Gent.ma Dott.ssa Cosciotti, questa intervista sul nostro piccolo periodico online “tuttieuropaventitrenta.eu” non nasce dalla necessità di analizzare gli aspetti politici del caso della vacanza scolastica per il Ramadan, ma dalla sua reazione “a caldo” alle domande che le aveva posto, la mattina dopo della decisione della scuola, una giornalista della Rai. Uno dei nostri collaboratori ha ascoltato quella sua “reazione” ed è stato molto colpito dalla naturalezza, spontaneità e onestà morale e intellettuale che stava dimostrando, così, su due piedi, sulla strada e certamente senza una preparazione a quell’incontro. Allora, se permette, vorremmo chiederle non tanto di parlarci delle sue convinzioni politiche, ma piuttosto ci piacerebbe conoscere una donna che oggi è Sindaca di Pioltello, e cioè la responsabile di questa comunità, dove convivono quasi cento etnie.

 

  1. Qual è il suo percorso di vita, perché ha deciso di entrare in politica: è stato il risultato dei suoi studi, di un forte interesse per la politica, oppure una motivazione specifica, forse quella di sopperire a problemi e carenze della comunità intorno a lei?

 

Nella sua domanda ci sono già anche tante risposte, nel senso che io mi laureai nel 1990 in Scienze Politiche, quindi sotto sotto forse c’era già una vocazione a capire che cosa succedeva nel mondo, in particolare con un taglio politico. Poi in realtà, poiché Scienze Politiche era sempre stata una facoltà diciamo un po’ vessata, cioè la facoltà di chi non aveva tanta voglia, io ero una abbastanza brava, scelsi l’indirizzo statistico che poi mi ha portato a lavorare in banca e essere poi per tanti anni gestore di grosse aziende. Il mio modo di fare politica è sempre stato innanzitutto rivolto al sociale, cioè io sin da ragazza ho fatto la catechista nell’oratorio, vengo da una formazione cattolica importante, quindi sono sempre stata una che faceva volontariato nella caritas, diciamo una vita di volontariato, poi mi sono sposata, ho avuto tre figli, quindi inevitabilmente sono stata presa un po’ dalla vita familiare, diminuendo un po’ l’impegno, ma sempre mantenendo un impegno sociale, ad esempio, quando i miei figli sono andati alla scuola materna facevo parte del consiglio di circolo. In realtà come nasce l’impegno politico? Nasce perché tanti anni fa qui a Pioltello fu purtroppo arrestato un sindaco di sinistra e a quel punto il campo del centrosinistra si ruppe, perché di fronte a una cosa così pesante, così difficile da gestire, ogni sensibilità anche del centrosinistra andò un po’ per le sue. Avevo un amico caro sempre del mondo della parrocchia che si candidò a Sindaco; decisi di dargli una mano, solo proprio per tentare anche di dare forza a questo centrosinistra che si era perso e poiché avevo tante amicizie, tante persone che conoscevo, feci una lista io, una lista civica; in 15-20 giorni formai una lista che raccolse più di mille preferenze e fu un evento, perché una lista fatta in 15 giorni che porta a casa tutte queste preferenze fu un po’ un evento e da lì quindi iniziai a frequentare questa lista che io stesso avevo creato, che si agganciava all’attuale lista per Pioltello. Per me l’esperienza politica poteva essere già finita lì, nel senso che purtroppo la persona che ho appoggiato non aveva vinto, non aveva vinto neanche il candidato Simon Gaiotto, che è il mio attuale vicesindaco, vinse la Lega. Cosa successe? Che in dieci mesi gli eletti della Lega manifestarono un totale disaccordo fra loro, in quanto non avevano alcun programma politico-amministrativo, e in soli dieci mesi cadde l’Amministrazione. Arrivò il commissario e nel 2016 si tornò al voto. Il centrosinistra si presentò unito, avendo compreso quanto fosse importante l’unita della coalizione al fine di evitare il ripetersi dell’esperienza totalmente devastante provata da questa città. Il centrosinistra trovava una convergenza soltanto sul mio nome. Avendo all’epoca problemi familiari abbastanza pesanti, non ritenevo di impegnarmi in prima persona, ma mi resi conto che non ci sarebbe stata una via di uscita e a quel punto, anche per la mia propensione a pormi a servizio della città, inteso come servizio sociale, nell’ottica del mio spirito cattolico mi sono resa disponibile e vincemmo.

