Parlare di “editori puri” in Italia introduce un curioso ossimoro. Bisogna liberarsi dei dettami stringenti di un’etica politicamente corretta. Teoricamente l’editore puro è quello che non ha altri fini della propria attività se non quello di procurarsi un profitto. Ebbene, sgombriamo subito il campo. Nessun editore italiano ha nella propria missione attuale questa possibilità.

Foto da Pxhere 

Il più vicino al traguardo sembrerebbe apparentemente Urbano Cairo, già apprendista alla corte di Berlusconi e poi imprenditore in proprio, editore di giornali, settimanali e libri nazional-popolari. Ma c’è un “ma”! Per una complicata vicenda immobiliare che vale di per sé qualcosa come 250 milioni potrebbe essere sbancato da un momento all’altro.

Per ora il pronunciamento giurisprudenziale gli dà torto ma l’editore piemontese ha deciso di rischiare e non ha accantonato la cifra che il creditore potrebbe esigere se il verdetto fosse confermato nei prossimi gradi di giudizio del contenzioso. Le sue principali creature –‘Il Corriere della Sera’ e la ‘Gazzetta dello sport’, testata che ha rinverdito antichi successi con la prodigiosa annata agonistica dei nostri campioni- peraltro vendono circa un terzo di antichi picchi mai più raggiunti.

E questa, più in generale, è la tendenza progressiva della stampa italiana, un lungo inglorioso cammino verso la sparizione, favorita dalla scarsa propensione del popolo italiano all’informazione, il ricorso a mezzi succedanei, meno cari e certo non altrettanto profittevoli dal punto di vista della correttezza deontologica.

Ci sarà un nesso tra questa diserzione e un consolidato filone no vax, che ai suoi estremi ha portato all’assalto della sede Cgil di Roma? Abbiamo formulato una domanda retorica: la risposta è affermativa. Ma, fuori dal recinto di Cairo, presidente del Torino dal 2005, ma con risultati modesti, cos’altro passa il convento?

Il più grande gruppo editoriale, l’ex conclamata Gedi, è in netto disarmo. Da corazzata si è trasformata in cacciatorpediniere. La testata leader del gruppo ha ridotto la foliazione, ha visto la grande fuga di giornalisti di punta e sembra la copia minore di ‘Micromega’, pubblicazione dalla quale lo stesso gruppo si è sganciato, per non aumentare il deficit. ‘La Repubblica’ di De Benedetti a vocazione scalfariana puntava su cavalli politici e regolarmente sbagliava la scelta. ‘La Repubblica’ non più di De Benedetti e di Molinari non ci prova neanche ad avere una linea.

E il pacchetto del giornale unico (‘Repubblica’ dice quello che dice ‘La Stampa’ e viceversa) certo non è un bell’aiuto in prima battuta per il dibattito, in seconda per la democrazia.

 

Possiamo annoverare Caltagirone tra gli editori puri? Di puro c’è solo l’eresia. ‘Il Messaggero’ delle battaglie politiche sul divorzio e sull’aborto è un lontano ricordo di perroniana memoria. La principale testata a vocazione romana asseconda il partito degli affari (quelli di Caltagirone). Ecco spiegato perché ha sempre fieramente contrastato il costruttore Parnasi e il suo progetto sul nuovo stadio della Roma. Con una persecuzione particolare riservata alla Raggi, contraria agli interessi del gruppo. Una volta il contender del ‘Messaggero’ era ‘Il Tempo’ sul cui prestigio basti riferire una vice-direzione attribuita a Francesco Storace e il rango di principale opinionista al faccendiere P 2 Luigi Bisignani.

Il ‘Comprati e venduti’ non è solo il titolo di un libro di successo ma riecheggia l’attuale stallo della ‘Gazzetta del Mezzogiorno’, diffuso quotidiano pugliese. Terreno di caccia per due imprenditori il cui curriculum riassume un po’ le stimmate attuali della categoria in Italia. Uno, Antonio Albanese, si occupa dello smaltimento e della trasformazione energetica dei rifiuti; l’altro, Vito Miccolis s’intende di autobus e lavori portuali. Albanese risulta indagato dalla Procura di Lecce per “traffico di rifiuti” e altri reati ambientali. La testata, attualmente fuori dal mercato (proprietà congelata) è contesa tra i due. Comunque finirà, i giornalisti cadranno in cattive mani.

Va aggiunto che negli ultimi anni l’unica novità editoriale di senso contrario (aumento delle vendite e delle tirature) viene da Il Fatto, quotidiano legato alla direzione di Marco Travaglio, testata notoriamente anti-sistema, giudicata tout court “giustizialista” anche se l’etichetta non riassume esaurientemente la sua ideologia. Assecondando le tendenze del mercato questo quotidiano ha fatto crescere, parallelamente alla versione cartacea e  un blog interessante e una testata televisiva mostrando un brand poliforme e multi-funzionale come richiesto dalle esigenze di un’editoria moderna.