Questo termine viene quasi sempre usato quando si subisce un’ingiustizia, e credo che termine più appropriato per Beniamino Zuncheddu non possa esistere. Quasi 33 anni di carcere da innocente, accusato per la strage di Sinnai. Per colpa di un poliziotto, in quel tempo a capo dell’indagine, la sua vita è passata dietro le sbarre sempre dichiarandosi innocente. Prima di darvi alcuni spunti di riflessione su questo caso, vi racconto il lato giuridico. Beniamino da tre anni presso la Corte di Appello di Roma, aspetta la revisione del processo, nonostante la difesa abbia portato prove sufficienti, anche con intercettazione della polizia di stato, il processo era in stallo, fino a quando la Garante dei detenuti della Regione Sardegna e Tesoriera del Partito Radicale Irene Testa, non ha fatto uscire il caso dalla Sardegna, e finalmente mercoledì scorso il teste chiave della vicenda, ha deciso di dire la verità, ed ora si aspetta solo la parola fine con la scarcerazione di Beniamino. Mentre il Tribunale di Cagliari tre giorni prima doveva decidere sulla libertà condizionale, unico strumento possibile per il condannato all’ergastolo, chiaramente non è stata accettata, perché manca il principio fondamentale per ottenerla, “Il pentimento”. Scusate ma come può una persona pentirsi per un reato che non ha commesso, da 33 anni che dice di essere innocente? Qui la grande contraddizione del sistema giustizia.

Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay

Poi esiste il lato umano della vicenda, raccontato da Irene, nel mese di agosto dove in carcere tutto è fermo, gli avvocati sono in vacanza, un giovane avvocato Mauro Trogu cerca di mettersi in contatto con il Garante dei detenuti. Si incontrano e gli parla di Beniamino, gli racconta la sua storia e gli chiede aiuto, perché nessuno conosceva la storia fino a quel momento, era rimasta ferma sull’isola, non era riuscita a superare quel muro difficile di diffidenza quando si parla di ergastolo. Invece Irene ascolta Mauro e intuisce che qualcosa si poteva fare, così iniziano questo cammino insieme per scoprire la verità, una verità oramai quasi certa, solo che la lentezza della Giustizia, specialmente per un processo di revisione è lunghissima.

Finalmente si inizia a parlare di questo caso, le reti Mediaset danno risalto alla vicenda, un po’ meno la RAI che dovrebbe offrire il servizio pubblico, Gaia Tortora paragona il caso di Beniamino, detenuto ignoto alla vicenda di suo padre Enzo Tortora, detenuto noto. Così finalmente si arriva al 4 Novembre, Beniamino è presente al Congresso del Partito Radicale, grazie al Magistrato di Sorveglianza, vederlo camminare in quel salone con quel passo riconoscibile da chi conosce il carcere, è stato un dolore immenso, 33 anni di vita persa per colpa di un servitore dello stato. La sua forza per andare avanti è stata la sorella, e la sua convinzione di essere innocente, ma soprattutto l’incontro con l’avvocato Mauro Trogu. Il suo intervento al Congresso del Partito Radicale dovrebbe essere portato alle scuole di Magistratura e avvocatura, per far comprendere la consapevolezza delle sue scelte, non sempre facili, ma è riuscito a scoprire l’errore giudiziario più incredibile degli ultimi anni.

Ora tutti noi aspettiamo la sentenza che possa dare finalmente a Beniamino quella libertà tolta 33 anni fa, da chi doveva far rispettare la legge. Questa storia di ingiustizia sarà sicuramente liquidata con una ingente somma, ma 33 anni della vita di Beniamino da innocente non hanno prezzo. Noi come Sbarre di zucchero abbiamo subito aderito all’iniziativa di Irene, diciamo sempre non abbiamo nessun colore politico, dove viene meno un diritto per un detenuto noi aderiamo.