Photo by Wonderlane on Unsplash

Quante volte non abbiamo letto o ascoltato espressioni come “laici e cattolici uniti per la pace”, “laici e cattolici: due realtà in contrasto”, “laici e cattolici impegnati nel volontariato”! Ebbene, quanti, trovandosi dinanzi ad enunciati del genere, hanno riflettuto sul fatto che si è dinanzi a semplici nonsensi o addirittura a operazioni disoneste? Quanti hanno sfondato la porta aperta costituita dalla banale considerazione che i cattolici possono essere laici come e più dei non cattolici, per cui considerarli al pari di due schieramenti distinti o addirittura opposti è, come minimo, scorretto?

Questi interrogativi ci obbligano a qualche precisazione per non cadere nel tranello preparato da coloro che, per varie ragioni, hanno interesse a far sì che l’inesistente opposizione tra laico e per motivi ideologicilati esempi di disonestà cattolico continui a seminare confusione nei soggetti poco adusi al pensiero pensante.

Ma andiamo con ordine. Quando si parla di laicità, considerata la confusione orchestrata ad arte sul termine per motivi ideologici o semplicemente per creare disorientamento, è indispensabile ricorrere agli studiosi più seri e obiettivi dell’impegnativa problematica, tra cui emerge, senza alcun dubbio, Claudio Magris, intellettuale onesto, agnostico ma sempre in movimento ed aperto al messaggio cristiano.

Nell’affrontare l’argomento della laicità è necessario non falsare l’oggetto e il senso della problematica per evitare, da subito, un dialogo tra sordi. Inizierei pertanto da un’affermazione fatta dal citato pensatore il 18 ottobre 2009 su “Il Corriere della Sera” in un articolo dedicato al filosofo Norberto Bobbio, “papa laico”, nel primo centenario della nascita e così intitolato: “Un secolo fa nasceva Bobbio, maestro di laicità”. “Mai come oggi – vi afferma C. Magris – è mancata la laicità e Bobbio è anzitutto un maestro di laicità, non nel senso stupido e scorretto in cui viene correntemente usata questa parola, quasi fosse l’opposto di credente, di religioso o di praticante, come credono e vogliono far credere gli ignoranti e i disonesti”. Parole dure, come ben si vede, contro quelli che potremmo designare come criminali del lessico, i quali, con operazione intellettualmente disonesta, manipolano il linguaggio per renderlo funzionale alla menzogna, ai loro pregiudizi o ai loro interessi ideologici.

Contro costoro non si limita a mezzi termini Claudio Magris, il quale è intervenuto numerose volte sull’argomento. Per esempio, tre mesi prima ed esattamente il 15 giugno 2009, aveva scritto: “Laico non vuol dire affatto, come ignorantemente si ripete, l’opposto di credente (o di non cattolico) e non indica, di per sé, né un credente né un ateo né un agnostico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile da ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno a tale fede; è capacità di distinguere le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato”.

Saremmo dunque completamente fuori strada se opponessimo il termine laico, che a torto viene usato come sinonimo di non credente e di ateo, al termine cattolico, anche perché la parola laico e il concetto di laicità sono nati in seno al Cristianesimo e risalgono, come tutti dovrebbero sapere, ai Vangeli. Non solo Matteo (22, 21), Marco (12, 13-17) e Luca (20-25), ma anche vari vangeli apocrifi riferiscono l’affermazione di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. In virtù di questa espressione Gesù Cristo ha riconosciuto l’autonomia, ma non l’opposizione, delle cose temporali da quelle che riguardano il rapporto diretto con Dio. Questo è stato e rimane un caso unico tra tutte le fedi religiose. Non per nulla il concetto di laicità si è affermato nelle comunità di tradizioni cristiane e non altrove. La laicità, per esempio, è completamente estranea al mondo musulmano.

Foto libera per usi commerciali da Pixabay

Per lungo tempo, la parola laico e il corrispondente nome astratto laicità hanno avuto un significato esclusivamente religioso. Laico designava e designa tuttora il cristiano che non appartiene alla gerarchia né al clero, né ai consacrati. L’insieme dei fedeli laici costituisce il laicato, di cui si è particolarmente interessato il Concilio Vaticano II che ai laici ha riconosciuto nuove responsabilità e dignità. La “Lumen Gentium”, seconda Costituzione del Concilio, chiarisce: “Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito dalla Chiesa” (LG, n. 31).

La laicità ha nel tempo ampliato i suoi confini per indicare l’atteggiamento dello Stato per garantire, da un lato, la libertà di culto ai fedeli e, dall’altro, la democrazia come strumento privilegiato per una partecipazione plurale e collettiva al bene comune dei cittadini. La laicità riconosce dunque il pluralismo, che non è pluralità discorde, scontro frontale, ma ricerca comune nel dialogo aperto e rispettoso dei credenti e dei non credenti per il bene e la libertà di tutti e di ciascuno.

