1. Premessa

La modifica dell’articolo 33 della Costituzione, intervenuta con la legge costituzionale numero 1 del 2023, ha fatto entrare, a pieno titolo, lo sport nella Costituzione, tale modifica non può lasciare indifferenti e pone tutti: istituzioni e cittadini, di fronte a numerosi interrogativi ed alla necessità di operare concretamente affinchè, attraverso la pratica sportiva, si realizzino gli auspici tracciati dalla nuova norma costituzionale.

Il settimo comma aggiunto, dal settembre del 2023, all’articolo 33, collocato nel secondo titolo della Costituzione relativo ai rapporti etico-sociali, prescrive: “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.

Invero, la collocazione di questo nuovo comma, che ha dato piena dignità alla pratica sportiva ed alla sua valenza educativa, nell’ambito dell’articolo 33 e non nell’articolo 31, come era stato, in precedenza proposto, impone allo Stato, alle regioni, agli enti locali ed alla scuola la necessità di mutare le loro scelte relative alla pratica sportiva ed agli impianti per realizzare la stessa.

Sarà, dunque, necessario misurarsi con la carenza degli impianti sportivi, con la necessità della loro manutenzione e con l’obbligo di evitare il loro degrado.

A ben vedere, la collocazione nel segmento della istruzione e della maieutica e non in quello delle previsioni relative alla famiglia, come sarebbe avvenuto se lo sport fosse stato inserito nell’articolo 31, impone allo Stato rilevanti responsabilità aggiuntive in merito alla organizzazione ed alla gestione di esso che non deve, per il futuro, limitarsi alla sola gestione di emergenze intervenute nel mondo sportivo.

Invero, per lungo tempo, forse a causa della assenza del tema sport nella carta Costituzionale (che ha trovato collocazione in essa, con la modifica del quinto titolo, solo nel 2001, tra le materie concorrenti previste dall’art. 117) lo Stato si è limitato a gestire le emergenze createsi nel mondo sportivo, come è accaduto nel caso delle leggi n. 91 del 1981, in tema di lavoro sportivo e n. 280 del 2003, in materia di giustizia sportiva.

Ora la modifica costituzionale impone urgenti decisioni di sistema non potendo più tardare la delimitazione delle competenze tra tutti i protagonisti, del mondo sportivo italiano, nella ormai conclamata duplice accezione del fenomeno: agonistica e terapeutico-maieutica.

Non si può più sfuggire alla regolamentazione contenuta nell’articolo 1 della legge n. 86 del 2019, portatore di una delega finalizzata alla ristrutturazione del sistema sport, delega, ormai decaduta, ma di essenziale valenza. E’, dunque, necessario dettare i confini e le competenze, in ambito sportivo, tra l’Ente pubblico Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), anche in relazione ai suoi decentramenti regionali, la società pubblica, interamente posseduta dal Ministero del Tesoro, “Sport e Salute”, le regioni, anche esse titolari del potere di normare su questa materia (specialmente in tempi di “autonomia differenziata”), e la scuola, divenuta, anche in virtù del dettato dell’articolo 2 della legge n. 86/2019, una protagonista rilevante della evoluzione della pratica sportiva nel nostro Paese.

Tutto questo deve portare ad interrogarci sugli effettivi compiti e sulle funzionalità dell’Istituto di credito sportivo il cui ruolo diviene essenziale per la creazione e la manutenzione degli impianti.

A questa “regolamentazione dei confini” non deve essere estraneo, nelle competenze e nelle funzioni, il Comitato paraolimpico il cui ruolo è stato, ulteriormente, enfatizzato dalla collocazione dello sport nell’ultimo comma dell’articolo 33 della carta Costituzionale.

2. Il nuovo compito degli enti locali e delle regioni

Posto l’accento sulla funzione sociale ed educativa dello sport, è necessario considerare lo sport in ottica diversa da quella di natura esclusivamente agonistica che si è affermata nel corso del secolo ventesimo. Lo sport oggi è, a buon diritto, elemento portante della socializzazione dell’individuo ad ogni età della persona ed è compito della Repubblica facilitarne la pratica coinvolgendo fattivamente, in tale percorso, gli enti locali (con i loro impianti sportivi) e la scuola (con le sue strutture che debbono essere utilizzate in modo più intensivo).

