L’articolo “Il futuro degli spazi di lavoro nell’era post pandemica” presenta la ricerca a cui mi sono dedicata nel 2020, che nasce dall’interesse a indagare su come il design degli spazi di lavoro può rispondere ai cambiamenti sociali determinati dalla diffusione del Covid-19. 

La progettazione di questo tipo di spazi è uno dei temi su cui lavora da anni il mio studio di architettura e design Estudio Guto Requena (São Paulo, Brasile): l’intento della ricerca dunque è mantenersi una voce attiva e attenta ai cambiamenti sociali all’interno della nostra area di attuazione, soprattutto in un momento storico che mette in discussione l’esistenza in sé delle grandi sedi aziendali. La ricerca è presentata in due parti, nell’aggiornamento del sito di agosto e in quello successivo di settembre, che trattano di temi specifici, ma che insieme invitano a riflettere sulla necessità cui siamo chiamati oggi di disegnare spazi di lavoro che mettano al centro delle scelte progettuali l’attenzione alla qualità di vita e la salute e delle persone.

Qual è il ruolo degli uffici aziendali al giorno d’oggi?

 

La pandemia del Coronavirus ha messo in luce bisogni e profondi cambiamenti nella vita di tutti noi: nelle relazioni, nel lavoro, nelle abitudini al consumo, nell’aumento delle disuguaglianze. Certamente il tema dei luoghi di lavoro è emerso in una fase storica in cui, per la prima volta nell’era post-moderna, le persone hanno visto limitare le proprie libertà.

La maggior parte delle persone è stata costretta a lavorare da casa e dall’inizio della quarantena la riflessione sul futuro degli spazi di lavoro si è resa inevitabile.

Alcuni dati interessanti mostrano che il Coronavirus ha solo dato impulso a una pratica che si andava consolidando da anni in alcuni paesi. Secondo alcuni studi realizzati in collaborazione con la Global Workplace Analytics e FlexJobs (1), tra il 2005 e il 2015, il numero di professionisti negli Stati Uniti che svolgono per lo meno il 50% del loro lavoro da casa o da un altro luogo fuori dagli uffici, è cresciuto del 115% e oggi quel numero raggiunge i 4,7 milioni, il 3,4% della forza lavoro.

In una delle più ampie ricerche globali sul lavoro post-pandemia la Global Work-from-Home Experience Survey (2) mostra che, dei quasi 3.000 dipendenti che hanno risposto al sondaggio tra il 30 marzo e il 24 aprile 2020, il 77% desidera continuare a lavorare da casa dopo il COVID-19. La ricerca indica che le persone sono più produttive e più felici a casa.

Nonostante i dati positivi sulla risposta allo smart working, lo spazio dell’ufficio, a nostro avviso, continuerà ad esistere, ma sarà profondamente modificato. Oggi l’ufficio serve per assimilare i valori e la cultura dell’azienda, per vivere la collettività, per stimolare e responsabilizzare la comunità: l’uomo è per natura un essere sociale e ha bisogno di spazi di incontro.

WALMART.COM. São Paulo, Brasile, Estudio Guto Requena, 2013. Foto: Fran Parente

Pensare all’esperienza umana negli spazi di lavoro sarà un cambiamento fondamentale che vedremo nei prossimi decenni. I temi chiave saranno Intelligenza Artificiale, Automazione, Demografia, Sostenibilità. I nostri edifici, quindi, dovranno essere intelligenti e salubri, poiché gli impiegati saranno sempre più esigenti in relazione alla propria salute e al proprio benessere.

Neurodiversità

Il termine si riferisce alle variazioni naturali nel cervello umano di ogni individuo in relazione alla socievolezza, all’apprendimento, all’attenzione, all’umore e ad altre funzioni cognitive. In generale, il concetto include la diversità tra le persone considerate neurotipiche e le persone con condizioni neurodivergenti, come l’autismo, la dislessia, il deficit di attenzione, tra gli altri. Ossia, persone con variazioni nella percezione e negli spettri neurodiversi.

Secondo Key Sargent, direttore di WorkPlace presso l’ufficio internazionale HOK, le nuove generazioni sono sempre più consapevoli delle loro diagnosi e preparate a chiedere spazi più inclusivi. Sempre secondo Sargent, ricerche recenti mostrano che le persone che hanno avuto il coronavirus sono considerate “long-haulers” o individui che hanno qualche lontana traccia del virus, visto che trattasi di una particella neurologica. Inoltre, i sintomi di depressione e ansia sono aumentati di 4 volte nel mese di giugno del 2020 rispetto al 2019, dando luogo ad una crescente attenzione sul tema. Pertanto, la comprensione di questi aspetti ad ampio raggio e la discussione di soluzioni progettuali inclusive sono le premesse fondamentali per la progettazione di ambienti di lavoro post-pandemia.

Seguendo lo spettro più ampio del termine, gli studi demografici (2) presentano dati interessanti sulla neurodiversità umana e le sue implicazioni riguardo il posto di lavoro. Solo il 50% delle persone ritiene che i propri uffici li supportino e un preoccupante 78% afferma di desiderare una maggiore flessibilità nelle opzioni di lavoro, spinto dal desiderio di aumentare la produttività e raggiungere un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata.

