Le sortite anti-Nato di Trump e la morte in carcere di Navalny possono dare un impulso all’Europa della Difesa, perché evocano lo spettro di un disimpegno degli Stati Uniti verso gli alleati europei e rinnovano la minaccia per la libertà rappresentata dal presidente russo Vladimir Putin. Ma Politico, nella sua versione europea, lascia poco spazio all’ottimismo: “Trump è già tornato e l’America ha già abbandonato l’Europa”, scrive in modo un po’ ‘tranchant’, dando per scontato che il magnate vinca le presidenziali di novembre e, poi, metta in pratica i suoi propositi.

Foto: Di YouTube/Навальный LIVE – www.youtube.com/watch?v=l-xBAXKrdi8&feature=youtu.be, CC BY 3.0, commons.wikimedia.org

L’auspicio, intuitivo e immediato, di un colpo di reni europeo di fronte agli eventi internazionali trova riscontro nelle reazioni e nelle dichiarazioni a caldo dei leader europei alle frasi di Trump e alla scomparsa di Navalny. A Monaco, dove si tiene il Forum della Sicurezza, Ursula von der Leyen dice che, se sarà confermata presidente della Commissione europea – il mandato scade a novembre -, creerà un commissario alla Difesa: un gesto significativo, ma allo stato simbolico. Sarebbe, infatti, illusorio pensare che basti nominare un commissario alla Difesa per fare un’Unione della Difesa: dal 2009, c’è un capo della diplomazia europea (ora, Josep Borrell), ma non per questo c’è una politica estera europea. Per arrivarci, alla politica estera come a quella della difesa, bisogna conferire all’Unione poteri adeguati e abolire, su questi temi, il vincolo dell’unanimità: sarebbe forse meglio partire non a 27, ma da un nucleo ristretto, coeso e determinato, come s’è fatto con l’euro.

Europa della Difesa: l’effetto dell’annuncio di UvdL a Monaco

La sortita di UvdL, inattesa, ha lasciato un po’ interdetto Jens Stoltenberg, il segretario generale dell’Alleanza atlantica, che accoglie “con favore sforzi per la difesa complementari alla Nato”, fermo restando che l’Alleanza “resta la pietra angolare per la sicurezza europea”. Stoltenberg fa notare che otto decimi delle risorse Nato vengono da Paesi non Ue e che due di essi (Stati Uniti e Regno Unito) sono “potenze nucleari”: non serve “sovrapposizione” e tanto meno “competizione” fra le due sponde dell’Atlantico, avverte.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che a Monaco ha presieduto un consulto informale G7, parla, invece, di “una proposta che mi vede assolutamente favorevole: senza difesa comune europea, non possiamo essere protagonisti in maniera paritaria nella Nato e non possiamo avere un’azione efficace di politica estera”.

A Monaco, i responsabili statunitensi, la vice-presidente Kamala Harris il segretario di Stato Antony Blinken, hanno sciorinato tutta la retorica dell’ortodossia atlantica, per cercare di rassicurare gli alleati europei su un punto: nonostante quel che dice Trump, Washington rimane impegnata nella difesa del mondo democratico. Ma il voto del 5 novembre può cambiare quadro e referenti.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz rileva che “qualsiasi relativizzazione della garanzia di assistenza da parte della Nato va solo a vantaggio di chi, come Putin, vuole indebolirci”. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky auspica che la risposta a Putin resti “comune”: l’alternativa è “una catastrofe” per l?Ucraina, ma anche per l’Europa. Al ministro degli Esteri cinese Wang Yi, Borrell chiede che Pechino “non sostenga la Russia”; generica ed evasiva la risposta, “resteremo una forza di stabilità”.

