Per accedere alla bottega storica di Dante Mortet si attraversa Palazzo Pascucci, più noto ai romani come Palazzo della Scimmia, e non si può fare a meno di sentirsi immersi in un’altra epoca, sensazione che si fa ancora più vivida e intensa all’interno della bottega dove si viene subito colpiti dalle forme e dall’odore della cera.

Dante, intento nel suo lavoro, mi viene incontro con indosso il suo grembiule da lavoro e be’, che dire, già so che ci sarà molto da imparare e soprattutto da trasmettere.

Dante mi racconta che la sua famiglia è in questa bottega da circa 80 anni e in Italia da 150 anni, definendo la sua famiglia “maestri del precariato”. Si trasferiscono in Italia alla metà dell’800 dalla Francia, quando c’è una forte migrazione di artigiani in Toscana. La bottega Mortet si costituisce a Firenze da Aurelio Mortet e, tra alterne fortune, va avanti insieme ai figli, alcuni vengono avviati nell’intaglio del legno mentre Armando e Dante nell’arte del cesello. Alla fine dell’800 la bottega Mortet di Firenze vince un concorso e si trasferisce a Roma poiché con la costituzione dei nuovi ministeri in occasione dell’Unità d’Italia ricevono l’incarico di abbellire e creare oggetti di arredo per il ministero del Tesoro. La bottega in questi anni prende forza ma con la crisi del ’29 si deve ridurre fino alla totale chiusura. La famiglia continua a lavorare in casa e nel dopoguerra riapre in quella che sarà la bottega odierna. Aurelio e Virgilio fondano la bottega Mortet di oggi e la gestiscono fino agli anni ‘70/’80 quando subentra l’attuale generazione composta da Dante e suo fratello Andrea, che portano avanti la tradizione familiare ma sempre con il padre, il maestro Aurelio, che a più di 85 anni continua a sovrintendere tutti i lavori.

Tra le opere più importanti realizzate dalla famiglia Mortet, Dante menziona subito la Spada della Vittoria realizzata da suo nonno Dante per il re Vittorio Emanuele II quando fu inaugurato il Vittoriano, dove è tutt’ora conservata. Mi racconta inoltre dei lavori realizzati negli ultimi 150 anni per i vari pontefici, tra i quali la penna con la quale Giovanni XXIII firmò l’Enciclica del 1963 e ancora l’anello per papa Paolo VI e poi altri lavori per Giovanni Paolo II per il quale Dante, con grande devozione e sentimento, realizzò un ritratto bassorilievo in oro. Il Vaticano è stato sempre presente fra i lavori della bottega Mortet specializzata anche in arte sacra, un’arte applicata alla liturgia che richiede una grande conoscenza dei vari simboli, un’arte difficile ma, sottolinea Dante, un’arte di tradizione soprattutto a Roma.

Uno dei fiori all’occhiello della bottega Mortet sono le fontane che nascono con Dante senior negli anni ’20 con la realizzazione della Fontana delle Tartarughe, scelta e molto richiesta per la magia della piazza, la bellezza della fontana vista da tutti i lati, la sua storia e le sue dimensioni. In seguito, ci fu un episodio molto importante in occasione del matrimonio di Tyrone Power e Linda Christian per i quali Bulgari produce come regalo di nozze un bracciale con delle piccole fontane d’oro che vennero realizzare dalla bottega Mortet. Da questo momento la bottega inizia a produrre le fontane in argento e bronzo di varie dimensioni per importanti negozi come Petochi a Piazza di Spagna, Vestroni al Pantheon e per clienti noti come Giulio Andreotti o il re di Spagna per il quale fu realizzata la Fontana della Barcaccia o per la moglie di Busch per la quale, non potendo visitare Piazza Navona per motivi di sicurezza, furono realizzate le 3 fontane del Bernini di Piazza Navona e posizionate come centro tavola in occasione di una cena istituzionale.

La bottega Mortet lavora e continua a lavorare con i calciatori realizzando per loro riproduzioni di coppe e non solo. Per Dante il calciatore è un gladiatore moderno, il Colosseo e i gladiatori rivisti in chiave moderna come lo stadio e i calciatori e proprio da questo concetto nasce l’idea della scultura del piede. Tra quelle realizzate fino ad oggi possiamo citare il piede di Pelé che, posizionato su un piedistallo, ci trasmette proprio l’immagine di un gladiatore che attraverso il piede ha raggiunto la propria fortuna: Lo strumento del piede è, infatti, la fortuna dei calciatori e della loro famiglia, quindi la scultura in bronzo rimarrà per sempre all’interno della famiglia come ricordo e identità della stessa.