La laicità non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia ma rappresenta la buona disposizione ad articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista, agnostico ecc.) secondo principi logici e secondo una scala, almeno minima, di valori indisponibili e non negoziabili. Attualmente, quando si parla di valori non negoziabili, c’è chi, inalberandosi, reagisce violentemente affermando che non ci sono valori non negoziabili. In tal caso, non si riflette sul fatto che, se non ci fossero valori non negoziabili, allora tutti i valori o pseudo-tali sarebbero negoziabili. Orrenda prospettiva perché, se così fosse, dovremmo prendere in considerazione i “valori” (per es. l’omertà), cari a mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti ecc., secondo i quali vanno eliminati tutti coloro che sono d’ostacolo alla loro visione criminale della vita. La già grave frammentazione della società del nostro tempo si tradurrebbe in completa devastazione di ogni forma di società civile. Lo afferma con altro significativo esempio il citato Claudio Magris quando, respingendo lo sconvolgente pregiudizio secondo cui non ci sono valori non negoziabili, così si esprime: «Discutiamo forse se è lecito o meno violentare un bambino? Evidentemente no, non si può discutere, abbiamo già deciso di non farlo. La fede in alcuni valori universali costituisce una base fondamentale da cui non si può prescindere». Discutiamo forse sulla liceità dello stupro, del femminicidio, della sopraffazione violenta delle persone, della corruzione?

È proprio invece della laicità stabilire una scala minima di valori condivisi, da cui non si può prescindere per una società civile, a misura d’uomo. In questa direzione procede quel prezioso documento della Cei, “Lettera ai cercatori di Dio”, pubblicata il 12 aprile 2009, che sottolinea il valore del dialogo tra tutti i cercatori, cioè tra tutti gli esseri umani, rifiutando la suddivisione in credenti e non credenti e proponendo una diversa suddivisione, quella tra pensanti e non pensanti. Per le persone pensanti, che si pongono i problemi dell’esistenza e che insieme ricercano nel dubbio e nel desiderio di comprendere le ragioni dell’altro, il dialogo è l’anima della convivenza. È questo il segreto della laicità che unisce tutte le persone che ricercano ansiosamente, senza sosta, per tutta la vita, perché sono strutturalmente permeate da quella sana inquietudine che è espressa da Sant’Agostino, quando nelle sue “Confessioni” afferma: «Inquietum est cor meum donec requiescat in te». L’inquietudine è la cifra dell’uomo sulla terra, come ben sapeva Dante, di cui abbiamo appena celebrato il settimo centenario della morte: «Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza» (Inferno, XXVI, vv. 119-120). Senza dimenticare lo scrittore Julien Green, il quale così scrisse nel suo Diario: «Finché siamo inquieti, possiamo stare tranquilli».

Una comunità sociale che vive e pratica questa ricerca continua, tramite la quale l’uomo diventa più uomo, è pronta a scoprire, oltre al valore del dialogo e della comprensione reciproca, altri valori, come la solidarietà, la gratuità ecc. Hanno ragione, dunque, coloro che, come Bobbio e assieme a lui Jacques Maritain e Arturo Carlo Iemolo, sono convinti che la laicità è capacità di distinzione delle sfere delle diverse competenze, capacità di distinguere ciò che è oggetto di dimostrazione razionale da ciò che è oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno ad essa.

Laicità significa anzitutto tolleranza, ma questo termine ha in sé un forte limite, perché può tradursi in una concessione forzata, senza adesione dell’anima; ecco perché gli uomini di buona volontà al termine tolleranza preferiscono rispetto, rispetto incondizionato dell’altro, che è un altro me stesso e degno della massima considerazione. Nella visione cristiana, poi, l’altro porta in sé una scintilla di infinito; pertanto, è portatore di diritti inviolabili che nessun sofisma potrà mai sminuire. Al di là della tolleranza e dello stesso rispetto, c’è l’amore del prossimo che è il più alto ideale universale, la cifra più elevata della dignità dell’uomo.

Su questa base, la scala minima dei valori condivisi potrebbe essere ampliata; quello che interessa è però il concetto che la laicità bene intesa è sinonimo di ricerca insaziabile, maestra di libertà, di realizzazione umana, di concorde volontà di creare una società nuova, fondata sul rispetto della diversità che, sotto lo scudo dei valori fondamentali, è una ricchezza per procedere nel cammino della conoscenza e della civiltà del dono di sé al prossimo. Ed è proprio la civiltà del dono che costituisce il più potente antidoto ad ogni forma di intolleranza, dall’intolleranza clericale all’intolleranza laicista, che vorrebbe eliminare la dimensione della fede dalla società. C’è qualcosa, qualcuno – ci chiediamo a questo punto – che testimonia al più alto grado i valori di tolleranza, rispetto e amore? Certamente sì. È il crocifisso. Non a caso i laicisti, cioè l’esatto opposto dei laici, lo combattono duramente non solo in Italia, ma anche in sede europea e oltre. Il laicismo, che è la negazione della laicità, vorrebbe eliminarlo nelle scuole e nei luoghi pubblici, perché il Cristo crocifisso è la più sublime icona dell’amore assoluto.