a cura di

Rodolfo Ruocco

Il placebo dei tecnici

I tecnici. Largo ai tecnici. Dalla fine della Prima Repubblica i politici indietreggiano davanti agli esperti. La politica delegittimata da Tangentopoli ha lasciato il segno. Anche nella Seconda e nella Terza Repubblica sempre di più la politica lascia spazio ai supplenti, ai tecnici di vario tipo.

Il sistema politico italiano, indebolito e screditato, da quasi 40 anni si affida al “bisturi” dei tecnici per affrontare le operazioni più difficili e rischiose. La prima spallata arriva da Silvio Berlusconi. Il fondatore della Fininvest e di Mediaset si presenta come l’imprenditore vincente, «l’uomo del fare» in grado di rilanciare l’Italia in catalessi.

Gettonatissimi sono i magistrati. In tanti passano direttamente dalle aule dei tribunali in quelle del Parlamento. Antonio Di Pietro, una star di Mani Pulite, getta la toga e si tuffa in politica: promette la rigenerazione morale dell’Italia. Fonda l’Italia dei Valori e per due volte è ministro nei governi di centro-sinistra (Prodi 1 e Prodi 2). Ma non finisce bene, delude. Nel 2012 una inchiesta di Report sulle opacità nella gestione dei rimborsi elettorali pubblici al suo partito lo colpisce al cuore. Lascia la politica.

Le gravi crisi finanziarie aprono le porte agli economisti. Mario Monti, da professore universitario di economia nel 2011 diviene direttamente presidente del Consiglio, scalzando da Palazzo Chigi Berlusconi. È un tecnico osannato con lo sguardo rivolto all’Europa. Presiede un governo di larghe intese. Fonda Scelta Civica. Incassa l’8% dei voti nelle elezioni politiche del 2013. Impone una politica di rigore finanziario e di severi tagli alla spesa pubblica. È artefice di un «massacro sociale» e di una grave recessione economica.

È la volta del comico Beppe Grillo, un tecnico dello spettacolo. Populista, sovranista, dà vita al M5S. Invoca un solenne “vaffa…” da indirizzare all’Unione Europea, all’euro, alla Nato, ai tecnocrati, alle classi dirigenti, ai partiti tradizionali da cancellare. I grillini nelle elezioni politiche del 2018 ottengono un trionfale 32% dei voti, diventano il primo partito italiano. Ma poi deludono gli elettori. Piovono sul M5S una valanga di sconfitte elettorali alle amministrative, uno stillicidio di addii (da Davide Casaleggio ad Alessandro Di Battista) fino alla scissione decisa a giugno da Luigi Di Maio in contrasto con la rifondazione di Giuseppe Conte. In politica Grillo, mai eletto in Parlamento, prima ha uno strepitoso successo come da comico in televisione e in teatro. Poi arriva un micidiale flop.

Anche la Terza Repubblica, quella populista della Lega di Salvini e del M5S di Grillo nata con le elezioni del 2018, si arrende. Alza le braccia all’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex presidente della Bce, senza un partito, mai eletto in Parlamento. Lo stimato Draghi supplente, il «salvatore dell’euro», deve fare i conti pure con lo spaventoso dramma europeo della guerra tra la Russia e l’Ucraina. Il Coronavirus nel frattempo rialza la testa. SuperMario deve fare una vera magia per salvare l’Italia dal disastro.

Anche il tecnico Draghi, però, è sconfitto. Il 21 luglio si dimette per un ritorno di fiamma del populismo: i cinquestelle di Conte e i leghisti di Salvini non gli votano la fiducia al Senato (Berlusconi si accoda dopo qualche dubbio). È la crisi di governo, il bisturi dei tecnici anche questa volta si è spezzato.

Le elezioni politiche anticipate si terranno il 25 settembre. Sono possibili sorprese di tutti i tipi. Nel Pd c’è chi vuole candidare SuperMario a Palazzo Chigi. Tra i centristi c’è chi pensa di costruire un partito di Draghi. Ma per il presidente del Consiglio dimissionario potrebbe essere pronta anche la scrivania di segretario generale della Nato.

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