Le statistiche sulla lettura nel tempo della pandemia ci consegnano un’Italia imbozzolata in antiche abitudini. Poco meno del 50% degli italiani legge almeno un libro all’anno, nettamente al disotto delle medie dei Paesi leader dell’Unione Europea (Francia, Germania).

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Però, in controtendenza, la vendita ed il fatturato dei libri si è innalzato nell’ultimo biennio. La conclusione statistica è ovvia e non sorprendente. Durante il lockdown e dintorni i lettori forti sono diventati sempre più agguerriti, comprando e leggendo di più di prima. I non lettori sono invece una popolazione stabile, annoiata, che si è buttata sulle serie televisive e sugli spritz, per nulla sedotta ed avvinta dalla possibilità di leggere un buon libro, magari un classico.

Dove porta il mercato editoriale questa concentrazione di lettori? A un’inevitabile crisi e dèfaillance del circuito librario. Perché se il numero dei lettori non cresce la tendenza avviluppa le librerie in una morsa di recessione senza uscita. Il lettore forte compra anche da Amazon e favorisce pochi e tradizionali centri di acquisto.

Ma Roma, tutta la cintura enorme delle periferie, non ha domanda e occorre un esercente davvero generoso e spericolato o incosciente per pensare di aprire oggi una libreria al Prenestino o al Tuscolano. Si sa la sorte del circuito Arion, creato dal nulla, dal dinamico Marcello Ciccaglioni. Una catena di 15 librerie e 150 dipendenti, dissanguata dalla crisi. Arion ha passato la mano a Feltrinelli ma ora anche Feltrinelli scricchiola e la chiusura dell’esercizio alla Galleria Sordi è un segnale più che preoccupante oltre che eloquente. Potete fare una prova tangibile del disinteresse attuale per il libro, tutt’altro che un oggetto di culto. Provate ad abbandonare un libro su una panchina? Tornate dopo due ore e avrete una buona probabilità di ritrovarlo, a differenza di un panino, o di un qualunque altro oggetto.

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Se c’è disinteresse per il libro questo scompare quando c’è la tentazione vandalica. È recente l’incendio doloso che ha tolto di mezzo la popolare Bancarella del Professore di Piazzale Flaminio a Roma, nota per essere il più confuso centro di raccolta di libri sorprendenti e a buon prezzo della capitale. La risposta pubblica a questo atto è stata altrettanto sorprendente. La presidente del Municipio Del Bello ha invitato i cittadini romani a donare 500 libri alla Bancarella per farle riprendere l’attività commerciale. Buonismo con i libri degli altri? Io, cultore dei libri, con tutto il rispetto e il cordoglio per quanto avvenuto, dovrei donare dei libri a una bancarella per il fine commerciale di farglieli vendere? In questa controversa solidarietà evidentemente qualcosa non torna. «Dimostreremo che la nostra città e i nostri quartieri sono più forti di chi vuole distruggere cultura e bellezza» – intona la Del Bello. Ma ci crede veramente in una circoscrizione dove i presidi culturali sono spesso i centri anziani dove si cena, si gioca a carte e si balla? La domanda più generale è: cosa hanno fatto le istituzioni per supportare la crisi della lettura, l’obsolescenza del prodotto cartaceo, la difficile sopravvivenza di librerie e biblioteche? Occorre un nuovo welfare che non passi solo per il volenteroso Centro della Lettura ma punti a obiettivi più sostanziosi, concreti oltre che immediati. Perché il futuro è già adesso.

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