Dante non si definisce artista, non è quello a cui tende, il suo obiettivo, specificando e riconoscendo di avere delle origini molto semplici, è realizzare degli oggetti che possano creare delle emozioni, se l’arte è un’emozione, sottolinea Dante, allora sono un’artista.

Da questo concetto nasce l’idea di mano artigiana che mette, anzi, vuole rimettere, al centro del processo produttivo la manualità, la mano è l’italianità, siamo noi, il Made in Italy nasce da quello strumento umile che è la mano, che apprende tutto quello che c’è nel cuore e nella mente e lo trasforma attraverso la vera e propria fatica e costruisce emozioni, è quindi il fine ultimo di questi tre elementi, occhi, mente e cuore che si coniugano tra di loro.

L’artigiano con la propria mano trasforma la materia e la rende sogno per conto terzi, con la tecnica antica quindi l’artigiano realizza l’oggetto e restituisce al committente il suo pensiero, il suo sogno cercando di interpretarlo e renderlo emozione.

La prima mano realizzata da Dante fu la mano del padre, la mano che gli ha trasmesso il mestiere, che gli ha permesso di vivere nella bellezza del mondo dell’artigianato e che gli ha fatto girare il mondo. In realtà Dante mi racconta che il padre si era già fatto la propria mano come modello delle mani della scultura di San Paolo della Croce.

Dante definisce la mano artigiana un progetto senza tempo durante il quale realizzerà le mani delle persone note che riuscirà ad incontrare negli anni: tra le più famose ad oggi quelle di Ennio Morricone, di cui parla con tanto affetto e ammirazione, di Robert de Niro, incontrato nel suo appartamento di New York e di cui ricorda l’estrema semplicità, di Quentin Tarantino per il quale realizzò la prima scultura di mani per il set cinematografico del film The Hateful Eight, e molti altri.

Dante mi racconta con molta soddisfazione della scultura realizzata per la città di Latina che rappresenta le mani “abusate” dei braccianti extracomunitari che lavorano nell’Agro Pontino. Qui la mano ha la funzione di riscattare la storia di questi lavoratori infangati nella loro dignità, umiliati e non pagati. Con questa scultura, nel suo piccolo Dante è riuscito a far condividere questo messaggio con le Autorità, la Comunità Europea, il Comune di Latina e le varie Associazioni locali. L’importanza del monumento è che testimonia e racconta tutti i giorni la loro storia.

Un altro progetto di cui Dante è molto orgoglioso è la grande mano sotto il ponte di Brooklyn e quella del Museo della Migrazione di Genova. La bottega Mortet grazie al contributo del Museo di Genova e delle comunità di italiani negli Stati Uniti stanno realizzando una joint venture per poter portare il simbolo della mano italiana sotto il ponte di Brooklyn e al Museo di Genova.

Quella di Brooklyn, sarà una grande mano di circa 3 metri dal titolo We come from there che da Manhattan indicherà l’Italia e sarà il simbolo delle mani degli Italiani immigrati in America che, con il loro lavoro e la loro passione, hanno riscattato la propria identità in una terra molto generosa e servirà inoltre a non dimenticare mai da dove veniamo.

Dall’altra parte, sotto la Lanterna di Genova, dove stanno costruendo il Museo della Migrazione, verrà collocata una mano che rappresenta l’ultima mano che gli italiani guardavano prima di partire ed indicherà le Americhe.

Ecco che la mano di Latina, di Genova e New York saranno un simbolo che ci permetterà di parlare di migrazione, di fare dei paragoni e di riflettere sul tema che le mani di Latina non hanno quel background, quel sapere antico e artigiano che hanno le mani italiane, che non sono migliori, ma che nel passato hanno avuto delle opportunità in più perché quelle mani sapevano costruire un futuro.

Quindi Dante sottolinea il concetto di ripartire dalla manualità in chiave contemporanea e rimetterla al centro del processo produttivo italiano perché la mano crea un’economia concreta, sostenibile e conosciuta e riconosciuta in tutto il Mondo.