Europa della Difesa: ‘effetto Trump’ su Ucraina e Medio Oriente

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La sola presenza di Donald Trump sulla scena di Usa 2024 condiziona l’andamento dei due conflitti che tengono il Mondo in ansia. In Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin, che è poco ‘distratto’ dalle elezioni del 17 marzo a casa sua – quasi una formalità -, può traccheggiare al fronte, in attesa di vedere se Trump vince, taglia gli aiuti a Kiev e accetta lo statu quo, ‘cristallizzando’ le quattro province (più la Crimea) annesse dalla Russia con i referendum farsa del settembre 2022, in attesa di concordare chissà quando una soluzione negoziale.

Invece, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è febbrile: senza gli aiuti di Washington, che sono in stallo, e nonostante quelli dell’Ue, sbloccati, l’Ucraina si difende a stento e non ha mezzi per reagire. Il cambio della guardia al vertice dell’esercito è uno dei sintomi dell’agitazione ucraina.

In Medio Oriente, il premier israeliano Benjamin Netanyahu spera nel ritorno dell’amico Donald, che gliele ha sempre date tutte vinte – il problema, per lui, è essere ancora in sella, se e quando ci sarà il cambio della guardia alla Casa Bianca -. Con Trump al potere, l’idea d’uno Stato palestinese tornerà nei cassetti della diplomazia statunitense.

Foto di Avi Ohayon / Government Press Office of Israel, CC BY-SA 3.0, commons.wikimedia.org

Putin e Netanyahu non sono i soli a comportarsi come se Trump fosse già tornato, complice l’impressione di fragilità sempre più evidente data da Joe Biden: l’86% degli americani lo giudica troppo anziano per un secondo mandato (a dire il vero, il 62% lo pensa pure di Trump). Il tema dell’età di Biden e della sua forma fisica e mentale è centrale in questo momento nella campagna per Usa 2024 e mette in confusione i democratici, che non hanno un’alternativa pronta. L’invadenza di Trump induce, persino, Putin a fare una sorta di retromarcia, a cercare di smarcarsi. In un’intervista, sintetizzata dalla Tass, dice: “Biden è più esperto di politica e per questo la Russia preferirebbe lui rispetto a Trump come presidente degli Stati Uniti”. Salvo poi aggiungere: “Sarebbe scorretto che noi interferissimo”. Difficile però immaginare interferenza maggiore di una sortita così esplicita; e difficile dimenticare le interferenze diplomatiche e informatiche del 2016 e 2020. E non è chiaro se Putin voglia solo creare una cortina fumogena sul sostegno del Cremlino a Trump o voglia davvero esprimere una preferenza di segno contrario.

Anche per Trump è tempo di marce indietro: lui, nei comizi e non solo, parla sovente a ruota libera e si contraddice spesso. Dopo avere espresso riserve sugli aiuti all’Ucraina e chiesto ai repubblicani di non autorizzarli, assicura che lui farà per Kiev più di quanto non abbia fatto e non faccia Biden. Pure qui, portata e valenza della dichiarazione riferita restano da verificare: i deputati repubblicani continuano ad opporsi agli aiuti, sostenendo che la sicurezza degli Usa è compromessa da ciò che accade alla frontiera con il Messico, da dove entrano nell’Unione fino a 10 mila migranti al giorno, e non da ciò che accade in Europa.

Proprio l’Europa è la più agitata dalle parole di Trump – le più esplicite le pronuncia in un comizio in South Carolina – che rinnegano gli impegni degli Usa verso la Nato e danno via libera alla Russia di Putin. C’è un coro di allarme e indignazione dalla Nato e dall’Ue e dalle capitali. L’emozione è meno grande negli Usa: la sortita anti-atlantica precede di poche ore il Super Bowl, la ‘partitissima’ del football americano: i fans del match votano alle presidenziali – molti votano Trump -; gli alleati non votano. Il magnate pluri-inquisito può fare spallucce di fronte ai crucci europei.

