L’Unione europea è, dal mio punto di vista, un grande successo. Le decisioni che sono state prese finora sono state prese non ostante differenze molto grosse tra i paesi membri in materia di cultura, storia e di importanti esperienze più o meno recenti.

Nel corso degli ultimi decenni è però apparso un avversario più insidioso: le differenze di informazione disponibili per le opinioni pubbliche dei vari paesi. La stampa nazionale – indebolita dallo sviluppo di media alternativi – è sempre più dipendente dall’informazione governativa e, su quasi ogni punto di discordia a livello europeo, tende a presentare solo gli argomenti del governo in carica. Gli argomenti a favore delle posizioni degli altri paesi non sono quasi mai né menzionati, né quasi mai spiegati. Questo porta a grosse incomprensioni e ad una perdita di fiducia nella capacità decisionale dell’Unione europea.   Molto spesso le ragioni per le quali una certa decisione non è presa – a volte ragioni validissime – sono pigramente derubricate “egoismi nazionali”.

Lo scontro tra Italia e Francia sulla possibilità di permettere alle ONG di far sbarcare nei porti italiani i profughi salvati in mare è un perfetto esempio di questa situazione nel nostro paese.  La Rai, sempre ossequiosa verso il governo in carica, ripete parola per parola le posizioni del governo. A volte, ma non troppo spesso, aggiunge un “secondo l’esecutivo” che non cambia molto all’impressione del teleascoltatore medio che la Rai condivida quello che il giornalista sta dicendo.

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Ma nel caso dei profughi che arrivano via mare c’è un problema supplementare. Tutte le persone che si occupano del problema sanno che non è affatto vero che l’Italia sia il paese che riceve più profughi. Sanno che molti altri paesi hanno ricevuto negli ultimi anni molti più profughi di noi, sia in cifra assoluta che in percentuale della propria popolazione. Nonostante ciò il dibattito pubblico continua ad ignorare la realtà delle cifre e accredita l’immagine dell’Italia come “il primo porto di sbarco dei profughi e di un paese lasciato solo dall’Europa”. Sia dalla Rai, sia dalla maggior parte dei partiti politici arrivando perfino al Vaticano. I partiti che dovrebbero spiegare come stanno veramente le cose hanno paura a dirlo perché temono che questo possa portare ad una perdita di voti.

Ma se il dibattito pubblico italiano non vuole vedere la realtà delle cifre, i governi degli altri paesi sanno bene come stanno le cose. Sanno che in molti dei loro paesi arrivano molti più profughi che in Italia. Sanno anche che, su base assolutamente volontaria, alcuni paesi hanno deciso di dare un piccolo aiuto all’Italia (aiuto sempre maggiore di quello dato agli altri paesi mediterranei). E questi governi non capiscono come l’Italia abbia adesso deciso di sottrarsi ai suoi obblighi internazionali. L’accordo su base volontaria dell’agosto scorso era basato sull’assunto che l’Italia continuasse a rispettare i suoi obblighi internazionali come fatto finora. La Commissione europea ha fatto dichiarare dal suo portavoce che dal punto di vista giuridico non c’è alcuna differenza tra le navi delle ONG e qualsiasi altra nave e che quindi l’obbligo di far sbarcare i profughi nel porto sicuro più vicino vale nella stessa maniera per tutte le navi.   A mia conoscenza non c’è un solo politico italiano che abbia finora preso posizione su questo parere giuridico della Commissione europea.

Come siamo arrivati a questa situazione? Un primo problema riguarda il concetto stesso di profugo in arrivo. Per molti italiani i profughi sono unicamente quelli che arrivano varcando il Mediterraneo su barconi o altre imbarcazioni di fortuna. La realtà è ben diversa. Un profugo diventa un “peso” per il paese di accoglienza nel momento in cui presenta una domanda di asilo o di protezione.  Da quel momento, lo stato nel quale è stata presentata la domanda diventa responsabile per l’accettazione della domanda di asilo/protezione, per l’eventuale espulsione o ritorno nel paese d’origine del richiedente asilo e per il suo supporto fino a quando la sua situazione si sarà stabilizzata, in un senso o nell’altro.

Le statistiche ci mostrano che il numero dei profughi che fanno domanda di asilo o protezione in un paese europeo è molto più alto di quello delle persone sbarcate nei paesi dell’Unione europea dopo un viaggio in mare.

