Il grande successo della nostra nazionale a Wembley sembra portare una ventata di aria fresca nel secondo anno dominato dalla pandemia. Tuttavia negli ultimi mesi é passato inosservato un altro importante successo: il governo guidato da Mario Draghi ha dato un impulso particolarmente proattivo alla politica estera italiana. Dalle arene multilaterali alle coste del mediterraneo, l’Italia sta riacquistando un ruolo di spicco, che ne accresce il prestigio e quindi aumenta l’incisività della sua azione diplomatica. Questo é stato chiaro sin dai primi giorni di attività del nuovo esecutivo, quando fu imposta la sospensione dell’esportazione dei lotti di vaccino AstraZeneca diretti in Australia.

Stabilizzare Mediterraneo, Sahel e Medio-oriente

Recep Tayyip Erdoğan – Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Non bisogna poi etichettare come mero incidente la netta presa di posizione del Presidente del Consiglio nei riguardi del presidente Turco Recep Tayyip Erdoğan, definito senza mezzi termini un dittatore. Questa dichiarazione è stata il manifesto del rilancio della politica estera sotto il governo Draghi motivato da un supporto incondizionato alle istituzioni europee, un allineamento su tematiche care all’amministrazione Biden quali i diritti umani ed infine il ruolo dell’Italia quale stabilizzatore delle dinamiche mediterranee rispetto alle azioni avventate di taluni attori nel contesto libico.

Ed è proprio nel teatro libico che l’Italia sta giocando tutte le sue carte. Siamo passati dall’apice della tensione nel Maggio 2019, quando Tripoli sembrava essere destinata a cadere nelle mani del Generale cirenaico Haftar, ad un lento processo di riassestamento dei fragili equilibri interni, grazie anche al costante lavoro della nostra diplomazia, che ha portato all’elezione di un nuovo governo di unità nazionale al Forum di Ginevra nel febbraio 2021. Il nuovo governo Italiano è stato capace di coglierne i frutti, solidificando il rapporto tra le due sponde del mediterraneo attraverso un’intelaiatura di relazioni politico-economiche. Ecco dunque i frequenti incontri istituzionali culminati con la visita di Draghi a Tripoli lo scorso aprile, l’apertura del consolato onorario nel Fezan, l’istituzione di un delegato speciale per la Libia (oggi l’ambasciatore Pasquale Ferrara), l’addestramento della Guardia costiera libica da parte della missione Ue Irini e i vari progetti infrastrutturali affidati a imprese italiane, tra i quali spiccano la ricostruzione dell’aeroporto di Tripoli e la realizzazione dell’autostrada costiera.

Al fine di promuovere l’interesse primario della stabilizzazione del mediterraneo, il nostro raggio di azione è penetrato in profondità nelle regioni sub-sahariane, come previsto dal primo documento italiano di policy strategica concernente il continente africano. Focus dell’azione é stato un progressivo rafforzamento della nostra attività militare in chiave anti-jihadista in Niger ed in Mali (task force multilaterale Takuba). La priorità italiana per gli sviluppi regionali è stata poi proiettata in chiave europea attraverso la nomina di Natalina Cea a capo della missione dell’Unione europea di assistenza alle frontiere libiche (Eubam) e dell’ex vice ministra agli Affari Esteri Emanuela Del Re a Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Sahel.

L’Italia ha poi dimostrato il suo ruolo primario nella promozione della pace assumendo la guida di due missioni internazionali: la forza di addestramento in Iraq e quella di pattugliamento aereo NATO nei paesi baltici, che si aggiungono alla storica guida italiana dei contingenti in Libano ed in Kossovo. Interessante notare inoltre la nostra consistente partecipazione a due recenti missioni di pattugliamento navale, nel Golfo di Hormuz e nel Golfo di Guinea.