La metodologia di lavoro Agile, che stimola processi di lavoro collaborativi, dinamici e partecipativi, trova la sua trasposizione fisica negli spazi cosiddetti Agile spaces, caratterizzati dall’organizzazione degli spazi in modo da offrire ambienti favorevoli per determinate tipologie di lavoro: individuale, di gruppo, creativo, di concentrazione, di aggregazione, di scambio. C’è una chiara necessità di fornire un contesto che dia potere ai dipendenti in base alla loro diversità. È possibile creare un’esperienza più personalizzata negli spazi di lavoro?

PRAVALER São Paulo, Brasile, Estudio Guto Requena, 2019. Foto: Fran Parente

Pensare allo spazio di lavoro come a un grande ecosistema ci permette di percepire il valore di ogni individuo, ottimizzando il suo tempo, migliorando il suo ambiente di lavoro e supportando il suo stile di vita. Allargare la prospettiva sull’ambiente aziendale avvantaggia tutti i soggetti coinvolti: dipendenti, clienti e datori di lavoro. L’applicazione di questi nuovi valori sostiene la flessibilità aziendale, migliora il benessere dei dipendenti e il loro senso di appartenenza, aumentando l’accesso e il mantenimento dei talenti e migliorando il valore dell’azienda stessa.

Più che mai, è necessario avere una visione più olistica degli spazi e delle persone in modo da poter andare avanti nelle discussioni sulla ripresa degli spazi di lavoro dopo il superamento della pandemia.

Le analisi mostrano che le reazioni delle persone sono molteplici. Alcuni vogliono continuare a lavorare da casa, riconoscendo la capacità di concentrarsi senza distrazioni, la libertà di gestire i propri orari, la possibilità di evitare lunghi spostamenti e di guardare un episodio della propria serie preferita in qualsiasi momento.

Altri sono riusciti ad adattarsi al lavoro da casa, ma sentono la mancanza dell’incontro, dello scambio e di un lavoro più dinamico e collaborativo. Soffrono delle difficoltà di una scelta fatta per imposizione e non di loro spontanea volontà.

Da questa analisi delle reazioni possiamo identificare tre possibili atteggiamenti di post pandemia:

– la scelta convenzionale di tornare alla classica routine lavorativa;

– l’obbligo di continuare a lavorare a distanza;

– l’empowerment dovuto alla possibilità di scelta;

Per le aziende che decideranno di riprendere la presenza negli spazi fisici, sarà necessario passare a radicali adeguamenti nel modo di operare e nei servizi offerti. Un recente sondaggio di GP PRO (3), fornitore di sistemi igienici, mostra che tre persone su quattro negli Stati Uniti si dicono preoccupate per il ritorno.

Uno dei cambiamenti più significativi sarà nella concentrazione del numero di persone per piano. La tendenza è quella di far abbinare al personale il lavoro d’ufficio con il lavoro in altri luoghi. La ricerca del Global Workplace Analytics (2) prevede che fino al 30% delle persone continuerà a lavorare da casa e, quindi, la ripresa degli spazi di lavoro dovrà essere pianificata da una dinamica ibrida in cui gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia continueranno a acquisire importanza.

Ad esempio, sarà necessario che le aziende sviluppino sistemi che aiutino a mappare da dove le persone stanno lavorando, a che ora e quando dovrebbero stare insieme o quando potranno essere separate. La possibilità di lavorare in contesti diversi flette tutte le relazioni tra il dipendente e lo spazio di lavoro, e forse sarà possibile parlare davvero di spazi flessibili e agili.

Tecnologia che avvicina

Mai come ora la tecnologia diventa indispensabile

Immaginare un’architettura in cui sarà necessario un basso livello di contatto fisico, ma un alto livello di interazioni (“Low touch but high interaction”) è possibile solo con l’incorporazione di tecnologie già in uso in altre aree. Ad esempio, i comandi vocali utilizzati nelle interfacce residenziali e domestiche.

Le analisi del Gartner Group (4) prima della pandemia evidenziano che un quarto delle interazioni dipendenti/software sarà basato sul comando vocale nel 2023. Un balzo in avanti rispetto a un timido inizio di appena il 3% nel 2019.

In passato, la tecnologia che utilizzava sensori veniva utilizzata per mappare il sottoutilizzo degli spazi. Oggi questa tecnologia può essere utilizzata per il fine opposto: abbiamo la distanza opportuna? Abbiamo zone di congestione?

In un modello di lavoro “coreografico”, in cui le persone saranno distribuite in diversi contesti di lavoro, sarà comune utilizzare dispositivi di mappatura, interfacce digitali, visualizzazioni in tempo reale e persino olografie come soluzioni incorporate nell’architettura che aiuteranno le persone a sentirsi più coinvolte e più vicine nelle interazioni.

STUDIO SOL. Belo Horizonte, Brasile, Estudio Guto Requena, 2017. Foto: Gabriel Castro

Potranno essere prese rapidamente dalle aziende alcune misure fisiche:

– intensificazione della segnaletica e della comunicazione visiva chiarendo le regole della distanza;

– aumento della larghezza delle postazioni di lavoro;

– corridoi e porte più ampi;

– rotazioni negli orari di lavoro.

Inoltre, potrebbe aumentare l’utilizzo di telecomandi con sensori di attivazione, riducendo il numero di superfici da toccare e consentendo, ad esempio, ai dipendenti di utilizzare ascensori e porte senza toccarle.

 

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