Non è la prima volta che l’ex presidente evoca l’aneddoto del vertice della Nato del 2018, dove si discuteva del contributo degli alleati alla difesa comune (l’obiettivo è spendere il 2% del Pil: solo una dozzina di Paesi su 30 lo fanno). Trump racconta: “Un leader di un grande Paese si alzò e mi chiese: ‘Se non paghiamo e veniamo attaccati, ci difenderete?’. Gli feci: ‘Non avete pagato?, siete inadempienti?’. Mi rispose: ‘Sì’. E io replicai che no, non li avrei difesi, anzi avrei incoraggiato” Putin “a fare quel che diavolo voleva”.

Colpisce il linguaggio e l’utilizzo del termine “incoraggerei”: la Russia è da due anni impegnata nell’invasione dell’Ucraina e non pare il caso di invitarla ad andare oltre. Ma la sortita conferma l’avversità mai celata di Trump verso la nota e la sua insofferenza verso ogni multilateralismo.

La Casa Bianca bolla le parole di Trump, “spaventose e sconvolgenti”: l’ex presidente “incoraggia l’invasione dei nostri più stretti alleati da parte di regimi assassini”; così facendo, “mette in pericolo la sicurezza nazionale, la stabilità globale e la nostra economia”. Biden stesso dice: Trump “vuole dare luce verde a Putin per più guerre e più violenze”.

Contro l’ex presidente, il New York Times prende posizione con un editoriale: “Favorendo i nemici rispetto agli amici, Donald Trump mette a rischio l’ordine internazionale”: “Alcuni potrebbero leggere le sue parole come un tentato cattivo umorismo. Altri potrebbero apprezzare la linea dura. Ma la retorica di Trump lascia presagire, nel caso in cui vincesse la Casa Bianca a novembre, potenziali cambiamenti di ampia portata nell’ordine internazionale con conseguenze imprevedibili”.

La Cnn s’interroga se l’Alleanza atlantica potrebbe sopravvivere a un Trump II. Politico.com chiede se l’Ue potrebbe difendere da sola se stessa e l’Ucraina – oggi, à una domanda retorica: no, non può farlo -.

Jens Stoltenberg, segretario NATO – Public Domain Mark 1.0.

Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg assicura: “Restiamo pronti a difendere tutti i nostri alleati. Ogni affermazione in cui si parli della possibilità che i Paesi membri non si difendano reciprocamente mette a rischio la sicurezza di noi tutti, inclusa quella degli Usa, ed espone i soldati americani ed europei a rischi crescenti”. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel giudica “sconsiderate” le affermazioni di Trump. Nei Paesi baltici si parla di “frasi puerili”.

Nella sua versione europea, Politica cerca un risvolto positivo: Trump – sostiene – fa un favore all’Europa, spingendola verso un’Unione della Difesa. Un’opportunità che però l’Ue non colse quando il magnate era alla Casa Bianca, dal 2017 al 2021, anche se fece passi per rafforzare la cooperazione nell’ambito dell’industria militare. Adesso, la situazione è profondamente diversa: dopo l’invasione dell’Ucraina, la minaccia russa è molto più percepita e i vantaggi, economici e politici e strategici, di mettere in comune le capacità di difesa più condivisi.

Negli Usa, i repubblicani cercano di minimizzare la portata delle dichiarazioni di Trump: ricordano che molti Paesi dell’Alleanza non sono in regola con gli impegni per la difesa e che periodicamente quasi tutti i presidenti americani se ne sono lamentati – ma mai in termini così perentori -. Invece, i democratici sottolineano la lungimiranza del Congresso: una legge vieta al presidente, chiunque egli sia, il ritiro unilaterale dalla Nato.

Con Putin, Trump s’è sempre vantato di aver un buon rapporto: gli crede più alla sua intelligence, come disse incontrandolo a Helsinki in pieno scandalo sulle interferenze russe nelle elezioni 2016. Un’intesa che va avanti da tempo e che è appena ‘rinfrescata’ dall’intervista a Putin, compiacente e compiaciuta, fatta da Tucker Carlson, un ex conduttore di Fox News licenziato perché eccessivamente ‘trumpiano’ e considerato uno dei possibili candidati vice in ticket con il magnate.

Foto di apertura di Defence-Imagery da Pixabay