Ogni italiano produce in media 497kg di rifiuti urbani all’anno, la metà dei quali viene sottoposta a riciclaggio e compostaggio.

Il risultato ottenuto nel nostro paese è molto incoraggiante, grazie ad un enorme impegno di tutti i protagonisti della filiera, dal semplice cittadino fino ai lavoratori degli impianti, è stato possibile raggiungere percentuali di copertura importanti.
Nonostante siamo riusciti a ridurre sensibilmente l’impatto sull’ambiente, resta ancora valido il principio secondo il quale l’intero percorso del riciclo si esaurisca nella gestione della raccolta differenziata. Un errore comune ma pur sempre un errore.

Perché fare la raccolta differenziata?

Nuova vita ai prodotti usati

Nuova vita ai prodotti usati[/caption]La raccolta differenziata, se fatta bene, serve a far rivivere la spazzatura che accumuliamo nelle nostre case, quasi ogni singolo materiale se riciclato correttamente può dare vita a qualcosa di nuovo.
Il principio ecologico che è alla base consiste proprio in questo: trasformare un rifiuto in un nuovo oggetto per ridurre sensibilmente il consumo di risorse naturali da parte dell’uomo.
Per consentire, ad esempio, al rifiuto cartaceo di rientrare sul mercato è necessario costruire degli impianti di valorizzazione dei rifiuti che gli permettano di tornare nel ciclo produttivo come materia prima.

È l’insieme di una serie di azioni a limitare l’abuso di risorse del pianeta

Gli impianti produttivi nelle fasi del riciclo

Una volta appurata l’importanza della raccolta differenziata come step di un percorso molto più articolato è arrivato il momento di capire cosa succede ai materiali una volta messi nelle buste e lasciati sotto casa.
Il primo importante lavoro è svolto dall’essere umano a cui è affidato il compito di differenziare i rifiuti e conferirli nei giorni prestabiliti dai diversi regolamenti comunali.
In un secondo momento i materiali accumulati vengono spediti negli impianti produttivi all’interno dei quali viene effettuata la suddivisione tra quelli utili e gli altri che non possono essere riciclati.
Tutto ciò che non può rientrare nel normale ciclo produttivo deve essere per forza smaltito all’interno di una discarica.

Come migliorare la gestione dei rifiuti?

L’intera macchina organizzativa si fonda su due pilastri principali di cui uno è rappresentato dal comportamento dei singoli utenti.
Ciò che manca, invece, è la volontà di livellare il territorio italiano in tutte le sue zone promuovendo una continua informazione al fine di valorizzare anche i comuni attualmente meno virtuosi.

Aumentare il grado di consapevolezza delle politiche ambientali è un passaggio fondamentale per migliorare il nostro rapporto con l’ambiente.

L’altro fronte sul quale è necessario intervenire è rappresentato dal settore ricerca e sviluppo, sarebbe fondamentale per l’Italia investire importanti risorse in diversi settori legati all’industria del riciclo.
La produzione dei rifiuti purtroppo aumenta costantemente e l’unica soluzione per evitare il collasso è pianificare una serie di interventi finalizzati ad incrementare un aggiornamento degli impianti ed uno scambio di buone pratiche con i consumatori.

 E noi? In che modo possiamo contribuire alla salvaguardia dell’ambiente?

L’offerta generale di green jobs in Italia è in continua crescita, anche grazie alle oltre 372 mila imprese della Penisola che hanno scelto di puntare sulla sostenibilità ambientale. A fronte però di questo mercato del lavoro “vivace”, l’Ocse ha lanciato un grido di allarme per l’Italia sul fronte scuola, invitando ad operare maggiormente nel settore della formazione ambientale. Proprio per incentivare i giovani ad avvicinarsi a questi temi si propone il progetto F.A.I.R. “Formazione e Avviamento al lavoro nell’Industria del Riciclo”.

Se il futuro del pianeta è consegnato nelle mani delle prossime generazioni, è preferibile che le predette si impegnino nella tutela dell’ambiente.
Aiutare i giovani a compartecipare ai processi di risanamento ambientale della terra rappresenta l’opportunità per gli stessi di divenire parti attrici del cambiamento.

Salvaguardiamo il pianeta

Secondo un sondaggio europeo di Friends of Glass infatti, elaborato a partire da 8.000 interviste effettuate in 11 diversi paesi, i giovani riciclano meno delle precedenti generazioni e sono meno informati. Questo dato riguarda in particolare la Spagna, dove le generazioni più anziane riciclano il 27 % in più rispetto alla fascia che va dai 18 ai 29 anni, la Croazia (dove gli anziani riciclano il 23% in più) e il Regno Unito (22% in più).