Il fronte Europeo e la sponda atlantica

Sul fronte Europeo, si consolidano in modo particolare le nostre relazioni con Parigi. L’alleanza Draghi-Macron ha aperto un capitolo di convergenza di interessi sull’assetto del Mediterraneo in un quadro precedentemente dominato da significative divergenze di vedute. Ormai in dirittura d’arrivo è il Trattato del Quirinale con il vicino d’oltralpe, come testimoniato dalla fine della “dottrina Mitterrand” ed il conseguente arresto su richiesta dell’Italia di sette ex terroristi delle “Brigate Rosse”. La cooperazione franco-italiana si concretizza particolarmente sul frangente della cosiddetta “autonomia

Tony Blinken – foto di Center for a New American Security

strategica” dell’UE, ed in particolare nel comparto dell’industria della difesa, come nel caso della produzione congiunta del sistema missilistico Samp/t NG. Recentemente è stato anche presentato alla Camera un Progetto di legge per avviare un’integrazione rafforzata della difesa italiana nel sistema europeo PESCO, il quale permette lo sviluppo congiunto di progetti militari come il nuovo veicolo da combattimento italo-tedesco. Con la Germania di Merkel il nuovo esecutivo italiano appare in perfetta sintonia, in particolare sulle modalità d’implementazione del Next Generation UE.

Ma è dall’altro lato dell’Atlantico che arrivano le vere sorprese. Sin dalla visita di Di Maio al suo omologo americano Blinken, la prima di un ministro europeo dopo le elezioni americane del gennaio 2021, si è andata formando una solida parntership strategica con l’amministrazione Biden. Gli Stati Uniti sembrano infatti appoggiare un’incisiva azione italiana nel mediterraneo. In cambio, l’esecutivo italiano sembra riprendere le tematiche di primaria importanza per Washington. Ecco dunque che all’audizione alla Camera il  ministro della difesa Guerini lancia un segnale ben chiaro, identificando quali minacce principali del nostro paese gli atteggiamenti aggressivi di Cina, Russia e Turchia. Si è deciso inoltre di non fermarsi alle dichiarazioni ma cementare il nuovo corso delle relazioni italo-americane con azioni concrete quali il blocco di Draghi all’acquisizione cinese di una compagnia italiana di semiconduttori, nonché l’attuale partecipazione di navi italiane alle manovre statunitensi nelle acque adiacenti alla Crimea. Da notare però come questo non abbia impedito a Russia ed Italia di continuare i loro “Business as usual”, con il recente annuncio di una possibile partnership tra i due paesi nell’ambito delle rinnovabili.

Multilateralismo ed azione economica

Sotto il profilo multilaterale, l’Italia è al centro di una vivace “summit diplomacy” che include la co-presidenza con il Regno Unito della 26a Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (COP26), la chairmanship del Ministeriale della Coalizione anti-Daesh e naturalmente la presidenza del G20. Quest’ultima si è preannunciata l’evento chiave per traghettare il mondo in una fase post pandemica focalizzata su una equa ripresa socio-economica.

Mario Draghi – Foto di European Parliament su Flickr

Infine vanno considerate le iniziative sul piano economico internazionale. La resilienza delle nostre aziende alla situazione pandemica è stata accompagnata da iniziative governative quali il “patto per l’export” della Farnesina, permettendo non solo di innescare una ripresa delle esportazioni (crescita del +3,5% nel I° trimestre 2021) ma anche di porsi come polo di attrazione di capitali esteri. Tali dinamiche positive potrebbero essere ulteriormente amplificate da recenti iniziative quali la formazione di una Zona Economica Esclusiva.

Tenere il ritmo

L’Italia dunque continua a muoversi lungo le principali direttrici della sua politica estera: l’atlantismo e l’europeismo. Bisogna notare tuttavia che negli ultimi mesi la nostra azione diplomatica è riuscita a ritagliarsi un proprio spazio di manovra che le permette di proiettare in maniera più incisiva il proprio interesse nazionale nell’arena internazionale.

Permangono però molteplici criticità da affrontare nell’immediato futuro. Prima su tutte la necessità di trovare in sede UE un accordo sugli sbarchi alla quale si associa la necessità di concretizzare una strategia UE-Africa per lo sviluppo sostenibile, in considerazione anche della diminuzione italiana degli aiuti allo sviluppo. A questo si aggiunge la gestione di numerose zone a rischio di implosione: l’Afghanistan, l’Etiopia, il Libano ed il Mozambico. Da non tralasciare è anche il rilancio della cultura italiana su larga scala dopo vari scacchi subiti nel 2020 tra i quali il drastico taglio dei fondi destinati all’insegnamento dell’italiano in Francia, la chiusura di varie scuole italiane all’estero e la demolizione del Teatro italiano di Tirana.

Si preannuncia un secondo semestre 2021 denso di sfide. Vedremo se il governo Draghi sarà disposto a giocarsi il “whatever it takes” anche in politica estera.