Viaggiando sulle autostrade Europee non si può fare altro che notare il numero importante di TIR che corrono verso le grandi metropoli. A parte le classiche merci industriali una gran parte di questi camion trasportano quello che ogni giorno troviamo nei nostri piatti. Questi movimenti continui ci hanno abituati a trovare sulle nostre tavole anche d’inverno un frutto che l’Italia ha saputo trasformare in opera d’arte, ovvero il nostro caro pomodoro.

Però spostare tutte queste merci ha un costo ecologico notevole che viene sempre più contestato dai cittadini che preferiscono scelte eco-responsabili. Spostare un pomodoro alla fine vuole dire soltanto trasportare acqua, sole e qualche grado in più, usando però una grande quantità di petrolio. L’acqua e il sole essendo disponibili anche al Nord diventa possibile immaginare la soluzione per dare alle piante la possibilità di crescere più vicino al consumatore anche nelle zone più fredde del nostro continente.

Basta solo un bel po’ di ingegno.

Si prevede che nel 2050 l’80% della popolazione Europea vivrà nelle grandi metropoli e diventa quindi importante immaginare come produrre il più possibile frutta e verdura biologica a chilometro zero. C’è da scoprire come sfruttare ogni spazio vuoto disponibile nelle città abbinandolo a tecniche agricole spesso di alta tecnologia ma anche a nuovi modi di distribuzione. Così è nata l’agricoltura urbana moderna.

Per osservare queste trasformazioni si può studiare l’esempio di Parigi, terza metropoli europea. I dati del 1891 mostrano che l’80 % dei prodotti delle Halles di Parigi venivano dalla regione parigina. Nel 1930 ancora il 60 %. Ed oggi solo più il 2 %!

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Quando si parla di agricoltura subito si pensa a grandi campi o distese di serre perché produrre cibo spesso richiede tanto spazio, spazio ovviamente scarso in una città come Parigi dove quasi ogni metro quadro viene usato per attività commerciali più redditizie. Però in certi casi si possono trovare luoghi vuoti dove sperimentare per cercare di creare la formula giusta. Nelle grandi città esistono numerosi punti sotterranei che per varie ragioni non sono più usati.

È il caso dei parcheggi che assomigliano molto ad una grotta naturale. Cosi è nata nel 2018 la ben denominata “Caverne“, un’azienda biologica, che sfrutta un piano intero di un parcheggio per produrre funghi shitaké e funghi ostrica, con un raccolto di circa 600 kg a settimana, e insalata belga, oltre 2 tonnellate settimanali.

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Se il sotto terra è particolarmente adatto ai funghi comunque si possono anche coltivare altre piante grazie alle nuove tecnologie, tra cui i LED che consumano pochissima energia. Si può scegliere la lunghezza d’onda adatta ad ogni fase di cultura delle piante e possono funzionare per anni senza richiedere manutenzione. Così diventa possibile coltivare insalate e fragole nelle profondità di Parigi. Sempre con muri interi di LED e per ottimizzare al meglio lo spazio si usano tecniche di coltivazione verticale ma anche sistemi idroponici per portare acqua e nutrimenti ad ogni pianta in modo ottimale. I cicli di luce di luce per stimolare giorno e notte, il PH dell’acqua, la quantità di fertilizzante in questa e tantissimi altri parametri vengono gestiti da algoritmi e dall’agricoltore direttamente dal suo smartphone.

Ma anche senza tutti questi processi complicati è possibile creare un’agricoltura più convenzionale usando una risorsa presente in ogni città, ovvero i tetti. Così si può usare la luce naturale del sole e anche la pioggia di cui Parigi non manca. Ovviamente non si può usare ogni tetto perché il peso della terra combinata a quello dell’acqua piovana può creare problemi strutturali per le costruzioni ma anche lì l’ingegnosità del neo agricoltore ha trovato la soluzione sostituendo la terra con biglie d’argilla per alleggerire le coltivazioni.

Photo by Javier Rincón on Unsplash

Sui tetti poi si possono anche posare delle serre per produrre tutto l’anno con la rotazione delle colture. E se manca qualche grado per produrre i pomodori in dicembre? La RATP (la ditta pubblica che gestisce la metropolitana Parigina) sta progettando di usare il calore prodotto da uno dei suoi data center per riscaldare una serra di 2000m².

Così tantissime altre grandi istituzioni parigine stanno incominciando a convertire i loro tetti per produrre cibo. Il BHV (uno dei negozi più celebri, grandi magazzini di Parigi, situato di fronte al municipio) ha creato nel 2016 un spazio di coltura di 1400m², dove crescono dei kiwi su letti di lana di pecora.

L’Opera Bastille di Parigi ha anche lei seguito il movimento creando nel 2018 un zona di 2500m² per coltivare anche delle zucche. Queste verdure hanno così una particolarità molto pregiata: mentre il classico zucchino è stato selezionato per resistere a giorni di frigorifero durante il trasporto, queste fattorie locali possono usare varietà selezionate proprio per il loro gusto.

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La lista di tutte le iniziative sarebbe troppo lunga, però per dare un’idea delle tante altre possibilità insolite c’è il campo di zafferano sul tetto di una grande scuola alberghiera, il luppolo che cresce in tantissimi piccoli spazi attraverso la capitale per produrre una birra 100% locale o anche i gamberi d’acqua che nuotano tranquillamente nei sistemi più avanzati di acquaponica. Cosi i celebri tetti di zinco parigini diventano sempre più verdi e abbondanti di vita.

Uno degli effetti secondari di queste trasformazioni è di abbassare la temperatura d’estate con la traspirazione delle piante che diminuisce la forza del sole di piombo. Attorno a questi grandi progetti ci sono iniziative più piccole con cittadini che creano per esempio giardini condivisi nei palazzi di abitazione.

I cittadini hanno anche il grande potere con le lore scelte di dove e come comprare, sostenendo tutte queste esperienze dandogli una viabilità economica. Cosi agiscono una miriade di attori, dalla piccola start-up, la ditta privata, ma anche il grande gruppo publico per scoprire le vie del futuro nelle grandi città.

Osservando una foresta si può notare il perfetto equilibrio tra le varie forme di vita presenti. Ogni pianta occupa la sua nicchia ecologica, la grande quercia centenaria dà ombra alle felci che a loro volta danno ombra al lichene sottostante. Ovviamente questo insieme non è del tutto pacifico perché ogni pianta lotta per ottenere le risorse necessarie alla sua crescita, però c’è anche una grande necessità di cooperazione come per esempio il micelio fungino presente nella terra che scambia nutrimenti vitali con le radici dei alberi (micorrize). Questi equilibri sono il frutto di milioni di anni di evoluzione.

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Ma anche i processi economici e sociali obbediscono a leggi evolutive naturali di rinnovo continuo in cui ogni organismo deve inventare per sopravvivere. Cosi l’agricoltura urbana è ancora nella sua fase di sperimentazione per scoprire nuovi modelli. Si spera comunque che tutte queste iniziative non siano solo un semplice greenwashing di cui la nostra società abusa senza limiti per motivi di semplice comunicazione.

Ed intanto guardando Parigi, la città delle luci, pensiamo che nascosti nelle profondità della metropoli ci sono muri interi di LED che fanno crescere delle fragole che saranno ancora più deliziose con un tocco di chantilly.

 

Foto di apertura di  Axel Mellin da Pixabay