In Italia invece la situazione sembra più equilibrata, e il rapporto tra giovani e vecchie generazioni rispetto all’attività di raccolta differenziata è più o meno allo stesso livello (i giovani italiani riciclano il 98, 2 % degli imballaggi contro il 98,6% degli anziani). Per quanto riguarda invece l’informazione, solo il 44% dei giovani sa che il vetro si può riciclare innumerevoli volte, mentre gli anziani a conoscenza di questo dato sono il 63%.

I dati del sondaggio dimostrano quanto sia importante continuare a fare informazione sulla sostenibilità ambientale per radicare in tutti i cittadini, presenti e futuri, uno stile di vita rispettoso dell’ambiente e capace di diminuire il consumo di materie prime.

Bisogna precisare che nel corso del decennio 2006-2016 (Serie storica EUROSTAT), ultimo anno disponibile, la gestione dei rifiuti in tutta Europa si è orientata sempre più verso il riciclo: la produzione complessiva di rifiuti è rimasta pressoché stabile a 2,5 Mldt, mentre è cresciuto il recupero di materia che passa da 1.029 a 1.102 Mt (+7%). Nello stesso arco temporale in Italia i rifiuti totali prodotti sono passati da 155 a 164 Mt (+6%) e il riciclo è cresciuto da 76 a 108 Mt (+42%).

Attualmente il nostro Paese necessita di una strategia nazionale di gestione dei rifiuti che, al pari di quella energetica, fornisca una visione nel medio-lungo periodo (almeno ventennale) migliorando le attuali performance e che tenga conto anche degli scarti non riciclabili o generati dai processi di riciclo, come anche di quelli non valorizzabili dal punto di vista energetico.

Per raggiungere gli obiettivi fissati al 2035 il nostro Paese non ha alternative al dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno, pianificando la realizzazione nei prossimi 16 anni di: più di un ventina di impianti per le principali filiere del riciclo, 22 impianti di digestione anaerobica, 24 impianti di termovalorizzazione, 53 impianti di discarica per gestire i flussi dei rifiuti urbani e speciali (fonte FISE ASSOAMBIENTE).

Il presente progetto nasce dalla necessità di riattivare i giovani NEET, renderli partecipi nella salvaguardia del pianeta ed apprendere le adeguate conoscenze per lavorare nei settori del riciclo, così da accrescere la loro competitività sul mercato del lavoro, che può contare ad oggi su milioni di lavori. 

Ai predetti obiettivi si affianca anche la lotta contro l’aumento di forme di disagio giovanile e dal recupero delle fasce deboli dai 18 ai 30 anni di età, al fine di favorire una maggiore integrazione nel mercato del lavoro e sviluppare una maggiore cultura della tutela dell’ambiente attraverso l’incremento delle attività produttive legate al riciclo dei rifiuti nei seguenti settori: plastica, carta e cartone, vetro, metalli, legno, gomma e pneumatici fuori uso, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, pile e accumulatori portatili, oli, frazione organica e fanghi, rifiuti inerti da costruzione e demolizione, veicoli fuori uso.

Le misure più recenti adottate dai Paesi membri per rispondere all’emergenza occupazione giovanile e che possono essere raggruppate in tre grandi categorie: misure nel settore dell’istruzione per prevenire il prematuro abbandono scolastico e/o per favorire il reinserimento scolastico o in corsi di formazione di coloro che non hanno terminato la scuola; iniziative per agevolare la transizione scuola-lavoro tra cui l’apprendistato, misura estremamente efficace e che, durante la crisi, ha consentito a paesi come Germania e Austria di mantenere basso il tasso di disoccupazione giovanile; infine, molti paesi hanno introdotto incentivi per incoraggiare le imprese ad assumere e a formare i giovani e a creare nuovi posti di lavoro. 

Purtroppo ancora non è possibile valutare l’efficacia di queste misure ma, in futuro, sarà indispensabile farlo soprattutto per analizzarne gli effetti in periodi di austerità in cui si rende necessario un utilizzo più efficiente delle risorse e in quanto, come è dimostrato, la disoccupazione giovanile sale quando la crescita economica rallenta. 

