. Sarebbe eccessivo descrivere il contesto internazionale nel quale la crisi del governo Draghi è maturata con la conseguente campagna elettorale in atto. Un dato, pero’, ritengo certo: gli italiani non sentivano  affatto il bisogno della fine traumatica della legislatura, né di privarsi di un governo che aveva restituito credibilità, prestigio e forza negoziale al Paese su molte questioni. Quella dell’energia, della tutela dell’ambiente, della lotta ai cambiamenti climatici, delle istanze dei giovani, raccolta in un solo ideale fascicolo, si è rivelata come un penoso boomerang per tutte le formazioni che si presentano al voto del 25 settembre prossimo. Il governo Draghi ha avuto, tra i punti piu’ qualificanti del suo lavoro, la transizione ecologica. Ha avviato un processo di medio-lungo termine verso un sistema nuovo con famiglie, imprese e future generazioni a godere di buoni risultati ambientali, sostenibili. Gli italiani non si lamentavano.

I raggruppamenti politici nella battaglia per il voto dopo sfarinamenti e riposizionamenti hanno scompigliato il gioco. Da due mesi parlano di  sviluppo sostenibile, green economy, nuove fonti di energie, caro bollette ma mostrano livelli di incomprensione scientifica e qualche ignoranza di troppo. Cosa vuole dire? La transizione ecologica italiana è una realtà fattuale con un dispiego di intelligenze, ricerca, soldi pubblici e privati. Il bisogno di prendere strade nuove è stato sostenuto da Mario Draghi e dal Ministro Roberto Cingolani in ogni sede, con provvedimenti veri, ricevendo apprezzamenti e solo qualche marginale critica. Solo l’ipocrisia e un’infelice spirito di rivalsa puo’ far dimenticare quello che avevano combinato i governi precedenti. Fermato ogni innovazione, ricerca, strutture in campo energetico, investimenti, dietro slogan inconsistenti e parole d’ordine fuori da ogni orizzonte tecnologico o scientifico. Che Italia stavano preparando ?

Ora alle elezioni del 25 settembre sui temi specifici il Centrodestra propone impianti in grado di produrre energie alternative alle fossili, compreso il nucleare di ultima generazione. Il Centrosinistra punta su rinnovabili, rigassificatori e migliaia di nuovi posti di lavoro. I Cinquestelle  chiedono consenso per energia pulita, continuità del superbonus 110% per la ristrutturazione degli edifici, sburocratizzazione delle procedure. L’alleanza Azione-Italia Viva, oltre a battersi per due nuovi rigassificatori, vuole la ripresa della produzione di gas nazionale riattivando gli impianti già esistenti senza escludere il ricorso al nucleare. Altre formazioni oscillano tra la nazionalizzazione di tutto il comparto energetico, ad una imprecisata autonomia nazionale, fino ad  una campagna di ascolto dei cittadini prima di ogni decisione. Le idee -qui sintetizzate- non mancano, ma è l’approccio finale che in questa seconda fase dell’anno rende l’Italia un Paese affetto da strabismo.

La crisi energetica non è arrivata inattesa. Già prima della guerra in Ucraina ( fattore aggravante), nonostante il Green New Deal e la montagna di soldi del PNRR, l’Italia aveva bisogno di una politica energetica sostenibile e coerente con ipotesi di crescita e di sviluppo. Si, l’epidemia da Covid aveva rallentato ogni cosa ma il Parlamento tra tanti provvedimenti verdi è riuscito persino ad inserire l’ambiente nella Costituzione. Le parole magiche sono state lavorare per il futuro. Siamo, comunque,  arrivati ad un tragico e sbalorditivo bivio. L’energia e i suoi effetti sull’ambiente, sulla qualità della vita, sulla salute, hanno tempi lunghi. In politica molti fingono di non sapere o effettivamente non sanno. Rallentare o soltanto rivedere le fondamenta della transizione ecologica avviata appena due anni fa o ritornare a veti e comitati “contro”,  è il modo peggiore per ripagare gli italiani della fiducia posta in una strategia autorevole e concreta. Il caro energia c’è, si avverte e il Paese soffre. Ma nessun illusionista  ha mai cambiato la realtà. Anche se si presenta ad una libera elezione democratica.