I Romani la chiamavano Regina Viarum, la regina delle strade.

Certamente, delle tante arterie stradali costruite dai Romani attraverso l’impero, la Via Appia è sempre stata ed è la più celebre.

Realizzata alla fine del IV secolo a.C., vanta numerosi primati: la prima ad essere completamente pavimentata e a prendere il nome dal suo artefice, ad esempio; il primo grande spazio aperto ad essere “musealizzato”.

Oggi il tracciato dell’antica via è la spina dorsale di un parco archeologico-naturalistico che con i suoi oltre 4.500 ettari costituisce il parco urbano più grande d’Europa. Uno splendido habitat a disposizione di tutti per il quale dobbiamo grande riconoscenza ad Antonio Cederna: le sue battaglie condotte con Italia Nostra a partire dagli anni ’50 hanno portato infatti all’istituzione del Parco Regionale, finalizzata nel 1988.

Quando si passeggia lungo l’Appia Antica, in quell’atmosfera romantica quasi fuori dal tempo, è difficile credere che questo capolavoro di ingegneria stradale sia stato costruito per scopi militari.

La fine del IV secolo a.C. è un momento cruciale per l’espansione di Roma, potenza nascente destinata a conquistare gran parte del mondo conosciuto. In quegli anni si combatteva la seconda guerra sannitica, un importante conflitto contro le popolazioni del Sannio, antica regione a sud di Roma corrispondente a buona parte dell’attuale Molise e della Campania nord-orientale. Per facilitare gli spostamenti delle truppe verso il teatro di guerra si decise di costruire una nuova strada alternativa alla pedemontana già esistente, la via Latina, più interna e troppo esposta agli attacchi del nemico. Il progetto fu portato a compimento nel 312 a.C. sotto la censura di Appio Claudio Cieco, da cui la strada prese nome.

Inizialmente la nuova via publica è condotta per 132 miglia fino a Capua, poi prolungata fino a Benevento per raggiungere infine Brindisi, la città che con il suo porto metteva in comunicazione la penisola con la Grecia e il Mediterraneo orientale.

Almeno nelle prime otto miglia, il percorso dell’Appia si presentava come una immensa necropoli: su ambedue i lati della strada si allineavano sepolcri di ogni tipo, dai più modesti ai più monumentali. Tra questi il più famoso e meglio conservato è quello di Cecilia Metella, che con la sua mole colossale si erge ancora a dominare la campagna romana. La sua storia riassume esemplarmente i mutamenti avvenuti nel corso del tempo, in particolare duranti i secoli del Medioevo quando l’insicurezza del territorio e i pericoli nell’affrontare un viaggio determinano la sua trasformazione in fortilizio.

Ma grandi spazi erano destinati anche ai vivi. In epoca imperiale nella campagna attraversata dall’Appia sorsero numerose ville suburbane, vastissime proprietà utilizzate dalle ricche famiglie di rango senatorio sia a scopo agricolo che come residenze dove trascorrere gli otia.

Le rovine imponenti degli edifici che componevano il complesso appartenuto ai Quintili ci restituiscono un’immagine evocativa della vita sfarzosa che si conduceva in queste ville, riflessa anche nell’opulenza della decorazione degli ambienti riportati alla luce dagli scavi degli ultimi decenni.

Grandiosità architettonica e lusso che caratterizzano anche il complesso voluto dall’imperatore Massenzio: si estendeva tra il secondo e il terzo miglio della via, in prossimità della tomba di Cecilia Metella, e comprendeva un palazzo, un circo e un mausoleo, quest’ultimo eretto per accogliere le spoglie di un figlio bambino scomparso troppo presto.

I resti di questo insieme fanno oggi parte di una delle aree archeologiche più suggestive della campagna romana.