Invero, gli impianti sportivi non vanno considerati solo nella ottica dei grandi eventi, ma debbono essere resi funzionali per adempiere al nuovo compito che la Costituzione assegna alla pratica sportiva.

E’ oggi necessario che gli enti locali (comuni, in tutte le loro componenti istituite per realizzare il decentramento ed aree metropolitane) e le regioni, si dotino di strutture sportive in grado di rispondere a questa nuova domanda che ha esigenze quotidiane e che non deve trovare giustificazione nei soli, comunque importanti, eventi di rilevanza mediatica.

Il nuovo inquadramento “maieutico-terapeutico” dello sport costituisce per le nuove generazioni la risposta più efficace ai “social” e per quelle più antiche un utile prevenzione alle malattie.

Peraltro, appare evidente che questa “nuova vocazione” dello sport non debba andare a detrimento della primogenia vocazione agonistica dello sport collocato in una filiera che parte dal Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) per giungere fino al singolo tesserato (in base al dettato della legge n. 280, del 2003).

In virtù di questa nuova vocazione dello sport sarà necessario partire da un monitoraggio promosso dal Ministero dello sport (al quale sarà opportuno assegnare dignità di Ministero “con portafoglio a seguito della modifica costituzionale) di tutti gli impianti sportivi italiani e del loro stato di funzionamento e di conservazione. Invero, poiché gli impianti sono prevalentemente di proprietà comunale tale censimento dovrà necessariamente partire dai comuni sotto il coordinamento delle Regioni. Invero, tale compito potrebbe essere, utilmente, svolto dai Comitati regionali del C.O.N.I. che oggi hanno sussunto, nelle loro competenze, oltre alle valenze agonistiche proprie del Comitato Olimpico, anche quelle “educativo-terapeutiche” assegnate alla società “Sport e Salute”.

Tutta tale opera potrebbe poi essere coordinata da un Ufficio, retto da un commissario di nomina governativa, messo in grado di reperire i fondi per le loro ristrutturazioni.

Terminato, in tempi brevi, il censimento sarà necessario operare la valutazione sul futuro di detti impianti (quali rendere funzionali ed a norma e quali dismettere) in un corretto bilanciamento tra intervento pubblico e privato.

A tale attività non può essere estraneo l’Istituto di credito sportivo che deve, oggi, essere coinvolto nella nuova ed aggiuntiva vocazione dello sport e divenire lo spinterogeno di essa.

Operazione simbolo della nuova visione della impiantistica sportiva, da porre al centro della “operazione recupero”, può essere costituito dal riportare alla vita sportiva ed all’uso, i numerosi spazi contenuti nello stadio Flaminio, protagonista di antiche vicende agonistiche quali i mondiali del 1934 e le olimpiadi romane del 1960, ma anche contenitore di numerosi spazi necessari alla finalità terapeutica e con valenze sociali dello sport, rappresentati dalle piscine e dalle tante palestre in esso contenute.

Inoltre, il Flaminio costituisce anche una importante realtà della architettura italiana ed è posto al centro della Capitale di Italia esso può, in concreto, rappresentare il simbolo del nuovo modo di intendere lo sport diviso tra agonismo e valenza terapeutico-educativa avendo la possibilità di offrire, al centro di Roma, la fruizione di uno stadio funzionale alla visione delle partite, di palestre e piscine.

Al recupero di questo antico e glorioso stadio potrebbe giungersi con una valida collaborazione pubblico privata in una ipotesi di project financing sotto l’egida di Roma Capitale (proprietaria dell’impianto), della società pubblica Sport e Salute e dei privati interessati alla intrapresa ai quali far consentire i finanziamenti dell’Istituto di credito sportivo.

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