Orrore e paura. Il 24 febbraio arriva il lugubre giro di boa: un anno di guerra in Ucraina. Il 24 febbraio 2022 Vladimir Putin, inaspettatamente, invase l’Ucraina. Le stime danno un bilancio disastroso: 100.000 soldati ucraini uccisi, altri 100.000 militari russi morti. Decine di migliaia di civili ucraini annientati dai continui bombardamenti di Mosca contro le centrali elettriche e le stesse case. Quasi tutto il sistema produttivo ucraino cancellato o gravemente danneggiato.

Un anno di guerra in Ucraina, Un palazzo bombardato in Ucraina

Un palazzo bombardato in Ucraina

Il futuro è fosco: dopo un anno di guerra in Ucraina non si vede l’ipotesi di un cessate il fuoco, c’è chi teme una catastrofe atomica. Antonio Guterres lancia l’allarme: il mondo «è al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare». Il segretario generale dell’Onu indica il pericolo di «un annientamento nucleare causato in modo accidentale o in modo deliberato». Il Cremlino ripetutamente ha minacciato di ricorrere alle armi nucleari se sarà in pericolo l’integrità territoriale o la sovranità della Federazione Russa. Gli Stati Uniti risponderebbero con la stessa moneta, ha fatto sapere la Casa Bianca.

È urgente una riflessione. L’Occidente deve fare i conti con l’invio di sempre nuove potenti armi all’Ucraina. Un anno di guerra in Ucraina ha un bilancio pesantissimo anche per le conseguenze politiche e geopolitiche. Il governo italiano, quegli europei ed occidentali sostengono con decisione Volodymyr Zelensky contro l’aggressione di Vladimir Putin ma devono fare i conti con cittadini sempre più contrari a mandare altre armi.

Un anno di guerra in Ucraina, Vladimir Putin

Vladimir Putin

I perché sono anche economici. Putin ha usato il petrolio e il gas esportati dalla Russia come un’arma. Nel 2022 i prezzi sono esplosi mettendo in ginocchio le imprese e le famiglie. In Italia i costi delle bollette del gas e della corrente elettrica sono più che raddoppiati in un anno. L’inflazione è schizzata a più del 10% facendo salire tutti i prodotti, in testa gli alimentari. La crisi energetica ha colpito in egual misura tutti i paesi europei. Non a caso il fronte del no all’invio delle armi è vasto tra larga parte dei cittadini della Ue. Solo negli ultimi mesi gli altissimi costi del metano si sono ridotti anche grazie a un tetto comune europeo dei prezzi proposto da Mario Draghi.

Le sanzioni economiche contro la Russia e la forte inflazione hanno determinato un grave contraccolpo geopolitico a danno delle democrazie occidentali. Molte nazioni in via di sviluppo e quelle più povere di Africa, Asia, America Latina non hanno condannato l’invasione russa e non hanno aderito alle sanzioni decise dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dai paesi del G7. Il Sud Africa, pur essendo un paese democratico, si è avvicinato alla Russia e alla Cina. Un annuncio ha ufficializzato la sintonia: a febbraio Pretoria terrà una esercitazione militare congiunta con Mosca e Pechino. Il Brasile si sta muovendo su una linea analoga. Luiz Inàcio Lula da Silvia, il nuovo presidente di sinistra che ha battuto per una manciata di voti Jair Bolsonaro, ha vietato l’esportazione di munizioni a Kiev per i carri armati. I paesi più poveri, poi, guardano con angoscia all’inflazione perché moltiplica i tassi d’interesse sul loro alto debito pubblico.

Incontro tra Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky

L’India, la più grande democrazia del mondo, non ha applicato le sanzioni a Mosca e compra dal Cremlino petrolio e gas a prezzi scontati. La Cina fa lo stesso. Resta un alleato strategico della Russia anche se Xi Jinping ha un atteggiamento tiepido verso Putin perché la guerra danneggia la sua economia. Il presidente cinese vuole la pace come Papa Francesco e come il presidente turco Erdogan. Non a caso Pechino annuncia l’intenzione di «promuovere un percorso di soluzione politica per il cessate il fuoco in tempi brevi».

Molti sostengono la guerra ad oltranza contro Putin perché, sostengono, non si può trattare con un dittatore. La tesi è singolare: gli Stati Uniti e gli alleati occidentali negoziarono con Josef Stalin, anzi si allearono per sconfiggere il nazifascismo. Ma la storia non è relegata solo a 80 anni fa. Nei mesi scorsi Erdogan ha fatto da mediatore nel negoziato tra Mosca e Kiev per sbloccare le esportazioni di cereali dall’Ucraina. La trattativa ha avuto successo.

Se si combatte e parallelamente si cerca il negoziato si apre una breccia nelle file dell’avversario, è possibile un cessate il fuoco. Già ora il presidente russo è molto indebolito: è criticato all’interno sia dagli oppositori democratici sia dai gruppi ultra nazionalisti.

«Dove non passano le merci, passeranno gli eserciti», diceva all’inizio del 1800 l’economista francese Frèdèric Bastiat. Il 9 febbraio il presidente ucraino Zelensky ha chiesto altre armi ai paesi Ue in un vertice a Bruxelles, ma il 24 febbraio sarebbe pronto a presentare all’Onu un piano di pace in 10 punti. Una guerra si può concludere o con l’annientamento dell’avversario o con un compromesso. La seconda soluzione è la strada da percorrere.