Termine di origine greco-romana, nei tempi più recenti la filantropia, o amore compassionevole per l’uomo, costituisce la versione illuminista della carità cristiana, che dalla Francia rivoluzionaria si estende al mondo anglosassone della rivoluzione industriale, piantando solide radici nell’establishment economico di Europa e Stati Uniti. Oggi, assieme a una filantropia istituzionale diffusa accessibile a tutti, cittadini, operatori del settore, enti non profit, donatori istituzionali, esiste un capitalismo che utilizza la filantropia come ulteriore strategia di espansione del mercato (non a caso chiamato «filantrocapitalismo»).

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Bill Gates, il principale protagonista dell’era digitale e il «visionario» della pandemia in atto, nel 2000 crea la Bill & Melinda Gates Foundation, che si occupa, per filantropia, di ambiente, energia e sanità, al fine di promuovere uno sviluppo equo e sostenibile e la salute globale. Sviluppa relazioni e finanzia enti internazionali, enti privati (aziende e strutture scientifiche) per l’accreditamento e la ricerca. Nel 2010, insieme all’investitore multimiliardario Warren Buffett, dà inizio a The Giving Pledge, campagna che ha per fine dei partecipanti – insieme a Gates e Buffett altri facoltosi donanti come Ted Turner e Michael Bloomberg – di impegnare almeno metà del proprio patrimonio alla causa filantropica.

Luci, ma anche ombre: mente giovane e brillante, curiosamente agli inizi della carriera creò un virus che inoculò in Cybernet, la rete nazionale di allora, e, scoperto, fu costretto a tenersi lontano dalla sua passione informatica per un certo periodo; l’espansione commerciale della sua attività di produzione di software è stata oggetto di iniziative giudiziarie contro la sua propensione monopolista; il suo impegno umanitario nel Terzo Mondo non è quello di favorire istruzione e sviluppo economico, ma quello di limitare le nascite e di dispensare farmaci che spesso hanno creato più problemi sanitari di quelli che affermavano di risolvere; sponsorizza la produzione di carne sintetica ma è il più grande proprietario terriero degli Stati Uniti; è tra i principali azionisti di Big Pharma.

Se Gates è la punta dell’iceberg, la filantropia ha per protagonisti i più grandi gruppi economici multinazionali e investitori come Rockefeller, Rotschild, Warburg, Turner, Zuckerberg, Bezos, Musk, Soros, la stessa élite di miliardari che ha guadagnato enormi profitti dalla pandemia. Il finanziere David Rockefeller, erede del fondatore di Standard Oil, ideatore del Gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale, sostenitore della necessità di un governo unico mondiale, fu uno sponsor della guerra del Vietnam. I Rotschild, fondatori di uno sterminato impero economico di banche e miniere, finanziarono l’ascesa di Cecil Rhodes, il costruttore dell’imperialismo coloniale britannico, colui che affermò: «il colonialismo è filantropia più il 5 percento». Max Warburg, della nota famiglia di banchieri e umanisti, tra i fondatori della Federal Reserve, fu finanziatore dell’Unione Paneuropea, associazione promotrice dell’unità europea nel quadro di un’organizzazione mondiale unificata. Jeff Bezos è proprietario di Amazon e del Washington Post, pioniere del volo privato spaziale come Elon Musk, creatore di Tesla e SolarCity. Mark Zuckerberg è creatore di Facebook e proprietario di What’sApp, equilibrista attento alle mutazioni della politica americana, cosciente del potere di raccogliere dati e influenzare attraverso i propri social.

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Questi uomini e queste organizzazioni non solo si contendono anno per anno, come in una giostra, il primato della ricchezza ma, nella loro veste filantropica (e fiscalmente agevolata), avendo intuito con largo anticipo l’influenza delle multinazionali e della globalizzazione, sconfitto il movimento antiglobalista, cavalcano oggi i grandi temi dello sviluppo sostenibile, della sanità e dei diritti umani, in stretta relazione con organismi internazionali e governi, affermando di fatto uno svuotamento, operato da soggetti privati, delle più alte istanze internazionali pubbliche, con la politica sempre meno protagonista. Possiamo credere, con tanto potere concentrato in così poche mani, che riuscirebbero a fare meglio di chi stanno cercando di sostituire?

Tutto questo non dovrebbe allarmare le nostre democrazie? Lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton annotava nel suo saggio Eretici del 1905: «La democrazia non è filantropia; non è nemmeno altruismo o riforma sociale. La democrazia non è fondata sulla pietà per l’uomo comune; la democrazia è fondata sul rispetto per l’uomo comune o, se preferite, persino sul timore di lui. Non difende l’uomo perché è così miserando, ma perché è così sublime. Ciò che contesta all’uomo comune non è tanto il suo essere schiavo ma il suo non essere re, poiché il suo sogno è sempre il sogno della prima repubblica romana, una nazione di re».

Immagine di apertura: Prometheus Fountain, Rockefeller Center, New York, foto di Marekr, Pixabay