Il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres viene criticato spesso per alcune posizioni in merito a guerre, iniziative umanitarie, decisioni strategiche. Dietro queste critiche si celano valutazioni sul ruolo delle Nazioni Unite, e non è da oggi che se ne discute. Sui cambiamenti climatici e sulla lentezza con la quale i paesi industrializzati combattono i mali del pianeta, Guterres, però, ha ragione. Nessuno lo può accusare di debolezze verso chicchessia sin da quando è stato eletto Segretario nel 2017. La lotta contro il cambiamento climatico sta vacillando” ha detto alla vigilia della Cop 28 che si apre il 30 novembre a Dubai. A sentire i suoi appelli avverto come se vivesse un senso di solitudine, nonostante sia la principale autorità internazionale impegnata a contrastare ingiustizie di ogni tipo. Il clima è un’ingiustizia.

Il dato più eclatante che rimbalzerà alla Conferenza di Dubai sono i fondi per i Paesi in via di sviluppo per l’adattamento ai cambiamenti climatici. In un anno sono scesi del 15%. Un pauroso quanto nefasto buco rispetto agli impegni assunti alla Cop 26 di Glasgow. Guterres sa quello che dice, poiché nell’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente- UNEP- è scritto che “il divario di finanziamento per l’adattamento sta aumentando, fino a raggiungere una cifra compresa tra 194 e 366 miliardi di dollari all’anno”. Dov’è finito l’impegno solenne di stanziare 40 miliardi di dollari ogni 12 mesi in favore di quei paesi ?

La distanza dei paesi industrializzati da quelli in via di sviluppo, dove le economie forti vanno a caccia di materie rare, aumenta. Da tempo sappiamo che le azioni per fermare la catastrofe climatica non sono- e non possono essere- le stesse nelle varie parti del mondo. I paesi ricchi devono strutturare politiche per mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5°, ma secondo molti studi siamo già vicini ai 2,0°. I paesi poveri hanno imboccato la strada di un riscatto industriale assai simile a quello di Stati Uniti, Europa, Giappone, Russia, Cina, India che per crescere hanno fatto storico uso di carbone, petrolio, gas.

L’incapacità (dei paesi poveri) di adattarsi adeguatamente intensifica la crisi climatica e ha conseguenze enormi in termini di danni causati, in particolare per i più vulnerabili“, dice il rapporto Unep. Le cifre sono impressionanti: danni per 500 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2022 nelle 55 economie più vulnerabili al clima. In una simile bipartizione tra paesi saturi e paesi affamati l’idea di uno sviluppo sostenibile globale diventa un abbaglio della storia. Una trasfigurazione che non protegge le popolazioni da disastri climatici. “Senza un rapido adattamento, ci aspettiamo perdite inimmaginabili di vite umane e di mezzi di sostentamento a causa di inondazioni, incendi boschivi furiosi e mari in aumento” ha detto Harjeet Singh, responsabile del Climate Action Network International.

I gas serra non sono emessi in egual misura ovunque. Nel 2023 le fonti rinnovabili hanno rallentato la loro corsa favorendo i flussi mondiali di petrolio e gas liquefatto. Gli Usa sono venuti a trovarsi nella straordinaria incoerenza di finanziare la trasformazione verde della propria industria e di esportare in Europa la più grande quantità di gas liquefatto. Antonio Guterres, nei suoi appelli ha auspicato anche una tassa una tantum sulle aziende che inquinano. Ma alla Cop di Dubai- nel paese settimo produttore di petrolio e quinto per riserve di gas- verranno fuori questa o altre penalty ? I leader mondiali discuteranno fino al 12 dicembre con la solita impressionante girandola di documenti, foto opportunity, mentre gli obiettivi  di Agenda  2030  scoloriscono, vacillano, per usare le parole di Guterres.

Non so se Dubai segnerà lo spartiacque tra un prima e un dopo, tra regresso e progresso, tra furbi e teneri. Giunti all’ennesima kermesse mondiale, appare sempre più reale la strada di un periodo -non brevissimo- nel quale coabiteremo con fonti fossili e fonti rinnovabili, paesi privi di aiuto e retoriche ambientaliste, disastri e buona sorte. Tutto per l’imperizia dei Potenti.