Parliamo della condizione delle donne in Spagna con l’avvocato Jesús Oroza Alonso, membro di Will League, che ha lo studio a Ferrol in Galizia. Dal 2006 l’avvocato Oroza Alonso è membro dell’Organismo speciale per la difesa delle vittime di violenza domestica dell’Ordine degli Avvocati di Ferrol.

Difatti, mi spiega, il governo spagnolo ha coinvolto in prima persona gli avvocati nella lotta contro gli abusi nei confronti delle donne. Vedremo in che modo.

Qual’è la situazione delle donne in Spagna?

Da tempo la legislazione del mio paese ha introdotto norme che garantiscono una effettiva tutela della donna: già nel 2014 l’Agenzia dei diritti

L’avvocato Jesus Orosa

fondamentali dell’UE ha riscontrato che la Spagna era tra i paesi europei con la più bassa percentuale di donne che avevano subito violenza sessuale o fisica (13%) dal loro partner, attuale o ex.

 

A cosa attribuisci tale risultato?

Fondamentale è stata la Legge n. 1 del 2004, la c.d. Legge Organica sulle misure di protezione integrale contro la violenza di genere. Tale legge ha dato una definizione molto ampia e precisa della violenza di genere, che nel nostro ordinamento consiste nella «violenza diretta contro le donne per il fatto stesso di essere donne, per essere considerate, dai loro aggressori, prive dei diritti minimi di libertà, rispetto e capacità decisionale».

A parte le definizioni, pure importanti, cos’altro prevede la legge?

La legge disciplina aspetti preventivi, educativi, sociali, assistenziali, sanitari e penali con il coinvolgimento di sette ministeri. La Legge organica fu approvata all’unanimità sulla spinta del forte dibattito nel paese iniziato nel 1997, a seguito di un programma della televisione pubblica dell’Andalusia: il pubblico rimase sotto shock nel vedere la signora Ana Orantes mostrare i segni delle violenze subìte dal suo ex marito, che poi ha denunciato.

A quel punto nessuno poteva più ignorare il problema del sistematico maltrattamento delle donne: la violenza domestica non fu più considerata una questione che riguardava solo le vittime, ma un fatto gravissimo che tocca ciascuno di noi.

E poi è stato molto importante, per la sensibilizzazione sociale, il documentario “Nevenka: rompere il silenzio”, sulla prima condanna in Spagna di un politico per molestie sessuali, avvenuta 20 anni fa.

Parliamo della Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne del 2011: che risultati ha portato in Spagna?

Quando è stata approvata la Convenzione, in Spagna abbiamo dovuto fare solo qualche correttivo alle norme che erano in vigore: nel 2015 è stato introdotto il reato di matrimonio forzato, che prima non era previsto. Le altre forme di violenza contro le donne, che la Convenzione indica come reato, erano già previste e punite nel codice penale spagnolo.

Le leggi vigenti rispecchiano la sensibilità sul tema degli spagnoli?

Il consolidamento dello spirito di Istanbul sta permeando tutti i livelli della società e ispirando importanti decisioni giudiziarie: lo scorso marzo, la nostra Corte Suprema ha emesso per la prima volta una sentenza che ha stabilito che il mancato pagamento del mantenimento dei figli è una forma di violenza economica contro la donna, applicando appunto la Convenzione.

Come mai l’Ordine degli Avvocati di Ferrol ha istituito un Organismo per la tutela delle vittime di violenza domestica?

In Spagna è prevista una specifica formazione dei diversi gruppi di professionisti che intervengono in situazioni di violenza di genere: operatori sanitari, forze dell’ordine e anche gli avvocati.

La formazione è molto importante anche perché gli avvocati, come altre categorie di professionisti in Spagna, hanno l’obbligo di denunciare i reati di violenza contro le donne di cui vengano a conoscenza durante l’esercizio della loro attività. Si tratta di una responsabilità molto delicata per i professionisti tenuti al segreto professionale, ma la legge lo prevede per assicurare una tutela veloce ed efficace e anche per convincere, tramite noi avvocati, le donne che hanno paura di denunciare, a farlo. Accompagniamo la donna dal primo momento in cui decide di denunciare per porre fine alla situazione che sta soffrendo.

Spesso, però, dopo la denuncia le donne rimangono prive di una tutela adeguata…

In Spagna esiste e funziona molto bene una numerazione telefonica dedicata, lo 016. Le donne possono chiedere consulenza legale sulla violenza di genere, h 24 per 365 giorni all’anno. Non rimangono sole. Inoltre, dopo un attento studio, si è constatato che spesso le violenze accadevano subito dopo il matrimonio, anche durante il viaggio di nozze. In Spagna, la legge prevede che il matrimonio debba durare almeno tre mesi prima di poter chiedere il divorzio. Ma per le donne vittime di violenza, questo limite non c’è: vi sono donne che divorziano pochi giorni dopo il matrimonio e riescono a salvarsi velocemente dal marito violento.

Di regola, non appena la donna denuncia il marito violento, non è più costretta a vederlo: le viene fornito un alloggio, il cosiddetto salario di libertà e misure nei tribunali (quali stanze separate, schermi per impedire la comunicazione visiva) e anche misure precauzionali, come ordini restrittivi e divieto di comunicazione, così come la protezione della polizia nei casi di pericolo più grave.

Che direzione sta prendendo la Spagna oggi?

Nel novembre del 2020 è stato pubblicato il primo Rapporto Generale sulle attività del Grevio, che è il gruppo di lavoro che verifica l’applicazione della Convenzione di Istanbul nei diversi paesi, da cui emerge che l’attuale conformità della Spagna rispetto alla Convenzione di Istanbul è molto alta: vi sono stati enormi progressi e riforme legislative come il Patto di Stato contro la violenza di genere nel 2017.

Non vi sono carenze da superare…?

Certamente! Il rapporto evidenzia le sfide che devono guidare l’azione politica del governo nei prossimi anni per garantire il pieno rispetto della Convenzione, con un approccio globale a tutte le forme di violenza contro le donne incluse nella Convenzione. È necessario che vi sia un coordinamento tra tutte le agenzie che si occupano del problema e garantire livelli comparabili di protezione, assistenza completa a tutte le forme di violenza nonché sostegno in tutto il paese per le vittime di tutte le forme di violenza di genere.

Inoltre, deve essere migliorata e garantita la tutela dei minori che vivono in ambienti in cui le madri subiscono violenza di genere. Secondo me, la vera sfida è sociale ed educativa: nel 2021 abbiamo 16 donne morte per mano dei loro partner o ex-partner, più di 1000 dal 2003; e c’è un aumento allarmante delle aggressioni sessuali tra i giovani, alcune anche di gruppo. È vergognoso che nel nostro paese ci siano donne che vivono nella paura di essere aggredite solo perché sono donne.