A un anno di guerra russo-ucraina non sappiamo come andrà a finire né quando. Esito e tempi determineranno i seguiti. Ma sappiamo che è un giro di boa della storia. Uno di quegli eventi dopo i quali le cose non tornano più come prima perché cambiano i parametri di riferimento geopolitici, come fu per la crisi dei missili cubani del 1962; per la caduta del Muro di Berlino, e per l’implosione sovietica nel 1989-1991; per l’11 settembre del 2001. Nella cronaca il termine “storico” è abusato ma in realtà non avvengono spesso. È successo nel 2022.

Il 2022 è stato – purtroppo viste le ricadute – uno di questi punti di svolta. Il 24 febbraio ha segnato il ritorno della guerra in Europa, al centro dell’Europa, meno periferica di quanto a noi qui piaccia pensare (ricordiamoci che uno dei mattoni dell’unità d’Italia fu posto…in Crimea). La guerra russo-ucraina ha cambiato le carte geopolitiche in tavola per tre motivi. Ha rotto il tabù del “non più guerre in Europa”, mantenuto durante la guerra fredda, solo parzialmente incrinato dalle circoscritte guerre balcaniche degli anni ’90. Ha sullo sfondo la contrapposizione fra grandi potenze – nucleari – e l’attiva ostilità fra la Russia e il campo occidentale (NATO e G7) ed europeo (UE) di cui le sanzioni sono prova visibile.

Infine, rivela nostalgie nazional-imperiali della Russia di Vladimir Putin che ne alimentano il revisionismo degli assetti europei post-Urss con l’obiettivo di istituire una zona d’influenza dai confini imprecisati, dove le sovranità nazionali altrui siano subordinate a quella russa. Questo revisionismo, che il Presidente russo non nasconde, fa della Russia il fattore di rottura della stabilità strategica europea.

Sergey Lavrov – Foto da wikipedia.org – CC BY 2.0

L’invasione dell’Ucraina ha anche rivelato una vena violenta della Russia – che arriva fino agli spietati crimini contro la popolazione civile di Bucha- che la rende aliena al tessuto valoriale europeo. “Siamo quello che siamo e non ce ne vergogniamo”, ha detto il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Noi però dobbiamo preoccuparcene. Noi – Italia, UE, NATO – non siamo “in guerra” con la Russia. Né vogliamo entrarci, come non vogliono entrarci gli americani – su questo punto la linea di tutti è chiarissima. Ma siamo tutti “contro” la Russia. Armiamo e addestriamo l’Ucraina per impedire alla Russia di vincere la sua guerra di aggressione – quella ripudiata dall’Articolo 11 della Costituzione. Certo non siamo “neutrali”. Del resto, l’effetto a macchia d’olio dell’aggressione russa all’Ucraina ha spazzato via la neutralità in Europa. Oggi non è più possibile essere neutrali. Lo rivelano svedesi e finlandesi: era per loro possibile durante la guerra fredda non lo è più dopo il 24 febbraio 2022. Le residue isole neutrali – Austria, Svizzera, Irlanda – sono letteralmente circondate da una spessa fascia di protezione NATO, con cui comunque mantengono rapporti di partnership e collaborazione.

La guerra russo-ucraina ha spaccato l’Europa in due, come e peggio della guerra fredda. Peggio perché sono venute meno le regole di comportamento che consentivano la faticosa coesistenza pacifica fra i due blocchi. Oggi di pacifico è rimasto ben poco. In Europa non c’è cortina, non c’è muro, ma non ci sono neanche zone grigie. O si è da una parte o dall’altra. Solo una manciata di Paesi, come Serbia, Turchia e Ungheria, si barcamena acrobaticamente.

Al terremoto del 2022 seguiranno ora le scosse di assestamento del 2023. Che possono preludere alla definizione di nuovi equilibri o essere altrettanto devastanti e accrescerne lo sconquasso. La guerra è entrata in una fase di escalation che potrebbe durare fino all’estate. Vladimir Putin si appresta a gettare sul campo di battaglia dai 100 ai 200mila nuovi arruolati, indifferente ad averne già sacrificati altrettanti. L’Ucraina si prepara a resistere e non rinuncia al tentativo di riprendere territorio occupato. A questo servono i recenti pacchetti di assistenza militare. Non possiamo farci illusioni su una prossima fine delle ostilità. Al momento la priorità rimane sostenere l’Ucraina e far fallire l’aggressione russa. Il dopoguerra dipende dall’esito della guerra. Solo quando le armi taceranno, rientreranno in scena politica e diplomazia. Allora si dovrà pensare prima a come puntellare il cessate il fuoco, poi a ricostruire faticosamente un quadro di stabilità in un’Europa trasformata dalla grande scossa e dai contraccolpi dell’Anno di Grazia 2022.

 

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