Lo spettacolo messo in scena lo scorso mese dai nostri politici, concluso con le dimissioni del governo, e la successiva lettera di ringraziamento al governo stesso scritta dal Presidente della CEI, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, mi hanno richiamato alla memoria un fatto storico di quasi sessant’anni fa. All’epoca ero un ragazzo, ma una persona della mia famiglia me ne sottolineò l’importanza.

Si tratta di una premessa del messaggio di Papa Paolo VI pronunciato all’Assemblea dell’ONU il 4 ottobre 1965. Un’affermazione di autorevolezza, che si riferisce al ruolo che la Chiesa riveste per il mondo. “Noi siamo esperti in umanità”, disse Paolo VI all’inizio del suo discorso a 117 governi del mondo, nell’ambito della prima visita di un Papa alle Nazioni Unite.

The United Nations in New York
by Foreign and Commonwealth Office, CC BY-ND 2.0

A vent’anni dalla fondazione della più importante organizzazione internazionale, negli anni della guerra fredda, ma anche del Concilio Vaticano II, il discorso di Paolo VI fu completamente rivolto al futuro. In qualche modo punto di passaggio tra le encicliche Pacem in Terris del suo predecessore Giovanni XXIII e Populorum Progressio dello stesso Paolo VI.

La visita di Paolo VI alle Nazioni Unite non rimase un caso isolato. Ad essa seguirono le due visite di Giovanni Paolo II (1979 e 1995), poi di Benedetto XVI (2008), e di Francesco (2015). In occasione di quest’ultima, e dunque a 50 anni dalla visita di Paolo VI, Andrea Riccardi pubblicò il saggio Manifesto al mondo. La visita di Paolo VI all’ONU, Jaca Book 2015.

La storia della Chiesa in tutti questi anni, fino alla recentissima visita di Papa Francesco in Canada, fanno riflettere sul valore per il mondo e per il suo futuro di quella esperienza in umanità di cui parlò Paolo VI nel 1965. Un’esperienza acquisita dalla Chiesa, fin dalle sue origini “santa e peccatrice”, attraverso il suo grande impegno umanitario, ma anche attraverso le molte, complesse, intrecciate e non di rado scellerate vicende nei due millenni della sua storia.

 

Statua di Calderon de la Barca, by JCTennis.com
CC BY-SA 2.0

Venendo dunque alle questioni di casa nostra, una pagina di incertezza e preoccupazione si è aperta il 20 luglio scorso nell’aula del Senato con il voto di fiducia al Governo Draghi. Chi ne ha seguito le riunioni preparatorie, i retroscena, le dichiarazioni di voto, i commenti successivi, ha assistito a un vasto campionario di ciò che nel bene e nel male costituisce l’umanità. Una sorta di Gran Teatro del Mondo. Anzi, tra i personaggi dell’omonima opera di Pedro Calderon de la Barca (ricordo qui il Ricco, la Prudenza, il Bambino, il Contadino, il Povero, …) non è difficile identificarne qualcuno con i leader politici che sono stati gli attori della rappresentazione nella giornata del 20 luglio. Una pagina non della migliore umanità, che sarebbe degna di essere dimenticata. Ma purtroppo c’è da temere che non lo sarà affatto.

 

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi
Presidenza della Repubblica

E per ridare voce a chi ha esperienza in umanità trovo, come accennavo, di grande valore il testo di ringraziamento al Governo Draghi scritto dal Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente da qualche mese della Conferenza Episcopale Italiana, dunque personalità al vertice della Chiesa nel nostro paese. Al di là dei ringraziamenti al Presidente Draghi e al suo governo per il metodo di lavoro che lo ha distinto, il testo vuole essere fortemente costruttivo. Un invito a non disperdere la capacità di guardare al bene di tutti e a un futuro migliore. Naturalmente non il bene e il futuro personali, o di parte. Ma è meglio usare le parole del Cardinale Zuppi: “In questo momento così decisivo e pieno di rischi per l’Italia e l’Europa, desidero rinnovare il forte appello alla responsabilità individuale e collettiva per affrontare la prossima scadenza elettorale. L’indispensabile interesse superiore impone di mettere da parte quelli personali o individuali, per affrancare la politica da tatticismi ormai, peraltro, incomprensibili e rischiosi per tutti. Dobbiamo pensare alla sofferenza delle persone e garantire risposte serie, non ideologiche o ingannevoli, che indichino anche, se necessario, sacrifici, ma diano sicurezza e motivi di speranza”.

Concludo segnalando il bell’articolo di Walter Veltroni “C’è anche chi non urla” apparso sul Corriere della Sera del 9 agosto scorso, e dedicato appunto alla visione politica e allo stile del Presidente Draghi e del Cardinale Zuppi. Nella loro instancabile ricerca della coesione, nel perseguire l’equilibrio a volte difficilissimo tra identità e dialogo, è forse la sola speranza di ritrovare la grandezza smarrita della Politica, una parola che purtroppo è diventato poco naturale scrivere con la p maiuscola.

 

Immagine di copertina “Dichiarazioni programmatiche al Senato” by Palazzochigi, CC BY-NC-SA 2.0