Il futuro della pace nel mondo sta nel dialogo, nella collaborazione, nella ricerca di interessi comuni. Oggi più che mai la ricerca del dialogo caratterizza le missioni  di pace,  a partire da Papa Francesco che,  nel suo recente viaggio a Lisbona,  si è rivolto ai giovani spiegando come in Europa si possa “costruire il domani con il nemico di ieri,  avviare percorsi di dialogo e di inclusione, sviluppando una diplomazia di pace che spenga i conflitti e allenti le tensioni”.

La comprensione umana richiede apertura verso l’altro, empatia e simpatia, riconoscimento dell’altro come simile a sé per la sua umanità e differente da sé per la sua unicità. L’educazione alla comprensione, afferma il sociologo Edgar Morin, si attua nel promuovere il dialogo, nel trasformare la violenza in conflitto, di parole e di idee, nell’esercitare al confronto democratico, divenendo così la base più sicura per educare alla pace, tanto vitale per il futuro dell’umanità.

Per Morin è necessario che “tutti coloro che hanno il compito di insegnare aiutino i loro studenti a imparare a vivere; formino cioè  dei giovani capaci di comprendere le complessità umane, storiche, sociali, planetarie, … più capaci di comprendersi gli uni con gli altri, più capaci di affrontare le incertezze, più capaci di affrontare l’avventura della vita”.

Tale visione presuppone una dimensione cooperativa nell’educazione,  di ricerca, di scambio, di confronto e di dialogo per una co-costruzione dei significati.  Jerome Bruner, grande studioso statunitense dei problemi dell’educazione, afferma la necessità di fondare un nuovo linguaggio dell’educazione che, sollecitando il confronto tra i soggetti, faccia loro assumere un ruolo attivo nel processo della creazione della cultura. L’apprendimento per Bruner è un’impresa collaborativa: l’adulto allaccia con il bambino un dialogo inteso a fornirgli appoggi e indicazioni che gli consentono di fare passi avanti che da solo non è capace di fare: dalla sintonia che si crea tra l’insegnante e il bambino dipende l’efficacia dell’insegnamento. Dunque, se per Bruner la cultura si costruisce nel confronto con l’altro, la relazione educativa è efficace solo se è dialogante ed emozionante. Da sempre l’emozione fa rima con l’educazione. Il messaggio che emoziona favorisce la presa di coscienza, determina il cambiamento educativo,  modifica il comportamento umano.

Ovviamente, se è vero che per imparare bene bisogna stare bene, è necessario per il docente creare un clima sociale positivo e utilizzare le tecniche di vita e l’ascolto per non mettere in soggezione il bambino, coinvolgendolo in attività  di reale cooperazione che abbiano un senso dello stare e del fare insieme. Il Movimento di Cooperazione Educativa trova in questo aspetto un tema fondamentale della sua ricerca. Lo dimostra il maestro Franco Lorenzoni che nel libro Il dialogo euristico, scritto con Laura Parigi, riporta molti dei discorsi e dei momenti vissuti in classe. La sua didattica è improntata al dialogo che quotidianamente instaura con i suoi alunni e che considera «l’architrave della relazione educativa». L’autore esorta a tenere vivo il dialogo in classe, poiché lo considera uno strumento efficace per creare conoscenza e rendere il bambino consapevole del suo pensiero. Per fare questo, l’insegnante deve creare le condizioni ideali per far scaturire il confronto verbale, ma deve soprattutto imparare ad ascoltare e a lasciar parlare gli altri. Questa reciprocità è alla base del processo di apprendimento e fa riferimento alla necessità per il docente di fare un passo indietro, per dare modo all’alunno di farsi avanti e quindi esprimersi. Tale modalità è essenziale per affrontare in modo del tutto nuovo i problemi che attraversano il pianeta e che rendono sempre più incerto il nostro futuro: degrado ambientale, disuguaglianze sociali, pandemie e nuovi  focolai di guerra,  mutamenti climatici,  riduzione crescente  delle risorse, con conseguenti trasmigrazioni di popoli.

Il dialogo, fondato sulla didattica dell’ascolto, è dunque sempre  formativo. Per questo può ben rappresentare il nuovo linguaggio dell’educazione che, nel coinvolgere l’allievo nel processo di costruzione delle conoscenze, ci indica la strada per  la trasformazione del modello tradizionale del fare scuola. Il dialogo risulta così il dispositivo-chiave   dell’educazione e come tale va coltivato, per renderlo sempre più autenticamente formativo.