Nel corso del 2021 e dei primi sei mesi del 2022, secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni (agenzia ONU che usa i dati del nostro Ministero dell’interno), sono arrivate nell’UE (Spagna, Italia, Grecia, Cipro e Malta), via mare, 140 333 persone. Uso questo periodo perché nel corso del 2020 c’è stata un’interruzione della raccolta di questi dati a causa della pandemia.

Nello stesso periodo, i paesi dell’Unione europea hanno ricevuto, secondo Eurostat, 1.038.685 domande di asilo (unicamente prime domande). Quindi gli sbarchi via mare in questo periodo hanno rappresentato meno del 15 per cento di tutti i nuovi profughi che hanno fatto domanda di asilo in un paese europeo. La cosa sarà molto sorprendente per tutti quelli che assimilano il problema delle migrazioni irregolari e della presa in carico di profughi ai soli sbarchi che vediamo alla televisione.

Per l’Italia, lo scarto tra le due cifre è molto minore. Nel periodo indicato, 2021 e primi sei mesi del 2022, sono sbarcate in Italia 64.958 persone e il nostro paese ha ricevuto 90.575 domande di asilo.

Come si spiegano queste grosse differenze? Un primo fattore è ovviamente rappresentato dalle tante persone che arrivano via terra. Ma quantitativamente si tratta del fattore meno importante. Il grosso dei profughi sono invece persone che arrivano in aereo o con altri mezzi di trasporto e che entrano nell’UE con un visto turistico. Dopo la scadenza del periodo previsto da questo tipo di visto, si presentano alle autorità e fanno domanda di asilo. Nel dibattito politico spagnolo è unanimemente accettato che la principale porta di ingresso per i futuri richiedenti asilo è l’aeroporto di Madrid, Barajas.

Dal punto di vista del peso finanziario e amministrativo e da quello della responsabilità legale per le decisioni sul futuro dei nuovi arrivati la maniera in cui le persone sono arrivate a presentare una domanda di asilo non cambia nulla.   L’unica differenza, in termini di costo, è rappresentata dal costo del lavoro della nostra Guardia costiera – che raccoglie il grosso dei profughi (le ONG raccolgono e sbarcano solo il 12 per cento circa del totale di chi arriva via mare nel nostro paese; stima ISPI) – e il costo delle operazioni di sbarco. A fronte di questi costi ci sono i 400 milioni del programma FAMI dell’Unione europea per il periodo 2021-2027.

Dove questa differenza ha un ruolo importante è però sulla percezione del peso dell’immigrazione irregolare sui vari paesi. La maggioranza dei nostri concittadini guarda il fatto che su 140.333 persone arrivate nell’Unione europea via mare, 64.958 (più del 45 per cento del totale) sono arrivate nel nostro paese.   Gli altri paesi vedono invece che su 1.038.685 domande di asilo ricevute nell’Unione europea, in Italia ne sono state presentate “solo” 90 575, ossia l’8,7 per cento; una percentuale ben inferiore al peso del nostro paese nel PIL dell’Unione europea (13,3 per cento) o nella sua popolazione (13,5 per cento).

Grafico fornito dall’autore

Questa situazione dura da moltissimi anni. Le domande di asilo presentate nell’Unione europea negli ultimi dieci anni completi (2012-2021) sono state 6 511 970. Il numero di quelle presentate in Italia nello stesso periodo è stato di 628 200, pari al 9,1 per cento del totale. Se fosse esistita negli anni passati una possibilità di redistribuzione dei profughi tra i paesi europei sulla base del PIL o della popolazione di ogni paese l’Italia avrebbe dovuto accettare più profughi di quelli che sono effettivamente arrivati nel nostro paese. Un altro problema che mostra gli errori di percezione del problema è rappresentato dalle frequenti accuse di mancanza di accoglienza rivolte al governo maltese. Molto spesso chi fa accuse del genere non sa che Lampedusa è più vicina alla Libia di Malta e che la superficie di questo stato è pari ad un quarto di quella del comune di Roma. La popolazione italiana è poi 110 volte quella di Malta e il nostro PIL è pari a 125 volte quello del nostro vicino.   Quando questo paese accoglie un profugo fa uno sforzo equivalente a quello fatto dall’Italia accogliendone tra 110 e 125.

Dove l’Italia è in una posizione sfortunata è nel fatto che grazie a degli accordi con alcuni paesi, soprattutto il Marocco e la Turchia, è stato possibile rallentare i flussi di migranti attraverso il Mediterraneo occidentale ed il Mediterraneo orientale. Di fronte all’Italia c’è invece la Libia che è un “failed state” e l’Egitto che non fa quello che potrebbe fare. Non c’è quindi nessuno che possa fare da filtro e con il quale si possano fare accordi.

