a cura di

Rodolfo Ruocco

Gualtieri, il tabù termovalorizzatore

Roma è sempre sporca, assediata dalla immondizia. La costruzione di un termovalorizzatore neppure è ipotizzata. Roberto Gualtieri ha proclamato insediandosi al Campidoglio: «La priorità sono i rifiuti». Il nuovo sindaco della capitale è cosciente della gravità del problema. Durante lo scambio di consegne con Virginia Raggi ha annunciato un piano di «pulizia straordinaria».

Qualcosa si è visto delle promesse fatte dal nuovo sindaco di centro-sinistra eletto il 18 ottobre. Mille addetti dell’Ama (l’azienda comunale della nettezza urbana) e 40 milioni di euro sono stati mobilitati per il piano di «pulizia straordinaria».

Pulire la città è importante, ma non basta. L’immondizia va trattata, eliminata, riciclata, smaltita. E qui cominciano i guai. A Roma la tanto esaltata differenziata è ferma al 45%. Così la gran parte della immondizia della capitale è esportata con altissimi costi in altre province del Lazio e in altre regioni italiane. Finisce in una discarica o bruciata in un termovalorizzatore (come a Milano e a Copenaghen) che assicura riscaldamento e corrente elettrica.

Sia Gualtieri sia il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, entrambi del Pd, non hanno mai avanzato l’ipotesi di costruire un termovalorizzatore. Certamente la strada maestra è il riciclo di resti alimentari e vegetali, vetro, plastica, carta, metalli. Tuttavia non tutto può essere riciclato. La parola termovalorizzatore, anche dopo la poco brillante era Raggi, sembra restare un tabù. Roma ha un doppio record negativo: l’Irpef comunale e la Tari più alte d’Italia e le strade inondate da spazzatura puzzolente.

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