Questo 9 maggio, come ogni anno, l’Europa celebra una ricorrenza significativa. Anzi due. Mentre Bruxelles si tinge del blu delle bandiere dell’Unione Europea in ricordo della Dichiarazione Schumann, a Mosca prevale il rosso delle insegne sovietiche commemorative della vittoria sul nazismo. Tuttavia, quest’anno le celebrazioni hanno un sapore amaro. Il Presidente russo depone corone d’alloro sui monumenti delle “città eroiche” della guerra proprio mentre due di queste città ritornano ad essere simbolo della resistenza. Ad Odessa e Kiev, infatti, si resiste. Le due città ucraine non combattono più le armate tedesche ma le truppe inviate dall’uomo che contemporaneamente celebra il loro valore. Macabro ritorno della storia.

Va notato che la festa del 9 maggio in Russia, così come in molti paesi dell’ex Unione sovietica, assume toni pseudo-religiosi. Una manifestazione a carattere collettivo estremamente sentita dalla popolazione, la quale scende nelle strade portando le effigi dei parenti caduti in battaglia. La fiumana di persone che attraversa le arterie metropolitane, nota come “marcia degli immortali”, diventa il faro del simbolismo sovietico. I sondaggi condotti dall’Università di Oxford evidenziano come una parte della popolazione russa sia dichiaratamente nostalgica del passato sovietico ed anche dello Status imperiale. Un richiamo al passato è diventato quindi una costante nei discorsi del presidente russo, che incarna la corsa allo Status perduto e che deve essere difeso dalle pressioni di un avverso blocco occidentale a guida NATO. Russia come “Stato sotto assedio” dunque.  In Piazza Rossa il tempo sembra essersi fermato a 70 anni fa.

“Guerra Fredda” di Itsos – CC BY-NC-SA 2.0.

Anche in Europa sembra di essere ritornati nella guerra fredda. Oggi come allora le democrazie occidentali sono chiamate a confrontarsi con una minaccia non solo alla loro sicurezza ma anche loro valori. L’inevitabile scontro tra capitalismo e comunismo dichiarato da Stalin al Teatro Bolshoi di Mosca nel 1946 si è trasformato nella narrativa putiniana in un nuovo scontro tra liberal-democrazie e conservatorismo ideologico. Oggi come allora le divisioni interne rischiano di scardinare le basi della risposta europea. Serve ricompattare il fronte interno attorno alla difesa dei supremi valori fondamentali diventando ‘guerrieri democratici’, secondo la nota definizione di Panebianco. Le parole pronunciate da Schumann nel 1950 non furono infatti soltanto la materializzazione di un ideale europeista ma anche la pragmatica risposta ad impellenti necessità politiche. Proprio un anno dopo il termine del consolidamento dei regimi comunisti dell’est e della dimostrazione di forza staliniana del blocco di Berlino, servivano istituzioni in grado di cementare l’unità europea.  La Comunità dell’Acciaio e del Carbone unificò le basi della produzione bellica di paesi, Germania e Francia in primis, che fino a cinque anni prima erano in guerra tra loro. La Dichiarazione Schumann fu quindi un propellente fondamentale per superare ogni ostacolo interno alle autorizzazioni di rettifica parlamentare del Trattato. Il successo delle ratifiche parlamentari non era infatti scontato, come dimostrò in seguito la bocciatura ad opera dell’assemblea francese del Trattato della Comunità Europea di difesa (CED). La Dichiarazione diede anche un forte segnale oltremanica, rafforzando le correnti interne al Congresso statunitense che ritenevano necessario trasformare il Patto atlantico in organizzazione permanente a difesa del territorio europeo.

Oggi, mentre lo speaker della Duma (il parlamento russo) chiama il popolo russo a prepararsi per possibili altre perdite sul campo, nelle sale dei parlamenti europei le discussioni sull’embargo petrolifero entrano nel vivo. Tale misura manderebbe un segnale cruciale a Mosca data la forte dipendenza dai proventi del petrolio, ma si preannuncia già il rischio di defezioni europee, tra cui quella ungherese. Come settantadue anni fa è quindi necessario rafforzare i meccanismi del parlamentarismo euro-atlantico per affrontare la nuova sfida orientale. I tempi sono maturi per una nuova dichiarazione Schumann.