 

  1. I principi e i valori cui s’ispira derivano da convinzioni religiose, idee politiche o dal progetto di avere cittadini responsabili; in poche parole, quali principi le stanno più a cuore?

 

La risposta è duplice. Da sindaco le rispondo la terza, cioè io lavoro affinché tutti i cittadini, di qualsiasi colore politico e provenienza, siano cittadini responsabili, che creino una società giusta. Sottolineo la parola giusta perché per me la giustizia sociale, come può vedere da questo quadro del Presidente Pertini che ho qui nel mio ufficio, è il primo valore che deve avere un politico, ma in generale è proprio un valore che io reputo fondamentale nella società, quindi le dico la terza. Poi se lei intende quant’è la fatica di fare il sindaco in una città di 37 mila abitanti come la nostra, con il 25% di stranieri, certamente c’è anche una forza che viene dalla convinzione delle proprie idee, che comunque porto avanti in maniera anche molto determinata e anche comunque da un’ispirazione cattolica, che vede nel servizio agli altri anche una realizzazione della propria persona. Per me l’esperienza politica è una “parentesi”: sono prontissima, finito il mio mandato, a tornare da dove sono venuta e quindi come dire, non ho grandi ambizioni, anche se poi nella realtà ho capito che in questi anni, ormai ne sono passati più di sette, sono molto cresciuta politicamente, quindi certamente ho acquisito delle competenze che potrebbero essere messe a disposizione ancora, però per me questo non è importante in quanto penso di star facendo il mio “pezzo” molto importante per questa città, lo voglio fare tutto, spero di fare il meglio, però come dire poi ci saranno sicuramente anche tanti problemi, tanti limiti che in parte riusciamo a superare, in parte no.

  1. Da dove veniva la sua risposta, la sua posizione sulla vacanza concessa per il giorno del Ramadan? Si trattava di difendere l’autonomia della scuola, di concedere un giorno di vacanza per le prevedibili assenze della maggior parte degli studenti o, nel fondo delle sue convinzioni, c’era anche l’idea che le feste di tutte le culture sono le feste di tutti come è certamente per il Ramadan che non è una cerimonia religiosa o rituale, ma una festa di condivisione, come il giorno di Capodanno, alla quale si possono invitare amici di qualsiasi fede per stare insieme? 

 

