Cesare Pavese scrisse nel suo maggiore, ultimo romanzo La luna e i falò: “Che cos’è questa valle per una famiglia che venga dal mare, che non sappia niente della luna e dei falò? Bisogna averci fatto le ossa, averla nelle ossa come il vino e la polenta, allora la conosci senza bisogno di parlarne.”

Campagna umbra, Gubbio sullo sfondo, foto di Maria Teresa Magni

Ma esiste ancora il mondo evocato dal suggestivo libro di Pavese, con tutto quello che il paesaggio rurale rappresenta per le nostre radici e la nostra stessa umanità, se oggi la campagna, complesso ecosistema a fondamento della salvaguardia ambientale, come drammaticamente scrive Ceronetti (La fragilità del pensare), “sanguina per i misfatti dell’intelligenza umana”?

L’aggressione all’ambiente, in molteplici modi, è un dato, mentre gli eventi naturali (cambiamento climatico, eventi sismici, i più recenti nell’Italia centrale, soprattutto in Umbria e nelle Marche) e la recente epidemia da coronavirus hanno rappresentato per le aziende multifunzionali come quelle agricole – nelle quali l’azienda agricola è sempre più di frequente anche agrituristica e fattoria didattica, attività connesse che ne garantiscono redditività e opportunità di sviluppo – una desolante battuta d’arresto.

La perdita di fatturato, che soprattutto gli agriturismi hanno registrato per via della recente emergenza sanitaria, si è attestata nel 2020 tra il 30 e il 70%, con valori che i decreti governativi per il sostegno a questo importante settore della nostra economia non sono stati in grado, se non molto marginalmente, di compensare. Troppo poco per un settore strategico come l’ospitalità rurale, che ha necessità di una legislazione ancora più efficiente e coordinata e di misure strutturali piuttosto che assistenziali.

La funzione strategica del turismo rurale è stata sinora quella di preservare e accrescere – attraverso un recupero spesso di grande valore storico e paesaggistico – il patrimonio architettonico delle nostre campagne e la rete di servizi collegati, parte integrante di un’economia sostenibile che si fonda sulla transizione ecologica dell’agricoltura, meglio quindi se biologica, in connessione con il tessuto sociale protagonista di questa trasformazione.

Un processo in atto da molti anni, che trova nella politica agricola dell’Unione Europea – le cui caratteristiche abbiamo già esaminato in un precedente contributo – il principale volano di spinta nella creazione di aziende multifunzionali, orientando anche i finanziamenti dei PSR (piani di sviluppo rurali) nel senso di una interazione coordinata dei vari interventi, sia sul piano agricolo sia su quello delle attività connesse. La trasformazione digitale è stata l’altro motore trainante la crescita agricola, quella energetica è largamente insufficiente per il freno politico rappresentato in Italia dal confitto tra solo rinnovabili, dal forte impatto ambientale, e un insieme equilibrato di rinnovabili (solare, eolico) e di fonti energetiche tradizionali (gas naturale per la produzione di idrogeno, energia nucleare).

Strada rurale e campo coltivato, foto di Guido Bonarelli

Proprio questa solidità raggiunta negli anni ha permesso a molte aziende agri-turistiche (circa il 13% della potenzialità ricettiva in posti letto secondo i dati Istat 2019) di rispondere meglio di altre, malgrado la gravità della situazione, all’inedita crisi del 2020, nei mesi di chiusura con l’offerta dei propri prodotti, valorizzando le filiere locali e attivando sistemi di consegna diretta con spedizione anche a distanza, nei mesi di apertura estiva attraendo un turismo quasi interamente di prossimità, che soprattutto le aziende con caratteristiche strutturali più “sicure” (appartamenti con percorsi e aree indipendenti anche negli spazi esterni dedicati ad attività ricreative e sportive) hanno potuto garantire.

La ripartenza estiva del 2020 ha rivelato elementi interessanti, ne citiamo alcuni: il minor successo dei portali, le cosiddette OTA (Online Travel Agencies), nonostante l’aumento del traffico su internet, dovuto a motivi come la ricerca di un rapporto diretto e di maggior convenienza, visto anche il peso delle percentuali pagate dalle strutture per le prenotazioni procurate, e l’utilizzo del bonus vacanze ideato dal governo, che ha consentito a molte famiglie di abbattere una parte se non l’intero costo del soggiorno, ma che impone il taglio dell’intermediazione delle OTA; l’opportunità di socializzazione che la vacanza estiva, dopo mesi di forzato lockdown, ha offerto alle famiglie vincolandole d’altra parte a un turismo tutto italiano; il rapporto con un ambiente naturale “sicuro” come quello rurale.

Secondo le previsioni il ritorno a una piena normalità non si verificherà fino al 2024. La capacità di reazione delle aziende ha dimostrato che  vedere in questo momento critico un’opportunità e non un ostacolo è la scommessa imprenditoriale odierna degli agricoltori che offrono ospitalità.

Immagine di apertura: paesaggio rurale, di Maria Teresa Magni