Non mi sono riferito a questo splendido racconto di Edgar Allan Poe per fare sfoggio di cultura, ma perché rappresenta molto bene la situazione in cui il mondo si è trovato con la pandemia.

Dal mese di marzo del 2020 il Coronavirus ha colpito tutto l’orbe terracqueo evidenziando che i problemi, le sfide sono oggi tutte globali. Vaccinando i paesi più ricchi si ottiene un modesto risultato perché da tutti i paesi più poveri e dimenticati, il virus può tornare in ogni momento.

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Giganteschi incendi sono esplosi un po’ dappertutto e anche i paesi più avanzati ,come gli Stati Uniti e l’Italia, si sono dimostrati impotenti.

Le voci degli scienziati sono diventate più insistenti sullo scioglimento dei ghiacciai e la scarsità dell’acqua. Nel nostro civilissimo paese, solo nella prima parte di quest’anno, mariti e compagni hanno ammazzato 80 donne Che c’entra la pandemia con questi altri problemi globali? E l’Afghanistan? La precipitosa e disordinata fuga degli americani, oltre tutte le chiacchiere della geopolitica, non sarà il risultato di un mondo occidentale che abbassa le braccia di fronte alle immense difficoltà della comunità umana? Molte persone, i gilet gialli in Francia, ma anche i no-vax in tutta Europa, appaiono sempre più come una grande manifestazione di rabbia e disagio verso le diseguaglianze, verso aspettative deluse, cui le grandi democrazie non sono riuscite a dare risposte. Il rave di Valentano, criticato dai soliti intellettuali e ben pensanti, può essere invece visto come una silenziosa protesta dei giovani di tutta Europa, che non si riconoscono più nelle nostre società.

Nel 1968 la rivolta giovanile era sostenuta da ideologie, oggi non c’è più nessuna ideologia, ma resta che un grandissimo numero di giovani non è disinteressato, ma è fuori dalla politica, non perché è soltanto ignorante e disinformato, ma perché la contesta in modo diverso dai suoi genitori.

La storia ci insegna già molto sulle grandi crisi che l’umanità ha dovuto affrontare, ma neppure la seconda guerra mondiale, che ha coinvolto una gran parte dei popoli del pianeta, era veramente una crisi globale, come quelle che ci si presentano oggi.

E di fronte a queste crisi, le democrazie sono confuse e impotenti. Dittatori e sovranisti sfruttano la paura e il disagio delle comunità e cercano di convincere, uomini e donne in grande difficoltà, che poteri concentrati e forti potrebbero salvarli.

Il 2020 ricorda quindi il gorgo, il vortice del Maelstrom davanti alle coste norvegesi. Siamo trascinati in un grande numero di meta problemi, proprio quando mancano ideologie in grado di rappresentare obiettivi e coesione e quando i leader delle grandi democrazie, mostrano una particolare debolezza e incompetenza. Ci aspettavamo da Biden un cambiamento di rotta di 180° e invece sta continuando molte politiche del suo sciagurato predecessore. La Brexit ha portato al potere Boris Johnson: il leader del paese che ha insegnato la democrazia al mondo che si comporta come i populisti di casa nostra.

E infine i muri, che si moltiplicano in tutto il mondo e che rappresentano il tentativo dei deboli di svuotare il mare con un cucchiaino, dinanzi non a occasionali migrazioni, ma a giganteschi movimenti di popoli generati dalla povertà, dall’innalzamento del clima, da guerre e conflitti, noti o dimenticati, dal messaggio tradito del mondo occidentale di portare diritti e dignità a tutte le comunità umane.

Non solo le grandi sfide sono globali, ma sono diventate urgenti e nessun paese può affrontarle da solo. Il pessimismo sembra l’opzione più reale, però molto spesso, nei grandi Maelstrom, l’umanità è di nuovo riaffiorata con Francesco d’Assisi, Buddha, Ghandi, Mandela, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta e molti altri,  dei quali Papa Francesco, fa certamente parte. Questi grandi utopisti hanno saputo fare la differenza.

Spero che ne riemergerà qualcuno.