Purtroppo l’Unione europea non ha la possibilità di stabilire che un certo richiedente d’asilo vada in un certo paese. Non le è mai stata data questa possibilità. Le “redistribuzioni” che sono state fatte qualche anno fa erano sulla base di disposizioni dei Trattati che le permettevano su base temporanea e in situazioni di forte emergenza. La Commissione europea cerca di aiutare anche adesso, ma lo fa rivolgendo richieste a quei 18 paesi UE che si sono dichiarati disposti a fare qualcosa su base volontaria.

Ma le discussioni non sono facili e la situazione dell’Italia non appare tale da incitare a molta generosità. Ho ricordato che nel 2021 e nei primi sei mesi del 2022 in Italia sono state presentate 90 575 domande di asilo. Ma questa cifra va paragonata alle 288 515 domande identiche presentate nello stesso periodo in Germania; alle 189 810 presentate in Francia e alle 122 800 presentate in Spagna. Nello stesso periodo Malta ha ricevuto 2 075 domande. In proporzione al PIL e alla popolazione, è più del doppio di quelle che sono state ricevute in Italia. I governi centrali di Belgio, Olanda e Germania hanno al momento dei grossi problemi con le autorità locali che si lamentano di non riuscire più a trovare alloggi di fortuna per i profughi in arrivo.

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A complicare ulteriormente la situazione, c’è poi il problema dei profughi ucraini. Si tratta sicuramente di profughi temporanei. Ma il loro costo per le amministrazioni pubbliche è ben più alto di quello dei profughi provenienti da altre parti del mondo. Per una decisione presa a livello europeo, i profughi ucraini hanno diritto alla stessa assistenza in vigore nel paese di accoglienza dei cittadini UE senza redditi. Dal mese di giugno, il numero di beneficiari degli aiuti tedeschi chiamati “Hartz IV” è aumentato per l’inclusione come beneficiari di ben 600mila profughi ucraini. Stiamo parlando di circa 500 milioni di euro al mese senza considerare il costo dell’alloggio, del riscaldamento e di altri piccoli aiuti.

Il grosso dei profughi ucraini è andato in Polonia. In Italia è difficile dire esattamente quanti ne siano arrivati. Lo UNHCR ha stimato il numero di profughi ucraini presenti in Italia a fine ottobre in 171.500. Ma la cifra corrispondente per la Germania è di 1.019.000. Qualche giorno fa ho visto a Templehof, l’ex aeroporto di Berlino, un enorme villaggio costruito con case-container per accoglierli. Strutture del genere sono state costruite in molte città.   Nonostante questo, i governatori dei Länder si lamentano di non riuscire più a far fronte alle domande. E ci si aspetta che l’inverno, grazie anche ai bombardamenti russi sulle infrastrutture energetiche, porti ad un nuovo flusso di rifugiati dall’Ucraina. Non abbiamo argomenti molto forti per chiedere un aiuto.

L’immigrazione è un grosso problema. Nessuno vuole l’immigrazione irregolare e tutti si rendono conto delle difficoltà che presenta l’integrazione dei profughi. Tutti i paesi cercano di scoraggiare gli arrivi. Ma cercano di farlo in maniera dignitosa. Non stiamo parlando di merci, ma di esseri umani alla ricerca di una vita migliore. Purtroppo non ci sono soluzioni facili o soluzioni belle.   La pressione migratoria continuerà per i prossimi decenni e diventerà sempre più forte. I profughi continueranno ad arrivare e dovremo gestire il loro arrivo in una maniera di cui non ci si debba vergognare.

Un’ultima cifra. I 91.711 profughi arrivati via mare dall’inizio dell’anno fino al 14 novembre rappresentano lo 0,15 per cento circa della nostra popolazione.   Siamo veramente messi così male da non riuscire a gestire una cifra simile di profughi? Le continue richieste di aiuto rivolte agli altri paesi mi danno l’impressione di una sorta di accattonaggio. Non riesco a capire come persone che si presentano spesso come paladini dell’orgoglio nazionale possano poi sostenere una politica che ci porta ad essere sempre quelli che chiedono aiuto.    La lamentela che si sente in alcuni parti d’Italia “Lo stato ci lascia soli”, diventa a livello nazionale “L’Europa ci lascia soli”. Tutti i paesi hanno grossi problemi con l’immigrazione irregolare. Perché noi non possiamo fare lo sforzo – minore di quello di altri – che ci è richiesto?

Foto di apertura da wikipedia.org – CC BY 2.0