La politica non è solo ideologia, ma è anche analisi e risoluzione di casi e questioni che potrebbero coinvolgere i destini di un singolo Paese o di una collettività ed è ciò che stanno compiendo in quest’ultimo periodo gli USA per la questione Cuba.

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A poche miglia da Miami è scoppiato il caos tra le periferie ed il centro di Cuba. Manifestazioni improvvisate o programmate da cittadini cubani e possibili gruppi stranieri per sovvertire una delle ultime dittature dei nostri giorni.

Un mix di frustrazione, pandemia da Covid-19, carenza di risorse energetiche, aumento della povertà, 200 sanzioni economiche imposte dall’ex amministrazione americana Trump su Cuba, oppositori politici verso il governo del presidente Miguel Diaz-Canel hanno determinato lo scatenarsi di una crisi che potrebbe non fermarsi soltanto all’isola di Cuba.

Gli USA sanno di dover intervenire in maniera più incisiva in futuro a L’Avana promuovendo iniziative di diffusione delle libertà democratiche, al fine di evitare che Cuba venga maggiormente sottoposta all’influenza della Russia o anche della Cina, la cui presenza di quest’ultima in America Latina non passa inosservata alla comunità internazionale.

L’incubo della crisi dei missili di Cuba non deve ripetersi e tale brutta vicenda che lasciò con il fiato sospeso il mondo intero durante l’amministrazione americana di J. F. Kennedy rappresenta ancora oggi una paura non sopita per gli USA che rischiarono lo scoppio di una guerra termonucleare.

I tempi attuali sono più complessi, in quanto l’economia corsara di potenze come la Cina rende vulnerabile la politica di Washington in Sud e Centro America, come nel resto del mondo.

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La questione di L’Avana è rappresentata dall’ennesima sfida tra USA, Russia e Cina, le cui potenze si affrontano a Cuba, non certo un campo neutro, dove il governo è sostenuto da Mosca ma i manifestati vengono aiutati dagli americani.

L’isola di Cuba, la Libia e il Nord Africa, l’Unione europea, l’Ucraina e l’Afghanistan sono soltanto alcuni dei Paesi e delle aree di gioco della partita a scacchi tra Washington, Mosca e Pechino.

Occorre però sottolineare come nel caso di Cuba l’affermarsi di eventuali cambiamenti politici verso meccanismi maggiormente democratici potrebbe provocare un effetto a catena tale da determinare nuove manifestazioni anche in alcuni Paesi del Centro e Sud America con fenomeni che si potrebbero paragonare alle c.d. Primavere arabe, dove soltanto alcuni Stati come la Tunisia sono riusciti a conquistare un nuovo status costituzionale e democratico rispetto ad altrettante nazioni come la Libia, il cui equilibrio precario della sicurezza rende difficile ogni occasione valida di transizione verso un sistema politico adeguato alle esigenze dei cittadini.

A L’Avana le potenze stanno studiando le loro reciproche mosse ed il governo chiede sostegni dall’esterno dell’isola, ma alleati come il Venezuela stanno vivendo una drammatica crisi economica ed istituzionale.

Le sorti quindi dell’America Latina passano per le scelte di Washington, cui il presidente Joe Biden sa che la sicurezza nazionale americana dipende anche dal benessere dei propri vicini.

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Pertanto occorrerà una nuova diplomazia del sostegno morale e materiale verso le popolazioni dell’America Latina, prima che Pechino o Mosca accerchino Washington.

Intanto il destino dei cittadini cubani, dall’affermarsi di tali lotte inedite, è incerto ed il rischio di non poter tornare alla normalità è alto e difficile da calcolare.

Probabilmente le concessioni offerte dal governo cubano alla popolazione, come ad esempio l’ingresso temporaneo senza limiti nel Paese di generi alimentari, prodotti da bagno e medicinali senza pagare alcuna tariffa, potrebbero non bastare a frenare l’ondata democratica di cambiamento che cercano i cittadini di L’Avana.

L’attuale caos che regna sull’isola e con esso le speranze per una maggior tutela dei diritti degli individui potrebbero vanificarsi e sciogliersi come neve al sole.