Raccomandazione   pienamente   condivisa   dall’ILO   che   ha   ben   presente   l’insidiosa problematica dei NEET tanto che nel documento “ Giving youth a better start” presentato al G20 di Parigi insieme all’OCSE, ha precisato  che benché il tasso di disoccupazione rappresenti un misura affidabile delle difficoltà che si trovano ad affrontare i giovani nel mercato del lavoro, non è rappresentativo della situazione degli inattivi, alcuni dei quali affrontano gravi rischi di esclusione sociale ed economica. Al contrario, un indicatore importante che fotografa sia il rischio della disoccupazione sia il rischio dell’inattività è proprio quello relativo ai NEET. Per molti giovani, avverte l’ILO, l’inattività non è una scelta ma il risultato di scoraggiamento e marginalizzazione, che può essere determinato da un insieme di fattori come la mancanza di qualifiche, problemi di salute e povertà o altre forme di esclusione sociale.  Anche nella Risoluzione sull’occupazione giovanile adottata dall’ILO e dai suoi costituenti nel corso della 93ma sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, il problema dei NEET viene messo in luce come una delle sfide più preoccupanti di cui tenere conto e alla quale è necessario prestare la massima attenzione (fonte Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro – A.N.C.L.).

Per tali ragioni intercettare giovani dai 18 ai 30 anni che non studiano e non lavorano per offrirgli un’alternativa rappresenta uno degli scopi nobili del progetto.

Il Progetto F.A.I.R. “Formazione e Avviamento al lavoro nell’Industria del Riciclo” consiste nella selezione di soggetti appartenenti alle categorie vulnerabili dai 18 ai 30 anni, che possano affrontare un periodo di formazione, training in grado di stimolare motivazione e partecipazione (grazie alla capacità attrattiva e motivante) e rafforzare competenze specifiche finalizzate ad un assunzione presso selezionate aziende partecipanti specializzate nel riciclo.

Ciascun destinatario sarebbe formato e lavorerebbe in un’azienda come operaio specializzato nella raccolta, trasformazione dei rifiuti da riciclo e reimmessa sul mercato in nuovi prodotti finali efficienti ed economicamente vantaggiosi consentendo, allo stesso tempo, un notevole risparmio di emissioni di CO2 nell’atmosfera a completo beneficio dell’ambiente. In base alle competenze e ai risultati che il partecipante ottenuti durante il percorso, spetterebbe all’azienda decidere in quale ambito della catena di produzione potrebbe essere collocato il destinatario.

La partecipazione al progetto da parte dei destinatari inoltre, consentirebbe inoltre di fornire agli stessi competenze trasversali, conoscenze di strumenti e opportunità per l’inserimento lavorativo attraverso un percorso formativo ed un tutoring.

Bisogna precisare che il progetto potrebbe essere attuato in ogni regione italiana, al fine di offrire alle zone individuate ulteriori risorse umane e iniziative per implementare significative attività per e con i destinatari, valorizzando e rafforzando nel contempo collaborazioni strategiche e azioni di sistema con gli enti pubblici e privati locali.

L’attuazione del Progetto F.A.I.R., favorirebbe una continuità e replicabilità delle azioni, mirate a rendere partecipi i giovani dai 18 ai 30 anni, in modo che i destinatari possano provare a spendere la motivazione ritrovata, l’esperienza maturata e le conoscenze e competenze, acquisite e/o rafforzate nelle attività progettuali.

 

VALORE AGGIUNTO

Oltre alla possibilità di valorizzare il know how attraverso esperienze positive, il valore aggiunto risiede soprattutto nella componente metodologica e di approccio nella formazione e lavoro, al fine di rendere consapevoli i destinatari dell’importanza di tutelare l’ambiente ed entrare nel mercato del lavoro.

Il Progetto F.A.I.R. rappresenta quindi la nobile occasione per la società civile di contribuire a contrastare la povertà estrema, le disuguaglianze e le ingiustizie, nonché ad incrementare un ciclo economico-ambientale tale da affrontare la crisi ecologica globale nell’ottica dei 17 Obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile.  

Antonio Di Muro, appartenente alla rete TUTTI, ha contribuito con questo suo  articolo all’evento Rendersi doppiamente utili. Occupazione giovanile e obiettivi di sviluppo sostenibile” nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e organizzato in collaborazione conl’associazione “Tutti 2020”, il Consiglio Nazionale dei Giovani  e l’Università degli Studi di Padova.

TUTTI 2030 che in quell’occasione era TUTTI 2020, ha contribuito con vari interventi che potete trovare raggruppati al seguente link