Un tema di cui tutti parlano, ma che non è stato ancora affrontato concretamente, colmando le lacune di un ordinamento, che finora non ha preso in seria considerazione il problema. La c.d. Legge Salva Mare giace dimenticata in Parlamento, dopo l’approvazione della Camera nel 2019 e dopo le audizioni delle parti sociali. Vediamo di cosa si tratta.

Il disegno di legge si pone i soliti nobilissimi fini: il risanamento dell’ecosistema marino, la promozione dell’economia circolare, campagne di sensibilizzazione per diffondere comportamenti virtuosi, ma soprattutto di prevenire l’abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune.

Una delle misure del disegno di legge prevede una sorta di “non punibilità” per gli operatori del settore della pesca, che attualmente sono costretti a ributtare in acqua i rifiuti che abbiano accidentalmente raccolto durante la loro attività. In tal modo eviterebbero di essere esposti a sanzioni per illecita gestione di rifiuti.

L’idea è che tali operatori possano portare a terra senza “paura” i rifiuti raccolti nelle acque e depositarli in punti di raccolta situati all’interno delle aree portuali.

Per il momento tralasciamo l’ipotesi di pescatori che approdino a riva su aree prive di porti e concentriamoci solo sull’ipotesi più frequente. I rifiuti raccolti accidentalmente in acqua, salata o dolce che sia, sarebbero classificati come rifiuti urbani. Ciò comporta che saranno i Comuni a doversi occupare della loro rimozione e avviamento allo smaltimento o al recupero.

Ma chi paga per questo servizio? È stato proposto di istituire una specifica componente della tassa rifiuti. Ma, ancora: chi stabilisce i criteri e le modalità di calcolo di tale componente? Per farlo sarebbe necessario, tanto per cominciare, avere dati precisi sui quantitativi raccolti e gestiti dal servizio comunale: chi avrà l’obbligo di fornire tali dati? Chi – banalmente – peserà i rifiuti conferiti?

Tali aspetti devono essere chiariti: negli avvisi di pagamento della tassa rifiuti comunale, infatti, verrà indicato l’importo dovuto per tale specifico servizio di cui beneficerà l’intera collettività.

Ci sarà qualcuno che protesterà? Perché allo stato dell’arte saranno tenuti a pagare solo gli abitanti delle località dove saranno ubicati gli impianti di trattamento sulla base della tariffa stabilita annualmente dal proprio Comune. Tra l’altro, ciascuno è dotato di un proprio regolamento, che andrà modificato dal consiglio comunale. Insomma, sembra facile…

Tuttavia, nonostante il contributo quasi di default – per un paese come il nostro – dell’Ufficio complicazione affari semplici, prendendo spunto dalle proposte emerse durante le audizioni e coordinandole, si potrebbe arrivare a un buon testo di legge, in tempi brevi.

Basterebbe che le forze politiche parlamentari, per una volta d’accordo su un tema su cui appunto tutti si dichiarano d’accordo, si assumano il compito – non poi così difficile, ci verrebbe da dire – di completare l’opera iniziata.