Nel 1937 veniva pubblicata per la prima volta una raccolta di scritti giovanili di Albert Camus poi riedita nel 1958: Il dritto e il rovescio.

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Il grande scrittore francese, ancora oggi uno tra i più amati dai giovani, con questo titolo ci ricorda come non esista un fatto propizio che non nasconda il suo opposto.

Occorre pertanto vigilare, sempre, per evitare che i vantaggi possano poi tramutarsi in tragici danni.

L’indubbia crescita del benessere a livello planetario, pure con vaste aree tutt’ora penalizzate da condizioni di arretratezza intollerabili, è frutto dell’enorme sviluppo dell’economia mondiale del secondo Novecento. Tuttavia questa crescita, oltre ad avere una dinamica non omogenea in senso geografico, ha spesso prodotto nel tempo anche dei comportamenti eticamente non accettabili. Il dritto e il rovescio, appunto!

Esiste una zona d’ombra, ampiamente nota a chi opera nel mondo dell’economia, che delimita il lecito dall’illecito, in cui il lecito è sinonimo di comportamento formalmente corretto sul piano normativo/giuridico ma sostanzialmente scorretto su quello etico.

Si potrebbero portare innumerevoli esempi di questa attitudine a muoversi lungo questa zona d’ombra. Si pensi ad esempio alla devastante crisi finanziaria dilagata a livello mondiale nel primo decennio del Millennio, favorita da una diffusa reticenza da parte di spregiudicati operatori finanziari nell’informare i poveri clienti sull’alto rischio di alcuni prodotti e sui loro potenziali disastrosi effetti.

Ma ci sono altri comportamenti, nella zona d’ombra, meno evidenti e all’apparenza meno pericolosi ma egualmente in grado di produrre nel tempo altrettanti pesanti danni sociali.

Comportamenti che ripeto sono consentiti dalle norme ma non rispondono a un codice etico che tutti coloro che operano nel mondo dell’economia dovrebbero rispettare.

Mi riferisco alla diffusa pratica dell’accumulo di cariche da parte di personaggi celebrati del mondo economico, alla maniacale ricerca di vantaggi fiscali di alcune società con inevitabile riflesso sul piano delle risorse disponibili a fini sociali in un Paese, a determinate metodiche di remunerazione per

manager apicali, in voga nel mondo industrializzato.

Remunerare i manager apicali affiancando a un lauto stipendio anche una quota di azioni della società, è una metodica che punta a stimolare il dirigente a produrre il massimo sforzo per accrescere in modo rapido e consistente, la redditività dell’azienda guidata.

Tuttavia un manager che gode di questa opportunità si potrebbe trovare facilmente dinanzi a delle scelte strategiche che potrebbero condurre a comportamenti eticamente scorretti.

La possibilità di vedere crescere rapidamente il valore delle azioni possedute, potrebbe difatti innescare la suggestione di scelte manageriali con un’ottica di breve periodo che non significa tuttavia, necessariamente, fare il bene dell’azienda consolidandone la solidità patrimoniale ed economica nel lungo. Ricordo alcuni anni orsono la scandalosa liquidazione di un manager internazionale di una grande società energetica (macchiatasi peraltro di rilevanti disastri ambientali sotto la sua guida) che, tra emolumenti connessi all’uscita dall’azienda e azioni possedute, raggiungeva valori fuori da ogni logica e quindi anche da ogni interpretazione etica.

Lo sviluppo economico in un mercato libero è una straordinaria opportunità di crescita in grado di generare benessere per le società del mondo. Occorre tuttavia che questa crescita sia sempre accompagnata da una vigile opera di monitoraggio dei comportamenti da parte del legislatore e delle autorità garanti, con il fine che …il ‘dritto’…non possa poi produrre un nefando… ‘rovescio’ in una società culturalmente e mediaticamente avanzata, esasperandone i contrasti e gli squilibri, pena la sopravvivenza di quella stessa società.-.