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Sono trascorsi sette anni dall’inizio della guerra in Ucraina e dalla perdita di controllo dei territori della Crimea, di Lugansk e di Donetsk da parte delle forze governative ucraine ed in favore dei ribelli separatisti filorussi. Eppure tale conflitto risulta essere abbastanza misterioso agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Se un artista dovesse rappresentare in un dipinto l’attuale crisi ucraina, dovrebbe raffigurare un paesaggio a tinte fosche, grigie e avvolto da una coltre di nebbia causata dalla diffusione di poche informazioni.

Tuttavia in questi anni sono giunte dal fronte notizie di scontri in Ucraina orientale tra esercito ucraino e ribelli separatisti filo-russi a volte intensi ed in altri casi sporadici, provocando vittime militari e civili da entrambi i raggruppamenti.

Si tratta di un conflitto combattuto in ambienti urbani, dove ciascuna forza, in un contesto di guerra non convenzionale, tra i ruderi di abitazioni e vecchi capannoni distrutti, tende a sopraffare l’altra attraverso trappole, cammuffamenti di divise, corpo a corpo, trincee, spostamenti di civili in città o villaggi più sicuri, azioni di persuasione psicologica, impiego di uomini paramilitari, conquista faticosa dei territori.

Tale strategia militare è stata teorizzata dal Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Russe Valery Gerasimov e si caratterizza nel dominio delle informazioni, nell’uso spregiudicato della tecnologia, dell’inganno e dell’impiego massiccio di forze paramilitari e reparti speciali verso l’avversario, che in base allo scenario bellico dell’Ucraina rappresenterebbe una “guerra irregolare”, ossia “una lotta violenta tra attori statuali e non statuali per la legittimità e l’influenza sulla popolazione interessata” (US Department of Defense DOD Dictionary of Military and Associated Terms 2020).

Da recenti informazioni la Russia ha dispiegato negli ultimi giorni al confine ucraino carri armati, veicoli da combattimento di fanteria, veicoli corazzati, artiglieria semovente, sistemi di lancio di razzi, camion logistici e rimorchi anfibi, riversandosi nella Crimea occupata, Krasnodar Krai e Rostov Oblast.

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Bisogna precisare che tali movimentazioni di mezzi e uomini da parte della Russia, non sono gli unici, ma rappresentano parte di una serie di azioni di disturbo e deterrenza verso l’Ucraina.

Infatti la strategia di Mosca è ultimamente caratterizzata dalla minaccia di aggravare il conflitto se le forze governative ucraine attaccheranno i territori del Donbass.

Nonostante le minacce di Mosca verso Kiev, l’Occidente non resta passivo nell’intervenire in aiuto del Governo ucraino.

L’Unione Europea attiva contatti, trattative tra le parti e monitora gli eventi, ma gli USA dell’attuale amministrazione Biden, stanno reagendo in maniera energica per poter difendere l’Ucraina, sia da un punto di vista diplomatico che in una prospettiva di deterrenza verso Mosca. Da ultime notizie la Russia sta spostando 15 navi militari dal Mar Caspio nel Mar Nero, una replica all’invio di due cacciatorpediniere Usa nel Mar Nero comunicato da Washington alla Turchia.

È possibile sottolineare che dietro la politica russa di tutela nazionalistica dei separatisti filorussi in terra ucraina, sussistono delle esigenze di riposizionamento di Mosca nello scacchiere geopolitico.

La Russia non è intenzionata a perdere come Stato cuscinetto l’Ucraina, nel caso in cui quest’ultima entrasse nella NATO, con il rischio che parte dei territori russi confinanti ad Occidente con Kiev renderebbero strategicamente vulnerabile Mosca in caso di futuri attacchi da parte delle forze del Patto Atlantico.

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Occorre inoltre ritenere che l’esigenza della Russia di possedere più sbocchi sul Mar Nero, consentirebbero alla stessa di garantire un monopolio della propria influenza geoeconomica, commerciale ed energetica in tale area alla luce della creazione dei gasdotti Turkish Stream e Blue Stream che uniscono Mosca e Ankara, rendendo la Turchia un hub fondamentale nella distribuzione del gas verso il Medio Oriente e l’Europa, nonché la scoperta di nuovi giacimenti di gas da parte della Turchia e l’avanzata di nuovi investitori quali la Cina nei Paesi costieri della Romania e Bulgaria.

Inoltre è possibile rilevare come la penisola della Crimea, in caso di definitiva annessione alla Russia, in futuro potrebbe rappresentare per Mosca una valida base per la gestione di porti militari e commerciali utili per rafforzare la propria sicurezza e l’incremento dei propri sistemi di logistica.

Infine bisogna sostenere che in tale contesto bellico sia la Russia che i membri della NATO non intendono aggravare il conflitto e nemmeno giungere ad una guerra termonucleare, in quanto gli stessi, già coinvolti nella crisi pandemica ed economica, cercheranno di mettersi a dura prova rispettivamente per poter giungere a prossimi negoziati tali da equilibrare le pretese; ma prima che si giunga a trattative certe tra le potenze mondiali, in Ucraina e nei territori conquistati dai separatisti russi la popolazione civile risulta essere stremata dalle crisi interne del Paese.

L’incubo del Covid 19 e l’emergenza economica nazionale, la disoccupazione di massa nei territori ucraini, i fischi dei proiettili dei cecchini e la popolazione affamata del Donbass, le trappole esplosive nelle strade delle zone sulla linea del fronte, l’incertezza per il futuro per tutta la nazione rappresentano solo alcuni degli elementi per consentire alla comunità internazionale di attivare in Ucraina interventi umanitari nelle zone coinvolte dalla guerra e maggiori sostegni economici per tutto lo Stato ed evitare così una disgregazione del Paese paragonabile alla crisi dell’ex Jugoslavia in danno dei cittadini inermi.

(Articolo redatto il 14 aprile 2021)