a cura di

Rodolfo Ruocco

Tavares rassicura e minaccia

Rassicurazioni, minacce, rassicurazioni, minacce. Torino sciopera; difende Mirafiori, la capitale dell’auto dell’ex impero Fiat. Carlos Tavares e John Elkann sono categorici quando nel gennaio 2021 annunciano la nascita di Stellantis: niente tagli con la nuova società frutto della “fusione paritaria” tra Fiat Chrysler Automobiles e il gruppo francese Peugeot-Citroen. Assicurano: «Il nostro impegno per la fusione è non chiudere nessuno stabilimento produttivo».

Mirafiori, Carlos Tavares

Carlos Tavares

Anzi Tavares si spinge più in là: «Per l’Italia la buona notizia è che Stellantis farà da scudo, da protezione per alcuni stabilimenti, non rappresenta un rischio». Ma in nemmeno tre anni scoppia il dramma: svanisce lo “scudo” per gli impianti italiani. L’amministratore delegato di Stellantis nel dicembre 2023 chiude la fabbrica Maserati di Grugliasco, in Piemonte. È un lugubre monito. L’impianto fortemente voluto da Sergio Marchionne e intitolato a Gianni Agnelli andava bene: produceva 55.000 Maserati nel 2017, ma è chiuso perché poi boccheggiava (l’anno scorso allestiva appena 8.000 auto di alta gamma). Operai, tecnici, impiegati e produzione sono trasferiti a Mirafiori, fabbrica già in forte difficoltà.

La tragedia è solo all’inizio. Tavares ai primi dello scorso febbraio reclama dal governo italiano altri incentivi economici a sostegno delle auto elettriche e ammonisce: sono possibili “tagli” a Pomigliano D’Arco e a Mirafiori. Soprattutto la fabbrica torinese soffre una crisi profonda. Cresce la paura, partono degli scioperi spontanei degli operai. La paura è alta perché la Fiat 500 elettrica è in forte affanno e le due auto Maserati rimaste sulle linee di montaggio tirano pochissimo. La produzione è in picchiata. La cassa integrazione, i prepensionamenti, gli incentivi economici all’esodo e i licenziamenti coinvolgono tutto il settore auto piemontese, in crisi per la caduta delle commesse di Stellantis alle aziende della componentistica.

Linea di montaggio della Fiat 500 elettrica a Mirafiori

A metà febbraio l’amministratore delegato del gruppo italo-franco-americano usa toni rassicuranti: «C’è un futuro per gli stabilimenti di Pomigliano D’Arco e di Mirafiori». Ma si tratta solo di una dichiarazione di principio. Soprattutto per Mirafiori mancano progetti e fatti convincenti. Gli scarsi investimenti producono il disastro. I sindacati e il ministro Urso chiedono il rilancio della fabbrica. Se Stellantis dovesse nicchiare i sindacati e il ministro delle Imprese e del made in Italy propendono per l’arrivo di un secondo produttore di auto in Italia, non escludendo una casa cinese. Anzi Urso sollecita un aumento della produzione delle macchine in Italia ad almeno un milione l’anno dal baratro di circa 450.000.

Tavares non vuol sentire parlare dell’arrivo in Italia di una casa automobilistica del Dragone. I primi di aprile impugna l’ascia: «La concorrenza cinese potrebbe far chiudere dei siti» di Stellantis nella Penisola.

Comizio allo sciopero dei metalmeccanici a Torino

Lo scontro è durissimo. Sciopera Torino. Venerdì 12 aprile, per la prima volta dopo 15 anni, scioperano per 8 ore in modo unitario i metalmeccanici di tutto il settore auto del capoluogo piemontese. Protestano i lavoratori di Mirafiori e delle aziende di componentistica. Un corteo di circa 12.000 persone attraversa Torino chiedendo investimenti e fatti per Mirafiori ridotta in coma. Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl, Associazione Quadri vogliono che Torino torni ad essere la capitale dell’auto. Chiedono un nuovo modello di massa da affiancare alla 500 elettrica, l’obiettivo è di 200.000 vetture l’anno mentre nel 2024 la fabbrica sta sprofondando verso 50.000 (ancora nei primi anni 2000 la produzione toccava quasi quota 250.000). Lo slogan della manifestazione è: «Il rilancio di Torino parte da Mirafiori».

Stellantis realizza grandi profitti. Anzi i maggiori utili, per ironia della sorte, arrivano dai modelli Fiat, il marchio al primo posto delle vendite del gruppo.  Ma la maggior parte delle auto Fiat sono costruite all’estero e non in Italia.  Adolfo Urso ribadisce la volontà del governo di «aiutare l’azienda ad arrivare a un milione di vetture» ma basta «con l’anomalia italiana di un solo costruttore. Ne servono altri, anche cinesi». La spunta su un punto. Stellantis cambia il nome alla nuova Alfa Romeo: non si chiamerà più Milano ma Junior, dopo l’altolà del ministro perché la macchina sarà prodotta in Polonia e non in Italia.

Adolfo Urso

La caccia all’auto elettrica cinese è partita. La concorrenza dell’ex celeste impero fa paura per i costi di produzione più bassi. Ma tra importare macchine dal Dragone e dare il disco verde a una fabbrica di auto cinesi la differenza è grossa. Nel secondo caso l’investimento dà lavoro e crea ricchezza nel paese europeo ospitante. La corsa è già cominciata a chi cattura un costruttore della Repubblica Popolare Cinese. L’Ungheria di Orbàn arriva prima: la Byd costruisce uno stabilimento nel paese magiaro. Al secondo posto si piazza la Spagna di Sànchez: il premier socialista spagnolo sta discutendo con la Chery l’avvio di un impianto vicino a Barcellona. Farebbe tombola: la Spagna non possiede una casa automobilistica nazionale ma grazie a una intelligente politica d’incentivi e di infrastrutture costruisce ben 2.400.000 macchine l’anno, opera di ben cinque diversi gruppi esteri. Chery, con la quale era in contatto anche l’Italia, sarebbe la sesta.

Elkann, molto impegnato nella contesa giudiziaria con la madre Margherita Agnelli per questioni di eredità, tace. Tavares in Italia aziona l’allarme rosso contro la Cina ma appena si sposta in un altro paese suona un’altra musica. Il caso della Leapmotor è esemplare. Gira una doppia morale. Il timoniere di Stellantis ha comprato il 21% delle azioni dell’azienda cinese e ora la Leapmotor potrebbe produrre un’auto elettrica in Polonia. Invece l’opzione Mirafiori, della quale si era parlato, sembra del tutto sfumata. Sciopera Torino. La partita è tutta aperta. È in gioco un pezzo importante delle struttura industriale italiana. L’auto resta una preziosa cassaforte per l’occupazione e lo sviluppo tecnologico nazionale.

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