La risposta è già nella domanda, che contiene già una serie di valori. Parto dal fondo: ho partecipato più volte alle cene di Iftar, che sono le cene di fine del digiuno, grazie in particolare a un’associazione di Pioltello, che è un’associazione turca, costituita da persone veramente di un elevato livello culturale, che ci tengono tutte le volte che c’è la fine del digiuno a invitare persone anche non di religione islamica che possano condividere con loro questo momento. Queste persone vivono normalmente nella nostra città con i nostri amici e compagni con ebrei, con cattolici. Devo ammettere che non tutti gli islamici hanno questa apertura mentale e, comunque, quando parliamo di Islam parliamo di tanti paesi arabi, molto diversi tra di loro, ma che pregano tutti alla stessa maniera. Io ho difeso in particolare la scelta della scuola quando ho capito che è diventato un tema politico. I primi tre giorni quando c’è stato, diciamo, questo stracciarsi le vesti per la festa del Ramadan, io non ho dato risposta ai giornalisti, non ho partecipato a niente, perché, secondo me, era una cosa scelta dalla scuola. Tra l’altro avevo chiesto al Preside come mai non fossi stata informata, perché avrei anche potuto coinvolgere la città, cioè, se doveva essere una riflessione che valeva per la città di Pioltello, sarebbe stato opportuno estenderla anche agli altri istituti. Invece non sono stata resa partecipe di questo percorso, l’ho saputo anche io dai giornali. Quando mi sono resa conto che il Ministero aveva mandato gli ispettori e che quindi questo era diventato un tema politico e non più solo un tema di autonomia scolastica, allora ho iniziato a rispondere ai giornalisti, perché non ho condiviso questa politicizzazione, perché ho ritenuto  che ci fosse veramente a questo punto un attacco non alla scelta dell’Istituto scolastico, ma uno strumentalizzare una scelta di buonsenso per fare campagna elettorale, e questo non l’ho accettato e mi ha indotto a difendere strenuamente la scelta del Preside della scuola, una persona eccezionale che tutti vorrebbero avere come Preside, che penso sia, purtroppo, tuttora sotto provvedimento disciplinare per aver semplicemente “letto” la città e la scuola in cui opera e quindi aver fatto una scelta di apertura A Pioltello organizziamo sempre, una volta l’anno, una cena di città. È una manifestazione molto faticosa da organizzare, ma per me è un grande segnale, mi piace l’idea di mangiare insieme, di condividere insieme. L’anno scorso, in settembre, proprio in questo campo davanti al Palazzo Municipale, erano presenti più di mille persone, rappresentanti di tutte le associazioni, anche di altre religioni. A me piace questo appuntamento della cena come momento di condivisione dei valori di tutti, per cui mi è dispiaciuto che la città di Pioltello, con tutto quello che fa per favorire l’integrazione e che può essere un modello in tanti casi, sia uscita sui giornali come luogo dove le scuole non sono buone e dove ci sono persone che, come dire, aiutano l’invasione, questa cosa proprio non la potevo accettare.

 

  1. Nella sua visione qual è la ragione di una così grande reazione politica a un giorno di vacanza? Si tratta di un’altra strumentalizzazione contro una diversa cultura o dell’ignoranza sul contenuto di una festa? 

Tutte e due, ma soprattutto c’è proprio il gioco elettorale, iniziato dall’eurodeputata, che adesso va al voto, Silvia Sardone. Diciamo che uno dei grossi ambiti politici di cui oggi si parla in Europa, invece di parlare dell’Europa, di quello che deve fare l’Europa, è quello dello stop all’invasione; è logico che se in Europa il problema dei deputati è fermare l’invasione, di cosa stiamo parlando? Invasione di che? Noi abbiamo l’Esselunga di Pioltello che dà lavoro a migliaia di persone; di queste coloro che lavorano nei frigoriferi dalle otto di sera alle sette la mattina sono soprattutto pachistane; quale italiano andrebbe a lavorare nei frigoriferi per otto/dieci ore tutte le notti? Logicamente queste persone lavorano regolarmente, pagano le tasse, hanno la loro casa, i loro figli vanno nelle nostre scuole; vi assicuro che sono spesso molto più bravi. Ogni anno il Comune di Pioltello assegna circa 40 mila euro di borse di studio, sia in base al reddito che al merito. Premio molti ragazzi che sono veramente bravi e che sono certa che riusciranno a realizzarsi, molti già hanno degli ottimi risultati. Molti studenti italiani, fra questi anche i miei figli, sono andati all’estero con il progetto Erasmus. Io dico sempre che l’Erasmus a Pioltello l’abbiamo tutti i giorni, non abbiamo bisogno di cercarlo altrove, perché quando tu hai dei compagni di scuola di dieci nazionalità diversi, non è un minus, è un plus. Questo lo devono capire i genitori, per i bambini è normale. Nelle scuole di Pioltello non ci sono bambini italiani e bambini stranieri, ci sono bambini, ecco questo vi chiedo di riportarlo, perché se riflettessimo su questo valore capiremo che il 90% delle cose che sono state dette sono totalmente inutili.

