Il tema del “benessere organizzativo” o “salute organizzativa” è ormai da tempo argomento che suscita particolare attenzione. Sostanzialmente, per benessere organizzativo si intende la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori, in qualsivoglia ruolo e livello essi siano inquadrati. Molti studi hanno dimostrato, che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti, grazie ad un “clima interno” sereno, trasparente e partecipativo. La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità, la fiducia, la trasparenza e una giusta valutazione sulla performance, sono tutti elementi volti a promuovere il benessere individuale ed organizzativo, elementi che migliorano la salute mentale e fisica dei lavoratori, aumentando il grado di soddisfazione e produttività.

L’organizzazione del lavoro di gruppo

Il concetto di benessere organizzativo si riferisce, sostanzialmente, al modo in cui le persone vivono la relazione con l’organizzazione in cui lavorano; tanto più una persona sente di appartenere all’organizzazione, tanto più trova motivazione e significato nel suo lavoro. Tuttavia, si appalesa utile e necessario porre in evidenza come sin da tempi lontani l’argomento fosse oggetto di attenzione da parte di organismi centrali e rilevanti. Infatti, l’OMS sin dal lontano 1948 definiva la salute come: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”. Detta definizione è stata, poi, integralmente recepita dal d.lgs. n° 81/2008, art. 2, lett. o). Nel 1999, vi fu la Dichiarazione Ministeriale di Londra, in cui veniva sostenuto, che le buone prassi nella gestione della salute, dell’ambiente e della sicurezza si propongono principalmente di: 1) Assicurare un ambiente di lavoro sano e sicuro; 2) Assicurare l’equilibrio ottimale tra interessi diversi dell’organizzazione, da un lato, e le capacità di lavoro e la salute di tutto il personale e delle relative famiglie, dall’altro; e 3) Fornire servizi sani e sicuri dal punto di vista ambientale. Anche durante la Conferenza europea di Bilbao del 2002, organizzata dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro in collaborazione con la Presidenza dell’Unione europea, veniva dato rilievo al crescente problema di salute e sicurezza costituito dallo stress lavoro-correlato. Da qui nacquero azioni di sensibilizzazione e disseminazione, mediante la realizzazione di workshop, dibattiti e la premiazione degli esempi di buone prassi nel settore della sicurezza e salute sul lavoro. Nel 2004, sempre a livello europeo veniva sancito l’accordo volto a prevenire lo stress da lavoro-correlato. Il predetto accordo veniva recepito, a livello nazionale, nella Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica, emanata il 24 marzo 2004, e nel D. Lgs. 81/2008. Entrambi i provvedimenti si sono rivelati di fondamentale importanza per l’attuazione del benessere organizzativo in ambito lavorativo.

Un ambiente di lavoro – Foto di TheStandingDesk su Unsplash

Con la direttiva della Funzione pubblica emanata in data 24 marzo 2004 si demandava alle Pubbliche amministrazioni di: «attivarsi, oltre che per raggiungere obiettivi di efficacia e di produttività, anche per realizzare e mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e delle prestazioni». Veniva affermato, infatti, che per lo sviluppo e l’efficienza delle amministrazioni, le condizioni emotive dell’ambiente in cui si lavora, la sussistenza di un clima organizzativo che stimoli la creatività e l’apprendimento, l’ergonomia – oltre che la sicurezza – degli ambienti di lavoro, costituiscano elementi di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo e della crescita professionale. Altrettanto rilevante si configura il Decreto legislativo del 9 aprile 2008 n. 81 – Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che all’articolo 28, assorbe e valorizza il generale obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile in quanto colloca, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli “riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli connessi alle differenze di genere”. Sempre l’articolo, 28 al comma 2, nel prevedere che la valutazione del rischio deve riguardare “tutti i rischi” che si profilano, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì “durante l’attività lavorativa”, come le molestie e le violenze, induce a condividere la linea interpretativa, degli interpelli da parte della Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, secondo cui la valutazione dei rischi deve comprendere anche la situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come “security”. Ed ancora: per migliorare le prestazioni e gli effetti delle politiche pubbliche, è importante offrire agli operatori la possibilità di lavorare in contesti organizzativi che favoriscono gli scambi, la trasparenza e la visibilità dei risultati del lavoro, in ambienti dove esiste un’adeguata attenzione agli spazi architettonici, ai rapporti tra le persone e allo sviluppo professionale.

Nel corso del tempo sono state emanate molte altre disposizioni normative, tra le quali: la Legge n. 183 del 4 novembre 2010, il cui articolo 21 espressamente sancisce: “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”. Successivamente, il decreto legislativo n. 33/2013 – recante disposizioni in materia di trasparenza nella PA –  ha istituito l’obbligo di pubblicazione dei risultati delle indagini sul benessere organizzativo. La Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, rafforza il principio dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. Il 24.06.2019, con Direttiva n. 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri, fornisce “Chiarimenti e linee guida in materia di collocamento obbligatorio delle categorie protette. Con Direttiva (UE) 2019/1158, del 20 giugno 2019, il Parlamento Europeo rafforza il principio di equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. Da tutto quanto sopra emerge a chiare lettere la necessità di sviluppare negli ambienti di lavoro un clima di serenità. Inoltre, risulta utile sviluppare competenze legate alla dimensione emozionale, che consenta ai dipendenti di espletare la propria attività lavorativa, nel migliore dei modi e volta a dar loro la più ampia gratificazione.

Foto di apertura: libera da Pixabay