Questa travagliata settimana, che ha visto nascere e tramontare, nel volgere di poche ore, il tentativo di far sorgere la “Superlega” dando vita, in tal modo, ad un pericoloso e doloroso “scisma” nel mondo del calcio, in particolare, e dello sport, in generale, non può essere archiviata senza operare alcune riflessioni sull’accaduto (o meglio su ciò che avrebbe potuto scaturirne).

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Certamente il tentativo dei 12 clubs calcistici, tra i più titolati del mondo, segnala un momento di crisi del settore. Sullo strappo consumato è necessario operare più di una considerazione. Invero, anche la gestione della crisi, se ben condotta può far emergere la crescita del settore. Non possiamo non considerare che l’ipotesi paventata di dar vita alla Superlega affonda le sue radici nella grave crisi economica che il sistema mondiale sta attraversando a causa della pandemia. Tuttavia, la soluzione ipotizzata, con la logica dei più forti, non era un valido antidodo alla crisi. Ciò che maggiormente dispiace rilevare è che, malgrado i 15 mesi di evidenti sacrifici collettivi, non sia passato il messaggio che non ci si salva da soli adottando pratiche egoistiche, in evidente contrasto con la solidarietà, necessaria per uscire dalle difficoltà. A ben vedere la crisi non riguarda il solo mondo del calcio, ma quello dello sport in generale e la sua origine non è imputabile esclusivamente a quanto causato dai contagi da Covid 19.

Invero, la eccessiva disinvoltura con la quale sono state poste in essere situazioni di indebitamento, non sostenute da concreti ed attuabili piani di rientro, nonché la totale assenza dei seri controlli, hanno prodotto gli scompensi che oggi si cerca di risolvere attraverso soluzioni di comodo, fuori dalle norme che regolano lo sport, originate da un impianto solidale.

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Di contro, da qualche tempo, nel mondo sportivo stanno prevalendo posizioni di comodo di natura egoistica in luogo di una sinergia di sistema finalizzata a far crescere l’intero comparto.

In assenza di un ministero dello Sport, stabile e dotato di portafoglio, si è attuata una strategia politica atta ad incrinare la primazia del CONI, al quale è stata contrapposta, senza specificarne le competenze, la società “Sport e Salute”. Tale operazione ha incrinato l’autorità del CONI sulle singole Federazioni ed ha prodotto il concreto rischio di andare alle Olimpiadi senza la bandiera nazionale (è stato necessario un decreto legge il n. 5 del 2021 per scongiurare il pericolo). Anche la mancata condivisione relativa ai decreti legislativi, che dovrebbero dettare la nuova struttura dello sport, è sintomo di tale malessere.

Nel settore calcistico la insufficienza di una strategia comune, idonea a consentire la tutela dell’intero settore, in particolare delle società dei dilettanti, ha acuito le conseguenze della pandemia.

Per uscire rinforzati e non indeboliti dalla crisi, mostrata in tutta la sua evidenza dalla “Superlega”, ma, con origini ben più lontane e diverse, sarà necessario riscoprire l’autorevolezza dei vertici e la comunità di intenti. A tale ultima finalità non possono rimanere estranei gli atleti ed i tifosi che costituiscono, a vario titolo, il motore agonistico ed affettivo della macchina.

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Non dovranno più essere consentire situazioni di eccessivo indebitamento, né tollerate vicende contrarie alla regola generale dello sport: quella della lealtà. Non è possibile pensare che quando si hanno compiti a tutela di tutti si facciano politiche “ego centrate” a tutela di pochi (o solo di se stessi). Tale situazione è apparsa ancora più intollerabile perché è stata attuata (o voleva essere attuata) nel disprezzo delle norme e, cosa che è ancora più grave, della solidarietà che un sistema quale quello sportivo deve avere.

Solo il recupero dell’autorevolezza dei vertici, dal C.I.O. al C.O.N.I., dalla FIFA, alla FIGC, potrà consentire la rinascita dello sport ed il superamento delle difficoltà in cui versa.

Tale autorevolezza potrà essere, ulteriormente, consolidata accrescendo l’autonomia e la indipendenza della giustizia sportiva il cui compito è quello di ricondurre a norma i comportamenti viziati, restituendo al sistema la sua necessaria regolarità.

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