Carlotta Sami, Rifugiati – Harper Collins 2021

Non a caso le esperienze personali a volte determinano le scelte della vita. L’autrice di questo volume Carlotta Sami, portavoce per l’Italia dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNCHR), all’inizio della sua opera intitolata “Rifugiati” edito da HarperCollins, ci tiene a precisare che lei stessa ha delle origini da rifugiata. I suoi genitori conobbero e divennero parte dei grandi movimenti migratori che vi furono a seguito della I Guerra Mondiale, quando furono ridisegnati i confini politici europei. Come fosse un destino, lei si è ritrovata a occuparsi dei rifugiati e descrive la tematica “rifugiato” argomentando le considerazioni comuni solitamente ripetute sulla problematica, a cui riesce con chiarezza a rispondere sostenendo le sue affermazioni con degli esempi e delle testimonianze finalizzate a “demolire” i consueti pregiudizi.

In ogni capitolo del volume l’autrice trova una risposta appropriata sulle tante osservazioni che la gente comune asserisce sui rifugiati. Carlotta Sami, con la sua analisi, riesce a dimostrare che l’immigrazione può diventare un fenomeno di crescita per l’economia del Paese che accoglie attraverso proprio una politica strutturata di integrazione. Ad esempio in Africa vi è un paese, l’Uganda, che ha ospitato decine di rifugiati, ma che è riuscita ad integrarli dando loro la possibilità di lavorare (li ha dotati di un appezzamento di terreno) e diventando in questo modo dei produttori di ricchezza nonché dei consumatori.

Inoltre vi sono esempi di rifugiati che riescono con la loro attività a dare lavoro ai residenti, come Samy, che attraverso un percorso di formazione è diventato un parrucchiere importante in Trentino e la sua azienda dà lavoro agli italiani.

Vi sono altresì storie ovviamente tristi perché chi è in fuga dal proprio paese ha subito torti, violenza e soprusi. Molte sono le donne vittime di abusi e si parla poco dei danni psicologici che un rifugiato porta con sé, il quale dopo aver lasciato il proprio paese senza alternative si ritrova ad affrontare un cammino doloroso e di non facile prevedibilità.

Se si guarda ai dati quantitativi e qualitativi il volume rileva alcuni aspetti: la pandemia ha ridotto notevolmente la quantità dei flussi migratori nonché dei rifugiati e soprattutto ha cancellato l’attenzione mediatica sull’argomento – nei media se ne parla sempre meno; se invece si considera l’impatto delle politiche di integrazione che a volte sono implementate nei contesti imprenditoriali, le aziende che hanno assunto rifugiati hanno rilevato un ambiente maggiormente sereno tra i lavoratori grazie alla politica di inclusione e un maggiore senso di solidarietà e di appartenenza all’impresa stessa. In altri termini una maggiore motivazione e consapevolezza degli obiettivi dell’impresa.

L’autrice non si sottrae a spiegare il quadro internazionale e in maniera ottimistica descrive il Patto globale sui rifugiati firmato in ambito delle Nazioni Unite nel 2018 da 152 paesi, volto a sostenere l’accoglienza ai rifugiati con soluzioni condivise con tutti gli attori coinvolti, compresi i rifugiati stessi.

Da segnalare e sottolineare l’aspetto saliente che tra i rifugiati vi sono molti giovani e minori che hanno desiderio di studiare e di formarsi per costruirsi un futuro migliore, lontani come sono dai loro affetti e dalle loro origini.

Altra considerazione evidenziata è che anche se l’Italia sia sempre stata in vista per gli sbarchi e gli eventi tragici di cronaca, non è tra i paesi con la maggiore presenza di rifugiati. La Germania, in termini assoluti, ne conta molti di più. Purtroppo l’Unione Europea non riesce ad affrontare la problematica con una politica coesa, nonostante gli approcci costruttivi di alcuni stati.

Per concludere l’autrice ci descrive il relitto dell’imbarcazione che nel 2015 ha sacrificato la vita di ottocento persone nelle acque non lontane da Catania. Si tratta di un enorme hangar, che Carlotta Sami ha visitato prima che fosse esposto alla Biennale di Venezia e che rappresenta un’opera dell’orrore, in cui le persone viaggiavano stipate, come in passato si caratterizzavano le navi dove erano trasportati gli schiavi: «Da tanto dolore, scrive la Sami, deve nascere solo amore». Con questo messaggio di speranza l’autrice conclude il volume, che è arricchito anche da una interessante bibliografia.