La scelta di trattare l’argomento che segue è dettata dall’amore verso un Paese in cui ho vissuto e che ho imparato ad amare al di là dei soliti luoghi comuni (favelas, samba, Amazzonia…): il Brasile è molto di più.

Nei secoli in cui nel Vecchio Continente erano vissuti personaggi leggendari come Omero, Cicerone, Botticelli, Leonardo, in Brasile e nell’America del Sud si viveva ancora nell’età della pietra.

La corsa verso la civiltà è stata rapidissima: in 500 anni ne sono stati recuperati il doppio nel bene e nel male, superando ogni tipo di sfruttamento e disuguaglianza, e raggiungendo il livello di una potenza mondiale.

Le cascate di Iguazù – Foto di Jaime Dantas da Unsplash

Il 22 aprile del 1500 il Brasile fu scoperto dal navigatore portoghese Pedro Alvarez Cabral, approdato a Porto Seguro (Bahia).

Si stima che in quell’epoca la costa orientale del Sud America fosse abitata da circa 2 milioni di nativi divisi in tribù appartenenti a tre grandi gruppi linguistici: i Tupi-Guarani, i Macro-Jê e gli Arnaque, in continua guerra tra di loro.

I nativi di quel periodo non conoscevano la ruota, non praticavano la pastorizia, non conoscevano l’uso dei metalli pur avendo nei loro territori immensi giacimenti, erano antropofagi, sia per uso alimentare che per rituali sacri.

Non sono chiare le origini del nome Brasile:

dal nome di un albero Pan Brasil, in portoghese, che ricopriva gran parte del territorio?

dal colore rosso brace (brasa in portoghese) della resina di questo albero o come sostiene Levi- Strauss dal fatto che in seguito queste terre vennero sfruttate come rifornimento di “legna da bruciare” dal Vecchio Continente?

Nel 1542, nove anni prima che Pizzarro raggiungesse Cuzco nelle Ande peruviane, antica capitale inca, il portoghese Aleixo Garcia percorse, partendo da Santa Catarina, geograficamente sotto lo Stato di San Paolo, un tragitto fino all’Alto Perù dove giunse dopo due mesi lungo il Cammino di Peabiru.

L’esistenza dell’antico Cammino di Peabiru (sentiero largo circa 1,4 metri) è importantissima, perché prova che era possibile raggiungere nell’antichità il Cerro Rico di Potosì, la montagna più ricca di miniere d’argento del mondo, e interconnettersi con i sentieri incaici dell’impero che a loro volta univano Samaipata, la fortezza inca ubicata più a sud (attuale Bolivia) con il Cuzco.

Un bambino Guaranì – Foto di Tatiana Zanon da Unsplash

Peabiru nella lingua Tupi Guaranì significa “Cammino di andata e ritorno”.

La ricercatrice Rosana Bond sostiene che potrebbero essere stati sia i Guaranì che gli Incas a creare questo percorso, ma nulla vieta che possa avere origine in epoche molto più antiche.

Ancora oggi i membri dell’etnia Guaranì attribuiscono la costruzione del cammino al loro leggendario semi-Dio Sumé vissuto, sostengono, prima del diluvio, e che insegnò loro l’agricoltura e l’artigianato. Sumé nella tradizione è molto simile a Viracocha, personaggio leggendario del mondo andino, tanto da poter immaginare una sovrapposizione di persone.

I conquistadores spagnoli e poi quelli portoghesi pensarono, sbagliando, che Sumé fosse San Tommaso, Sao Tomé, diretto verso l’India per divulgare la parola di Cristo.

Viceversa l’archeologo boliviano Freddy Arce sosteneva che il Cammino di Peabiru avrebbe potuto essere stato usato molto precedentemente da popoli del Medio Oriente come Sumeri Fenici e Cartaginesi per inoltrarsi all’interno dei territori e raggiungere le miniere d’argento.

A supporto di questa tesi alcuni ritrovamenti a partire dalla Fuente Magna un grande vaso cerimoniale ritrovato presso il lago Titicaca, che reca all’interno iscrizioni sumere o il Monolito di Pokotia con sopra incise iscrizioni in proto-sumero. Vanno anche ricordate la Pedra de Ingá vicino a Rio de Janeiro e la Pietra di Paraiba.

È quindi possibile immaginare che gli esploratori portoghesi del XVIII secolo si diressero usando questo cammino di Peabiru verso il nord fino al confine con l’attuale Bolivia nella zona di Huanchca attualmente Parco Nazionale Noel Kempff Mercado.

Il lago Titicaca – Foto di Amy Rollo da Unsplash

Un’ altra ipotesi è quella che i predecessori del popolo Guaranì furono i costruttori del Cammino di Peabiru tra gli anni 1000 e 1300. Il termine potrebbe quindi esser interpretato come “La Via per la Terra senza il male” e che queste tribù, originarie del territorio che attualmente è il Paraguay, lo avrebbero costruito durante la loro migrazione verso la costa meridionale del Brasile in cerca di un paradiso leggendario ” Yvy Mara Ey”, ovvero Terra senza male.

Con il passare degli anni, dall’arrivo dei Portoghesi, il traffico pesante attraverso Peabiru è arrivato ad essere proibito nel 1553 da Tomè de Souza.

Era necessario chiudere il tracciato antico e punire coloro che vi transitavano con la pena di morte perché la facile comunicazione tra le colonie causava gravi danni alla dogana brasiliana con il contrabbando.

Solo molto più avanti i transiti vennero ripresi con la scoperta di miniere di pietre preziose ed oro.

Il vecchio sentiero venne rivestito di pietre coprendo l’erba che sempre lo aveva segnato, diventando poi conosciuto come il Percorso dell’Oro.