 

  1. Ha sicuramente letto che si vorrebbe mettere un limite numerico alla presenza di studenti di origine straniera nelle classi. A parte il fatto che molti hanno subito spiegato che è in concreto impraticabile, lei cosa ne pensa? 

Io dico che da una parte ha una sua ratio, perché è chiaro che se io ti devo integrare, come dire, l’integrazione viene fatta mischiandosi, non ghettizzando le persone, quindi il limite ha senso perché permette una migliore integrazione: a Pioltello era capitato qualche anno fa di avere una classe con il 70% di stranieri e lì era stato il problema al contrario: perché tutti stranieri nella stessa classe?Quindi il limite è un tema, ma occorre considerare che gli stranieri fanno molto più figli degli italiani; gli italiani ne fanno uno, gli stranieri ne fanno tre, quindi è chiaro che poi nelle scuole ci saranno più bambini di origine straniera, a parte che dovremmo considerare italiani tutti i bambini nati in Italia, perché il 90% dei bambini che frequentano le scuole di Pioltello sono nati in Italia, hanno frequentato l’asilo nido, la scuola materna e parlano l’italiano benissimo; poi ci sono quelli che sono arrivati dal Pakistan, dall’Egitto da pochi giorni e sfido chiunque a parlare perfettamente urdu o egiziano dopo tre giorni che si è arrivati in quei Paesi. Questi bambini hanno bisogno di un percorso diverso, più lungo, che però le assicuro arriva tranquillamente. E questa considerazione mi fa venire in mente quanto ha detto il ministro a proposito dell’esito delle prove Invalsi a Pioltello, più basso della media lombarda. A questo proposito l’ho invitato pubblicamente a venire a Pioltello e, se non viene, lo reinviterò e riaccetterò qualche intervista per riaprire l’argomento. Questa affermazione me la sono legata al dito, perché ci sono varie fasce, allora quando si fanno le prove Invalsi, come qualsiasi statistico sa, ma non occorre essere statistici, lo dice anche il buon senso, i confronti vanno fatti sulle varie fasce. All’interno della nostra fascia noi abbiamo 20% di punti in più delle altre scuole a parità di fascia; è chiaro che se io confronto l’Invalsi di una scuola di Pioltello, in cui ci sono bambini che sono arrivati dal Pakistan il giorno prima o dall’Egitto, con l’esito di una scuola del centro di Milano, dove sono figli tutti di ingegneri e manager, probabilmente la media di quella fascia è più bassa, ma non c’è bisogno che me lo dica il ministro, lo posso immaginare da sola, dopodiché all’interno di quella fascia ci sono delle eccellenze che possono confrontarsi con chiunque, per cui non deve passare il messaggio che in una scuola di Pioltello tuo figlio eccellente viene sminuito da gente non eccellente, assolutamente non è così. Ho raccontato che personalmente ho frequentato tutte le scuole pubbliche a Pioltello, io abitavo al Satellite, compreso il liceo Macchiavelli, mi sono laureata brillantemente, ho fatto un’ottima carriera, i miei figli parlano tre lingue a testa, sono in giro per il mondo a fare quello che devono fare, avendo frequentato anch’essi le scuole pubbliche della città di Pioltello: cosa vuol dire? Che non c’è nessun minus, ripeto, forse noi abbiamo dei plus che la gente non sa vedere.

  1. Come responsabile politica, ma anche come donna, vorrei chiederle, considerando che certamente vivremo in una società multiculturale, multietnica, e con molti altri “multi”, come potremo prepararci a questa società evitando il dramma delle periferie metropolitane?

