Il momento dell’Europa è ora. Non si tratta di uno slogan, ma di un vero e proprio avvertimento, un campanello di allarme, che deve spingere i leader europei e i rappresentanti delle istituzioni a prendere quelle decisioni che per troppi anni, o forse decenni, sono state posticipate.

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Lo scoppio della pandemia ha messo l’Unione Europea dinnanzi alla necessità di trovare una soluzione comune alla crisi sanitaria, economica e sociale che ne è scaturita su tutto il continente. Se da un lato si sono fatti in questi mesi importanti passi in avanti, ad esempio sul terreno del debito comune per finanziare il piano straordinario di ripresa, allo stesso tempo è evidente che l’Europa abbia bisogno di far ripartire l’agenda delle riforme istituzionali, approfondendo il processo di integrazione europea, per dotarsi di tutti gli strumenti necessari ad affrontare le sfide del presente, sempre più globali, sempre più complesse. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin iniziata lo scorso 24 febbraio, si è aperto un nuovo capitolo della storia del mondo, che ci proietta in un nuovo contesto geopolitico, più instabile, più minaccioso.

Le discussioni sulla riforma dell’Unione trovano quindi un nuovo impeto, dettato da un evidente senso di necessità e urgenza, una vera e propria accelerata, tanto nel dibattito pubblico che politico. È come se tutti gli astri del firmamento istituzionale europeo si siano allineati: una situazione unica che dobbiamo saper cogliere per permettere quel balzo in avanti nel processo di integrazione comunitaria che non è mai stato così drammaticamente urgente.

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La sessione plenaria del Parlamento europeo di maggio è stata di assoluta rilevanza, perché ha coinciso con le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, adottate per acclamazione dalla sua ultima assemblea plenaria lo scorso 30 aprile; con il discorso del premier Mario Draghi, un intervento da grande statista che ha citato la necessità tanto di un federalismo pragmatico in ambito energetico, economico e per la sicurezza del continente, ma anche di un federalismo ideale, per tutelare i nostri valori europei di pace, di solidarietà, di umanità.

Con il discorso del presidente francese Emmanuel Macron il 9 maggio a Strasburgo che, fresco di rielezione, ha parlato della necessità di costruire una “comunità politica europea”, ovvero la creazione di una cerchia di Paesi legati all’Ue ma fuori dal nucleo più avanzato. Una “confederazione” intorno alla federazione, come proposto anche dal Partito Democratico e dal segretario Enrico Letta. Infine, con la risoluzione degli eurodeputati che ha chiesto la convocazione di una Convenzione per la modifica dei trattati attivando l’articolo 48 del Trattato sull’Unione Europea.

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Una risoluzione dall’importanza cruciale, perché costituisce l’atto formale di recepimento da parte del Parlamento Europeo delle 49 richieste contenute nelle conclusioni della Conferenza. La Commissione Affari Costituzionali è già al lavoro per produrre la sua relazione contenente proposte concrete di modifica dei Trattati, da adottare in tempi rapidi in modo da essere presentata alla riunione del Consiglio Europeo di giugno e mettere pressione ai leader per andare avanti con riforme ormai non più rinviabili, se si vuole tutelare per davvero il benessere dei cittadini dinnanzi alle sfide del presente. È necessario fare quei passi avanti per fare finalmente l’Europa sociale, integrando il protocollo del progresso sociale nei Trattati, e l’Unione Europea della salute; per superare il diritto di veto in Consiglio che blocca decisioni fondamentali e mina la nostra credibilità sullo scenario internazionale; per dare un vero potere di iniziativa legislativa al Parlamento Europeo; per costruire l’Europa della difesa.

Quanto sta accadendo in queste ore è di fatto la riapertura di una discussione su una futura Costituzione per l’Unione Europea, all’interno di una finestra di opportunità storica in cui l’Italia dovrà saper giocare è una parte fondamentale, anche grazie alla credibilità internazionale del nostro Premier Draghi e del Presidente Mattarella, con la consapevolezza di avere davanti l’occasione di rilanciare il progetto europeo ed essere davvero tra i Paesi rifondatori di questa nuova pagina di storia comune.

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