La curiosa uscita del premier Draghi (“Volete la pace o i condizionatori?”) oltre a contenere un ossimoro consente uno scandaglio quasi psicanalitico che va ben al di là delle parole polemicamente pronunciate in risposta a una domanda di un giornalista de ‘Il Fatto’. Sarebbe buona regola non rispondere a una domanda con un ulteriore quesito ma tant’è!

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Appare evidente che in una sorta di transfer Draghi mentre nominava la pace pensava alla guerra. È forse caduto nella sindrome di Putin (“Non è una guerra ma un’operazione strategica di pace”)? Non crediamo. Ma la frase avrebbe avuto una maggiore consequenzialità logica se nell’avversativo fosse stata contemplata l’eventualità bellica.

Ma non vogliamo fare troppo i sofisti e di getto rispondiamo a Draghi se ci fosse possibile comparire davanti al Migliore: “Vogliamo sia la pace, sia i condizionatori”. Perché la pace assicura il ristabilimento dello statu quo, mutatis mutandis, e quindi torna a garantirci i nostri agi da società occidentale, tra cui non ultimo il condizionatore, viste le conseguenze di un cambiamento climatico che ogni anno rende l’estate sempre più invivibile.

Dal punto di vista costituzionale la guerra sarebbe ripudiata ma l’Italia la vive a mezzo Nato, in una finzione geopolitica che conviene agli Stati Uniti. Si può scrivere che l’Europa è ostaggio della guerra. Manda le armi su obbligo Nato e se ne assume tutte le conseguenze con una dichiarazione di palese ostilità firmata da Putin. Viviamo una guerra vicina, perché insediata nel vecchio continente, ma di comprensione ardua perché corrotta dalla propaganda.

Più forte e vicina quella ucraina, più lontana e inaudibile quella russa. Con tanti interrogativi. Appare infatti formidabile il numero dei profughi che si sono spostati dall’Ucraina nei Paesi Vicini: cinque milioni è una migrazione di massa che, se il numero fosse confermato, avrebbe letteralmente svuotato il Paese. E Zelensky aggiunge che 500.000 ucraini sono stati deportati e carcerati in Russia. Statistica che se aggiunta al numero dei carcerati ordinari di quella nazione la renderebbe un autentico lager a cielo aperto.

Ma l’interrogativo più angoscioso e irrisolto è quello sul numero delle vittime. L’Onu ha emesso un bollettino in cui parla di 1.842 civili uccisi tra cui 148 bambini. Una guerra griderebbe vendetta anche per una sola vittima inutile nel gioco di chi ha più armi ma sull’altro fronte i soldati russi uccisi sarebbe 19.500, cioè dieci volte di più. Vorrà mica dire che l’Ucraina sta vincendo la guerra? C’è qualcosa che non torna in questa illusione traditrice.

Intanto in questo braccio di ferro bellico più equilibrato del previsto perdono tutti e per prima la Pace. L’incarognimento sull’escalation degli armamenti è una sorta di delirio a cui gli Stati Uniti (v. Luttwak) partecipano come a un banchetto di nozze con un ovvio tornaconto. Ma una guerra lunga vuol dire più vittime, allontanamento della trattativa, stupri, massacri, utilizzo anti-etico dei droni. Il giornalismo sottolinea l’aspetto spesso pietistico con cui viene trattata la materia, con possibile sviluppo di fake news. Inoltre l’elenco degli intellettuali presuntamente filo-Putin viene redatta proprio da chi dimostra con la censura la propria mancanza di liberalità, allineandosi metaforicamente all’oscurantismo russo. Perché questi maestrini dalla penna rossa non se la prendono con chi conta di più e non criticano, addirittura, il Papa. Mancanza di coraggio?