Assistiamo ad una trasformazione inquietante della “Politica”. Essa, incapace di esercitare il proprio ruolo di guida dei processi reali – a fronte di una emergente e potente “dimensione extra politica” del potere a livello globale e non solo – cerca una sua qualche legittimazione sui temi “identitari”. Quelli, cioè, che attengono alle trasformazioni antropologiche e alle paure profonde dei cittadini.

Le diverse fazioni si presentano come tutrici delle libertà individuali “senza se e senza ma”, oppure dei “valori della civiltà tradizionale” che si assumono minacciati dai processi globali di cambiamento. Quando la Politica diventa solo bandiera di una identità – non culturale (quanto avvertiamo la crisi delle culture politiche…) ma quasi tribale e tutta giocata sulla ricerca del nemico – è come quando le Religioni diventano “sette” (cosa che purtroppo accade da tempo anche in parte del mondo cristiano).

Non abbiamo solo una caduta della qualità della Politica e dei suoi interpreti. È anche crisi di pensiero dell’intero Occidente (per dirla con Edgar Morin), oppure crisi di concezione di un “Nuovo Umanesimo”, per dirla con Francesco. Potremmo dire: crisi della “laicità” e dunque di una Politica che sa assumere le proprie responsabilità, soprattutto quelle difficili.

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Lo vediamo anche difronte alla questione drammatica della Guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina. La contrapposizione delle due recenti manifestazioni di piazza di Roma e di Milano non mi è affatto piaciuta. E lo dico da cattolico democratico, formato fin da ragazzo attorno alla figura di don Milani e alla cultura della Pace. In una società sempre più frammentata e indotta a perdere di vista il principio del Bene Comune, il compito di aiutare i cittadini ad una “visione” insieme idealista e realista spetta a tutti: forze culturali, sociali e politiche. L’insana e strumentale suddivisione dei ruoli tra chi evoca gli ideali e chi richiama alla realtà dei fatti non funziona più.

“Et et”, non “aut aut” dovrebbe essere la cifra di chi vuole concorrere a costruire prospettive di vera Pace. Altrimenti si allarga il fossato già rilevante tra valori che la nostra Democrazia considera coessenziali: Pace e Giustizia; Pace e Libertà; Pace e Sicurezza; Pace e Dignità; Solidarietà concreta all’aggredito e Diplomazia. Ognuno, in questa dissociazione, si ritaglia la propria personale via di fuga dal dovere verso gli altri.
Solo la cattiva politica impone di scegliere tra questi valori inscindibili. La buona Politica li coniuga; magari con sofferenza (la Storia insegna) ma con la piena coscienza che ciò è necessario. Fa parte del dovere degli uomini liberi e delle Istituzioni democratiche.

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Si dovrebbe dire prima di tutto: “Cessi il fuoco Putin”. E occorrerebbe non mettere in dubbio in ogni caso la solidarietà politica, umanitaria, economica ma anche militare all’Ucraina aggredita e violentata. Mentre le nostre piazze italiane (peraltro molto meno che in passato) si riempivano di manifestanti per la Pace, l’esercito russo e le bande di tagliagole ad esso asservite, con l’aiuto di diversi regimi autocratici e liberticidi, proseguivano ed anzi intensificavano gli attacchi alla popolazione ed alle strutture civili ucraine. Del resto, gli osservatori più autorevoli sono concordi nel ritenere che ogni margine di trattativa si fonda, fin dal 24 febbraio scorso, sulla capacità dell’Ucraina di resistere all’attacco russo, che puntava a travolgere Kiev in pochi giorni, in nome di pretese neo imperiali.

Vediamo se il ritiro da Kherson delle truppe russe è definitivo oppure no. E se questo fatto comporta l’inizio di un rovesciamento sul campo. Mettere Kiev in condizione di farlo significa lavorare concretamente per una possibile tregua e dunque per una possibile futura Pace giusta e duratura. Negarlo, significa lavorare per una resa ingiusta (e foriera di una stagione di conflitto latente); per ipocrite ed oltretutto effimere ragioni di convenienza immediata di vario genere; per una Europa ed un Mondo che sarebbero a quel punto sempre meno garantite in libertà, giustizia e sicurezza.

Le immagini dei cittadini di Kherson che accolgono festanti le truppe ucraine (pur reduci da mesi di privazioni e di soprusi indicibili) mi ha ricordato l’accoglienza del popolo italiano verso le truppe alleate e le formazioni Partigiane dopo la fine del regime nazi-fascista nel nostro Paese. E la popolazione Ucraina che resiste nonostante tutto mi richiama alla mente, anche da cattolico, il Beato Teresio Olivelli, “ribelle per amore”.
Come si fa ad essere, anche solo in parte, equidistanti?

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