Come è noto, nel dicembre scorso l’Unione europea e il Regno Unito, dopo un lungo negoziato, hanno raggiunto un accordo su come gestire i loro rapporti dopo la Brexit.

Quello che è meno noto è che quell’accordo, denominato “Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione”, non contempla alcuna misura relativa all’equivalenza per i servizi finanziari (tra di essi i servizi bancari e assicurativi), che pure costituiscono una parte assai rilevante degli scambi tra il Regno Unito e gli Stati UE. La mancanza di un accordo sul tema considerato ha stupito gli osservatori vista – come detto – la rilevanza del settore.

Nella materia considerata i negoziati tra le parti sono continuati anche nei primi mesi del 2021 fino all’accordo, raggiunto il 26 marzo scorso, circa la firma di un Memorandum d’intesa. Esso, tuttavia, si limita ad istituire un forum di dialogo che dovrebbe permettere ai regolatori finanziari delle due parti di evitare incompatibilità e sovrapposizioni nella regolamentazione dei servizi finanziari. Al momento non è stato possibile fare di più e tra gli operatori resta la preoccupazione per il futuro degli scambi concernenti tale importante settore dell’economia.

Un altro settore nel quale va sottolineata la mancanza, per ora, di un risultato soddisfacente tra le due parti, è quello della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale. In tale settore il Regno Unito, già prima della Brexit, partecipava soltanto a parte dei regolamenti comunitari che si occupano della materia.

Dopo il recesso dall’UE la maggior parte della normativa comunitaria vigente in tale settore è stata sostituita, dal Regno Unito, con fonti di diritto interno.Va ancora sottolineato che, recentemente, la Commissione europea ha dato parere negativo, in una comunicazione rivolta al Parlamento europeo e al Consiglio, circa l’autorizzazione all’adesione del Regno Unito alla Convenzione di Lugano del 2007, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, strumento fondamentale per la cooperazione giudiziaria nelle materie indicate. Per la Commissione, infatti, detta convenzione «è una misura di accompagnamento del mercato interno e si riferisce al contesto UE-EFTA-SEE» (del quale il Regno Unito non è parte).

Non soltanto i rapporti tra Unione europea e Regno Unito stanno vivendo un difficile periodo post-Brexit. È da segnalare, infatti, il recente comunicato con il quale il governo svizzero ha deciso di abbandonare il tavolo negoziale con l’UE concernente un accordo quadro destinato a regolare i rapporti tra le due parti. Ciò in quanto – secondo quanto dichiarato dai negoziatori svizzeri – l’intesa, nei termini richiesti dalla Commissione, avrebbe un costo troppo grande quanto a cessione della sovranità nazionale. Restano, quindi, in vigore i circa 120 trattati bilaterali stipulati, alla fine del ‘900 e all’inizio del nuovo secolo, tra UE e Svizzera nelle materie più diverse.

Tali accordi, tuttavia, sono destinati ad invecchiare e renderanno, negli anni, più complesso e difficile il rapporto tra le due parti. La Commissione, dal canto suo, ha avvertito che «non saranno concluse nuove intese con la Svizzera e quelle esistenti potrebbero non essere aggiornate».

I due esempi sopra citati spiegano in maniera esemplare le difficoltà dei rapporti tra l’Unione europea e due dei suoi maggiori partner commerciali (la Svizzera è il quarto partner commerciale dell’UE, mentre oltre il 50% delle importazioni e un po’ meno del 50% delle esportazioni del Regno Unito riguardano l’Unione europea).

D’altro canto, la partecipazione al mercato interno comporta ingenti vantaggi per coloro che ne hanno l’accesso ed è giustificato chiedere a tutti i partecipanti il rispetto delle medesime regole.

A tale proposito, la Conferenza sul futuro dell’Europa, apertasi poche settimane fa e che durerà fino al giugno 2022 è l’occasione per discutere sul ruolo dell’UE nel mondo, vale a dire, tra gli altri temi proposti (quali la politica estera e di sicurezza comune, la cooperazione allo sviluppo e gli aiuti umanitari), sulla politica di vicinato con quegli Stati che, per i motivi più diversi, non possono o non vogliono fare parte dell’Unione europea.

A tale scopo, naturalmente, sarà necessario che i soggetti interessati mettano da parte rivendicazioni e ripicche reciproche per individuare una strada lungimirante, che conduca – nel lungo periodo – ad una partnership vincente per tutti.