Questa è una domanda molto difficile, perché ci sono temi urbanistici in ballo, nel senso che io so cos’è una periferia, nel senso la città di Pioltello è anche strana perché noi abbiamo due quartieri poveri e poi abbiamo dei quartieri molto ricchi, cioè la media come il pollo, poi la media magari è certamente più bassa di Cernusco, di Segrate che sono città a fianco, ma nelle zone ricche la media si alza di molto, per cui noi abbiamo già all’interno della nostra città delle periferie, noi siamo una periferia ma dentro la nostra città abbiamo delle periferie e queste periferie non sono facili da gestire perché è logico che sono tante povertà messe insieme, è quello che succede in Francia con le banlieue, dobbiamo stare attenti ma questo è un discorso di politica nazionale, cioè un sindaco può fare tanto, io ho lavorato tantissimo con il prefetto di Milano, il prefetto Saccone, proprio per la periferia del Satellite per far sì che potesse avere una nuova possibilità; siamo riusciti a far fare il 110 a tutti i condomini del satellite, che è una cosa penso unica in Italia; abbiamo sfrattato più di 500 case occupate, ma oggi il livello sociale di quel quartiere è difficile perché comunque la diversità è faticosa, comunque i costumi diversi sono faticosi, comunque la povertà è faticosa. Pensiamo anche a tutto il tema degli stranieri: se suo figlio fosse in classe con un arabo ricco ci sarebbe il problema che è straniero? Assolutamente no. Non ci interesserebbe neanche che religione ha, se è islamico andiamo a fare la cena di Iftar a casa sua perché è ricco. Il problema è che sono stranieri poveri, il tema è tutto lì, se fossero stranieri ricchi non ci si porrebbe il tema del razzismo perché è la ricchezza che viene misurata. Poiché i miei concittadini sono persone semplici, sono operari, fra questi ci sono anche ingegneri e architetti, che nel loro Paese erano ingegneri e qui magari fanno gli operai perché non sono riusciti a convertire il titolo, quindi non è che io dico che non siano intelligenti, però mediamente sono più poveri, se fossero stati gente ricchissima allora saremmo fieri di averli come compagni di banco di mio figlio. Un arabo ricco piace a tutti.

 

  1. Al termine del mandato amministrativo come pensa di continuare il suo impegno politico-sociale?

Non lo so, vedremo come saranno le condizioni tra tre anni, quando io terminerò il mio mandato amministrativo. Ritengo che le competenze acquisite potrò anche metterle a disposizione, se serviranno; comunque questo periodo è stato una parentesi importante della mia vita, nella quale ho tentato di fare del mio meglio e posso anche benissimo tornare a lavorare in banca, a parte che io poi sono vicino alla pensione, quindi magari poi me ne andrò anche in pensione. Mi dispiacerebbe per alcuni aspetti, per alcuni temi sulle periferie, sull’integrazione che io ho toccato con mano per tanti anni, per i quali penso di avere anche un’expertise particolare, perché ripeto siamo una città dove un paio di quartieri sono particolarmente difficili e dove quindi anch’io avrei tante cose da dire anche ad alti livelli per avviare dei ragionamenti, perché le periferie vanno gestite con una diversa politica nazionale, regionale, europea. A breve ci attendono le elezioni europee; che cosa diciamo noi sulle periferie in Europa? Dopo quell’accordo ridicolo dell’altro giorno sull’immigrazione mi sembra che il livello medio della politica sia molto basso ultimamente; mi auguro che ci possa essere un riscatto, dico la verità, perché i problemi sono grossi e quindi ci vogliono delle grosse capacità per affrontarli, non sono sufficienti i luoghi comuni o il fatto che uno sia una brava persona, bisogna avere una visione e bisogna conoscere i problemi nel profondo, ecco mi auguro che nella prossima classe politica che ci sarà e anche soprattutto per queste europee che sono alle porte possano essere elette persone con una visione speciale, perché i tempi richiedono una capacità particolare che negli ultimi anni non abbiamo visto.