«Questa crisi è europea – ci dice l’On. Lia Quartapelle membro della commissione affari esteri della camera e reduce da una recente visita in Polonia dopo l’inizio del conflitto – e anche la soluzione deve essere europea».

Lia Quartapelle, membro della commissione affari esteri della camera – Foto di Hennemuth

Si dice che questa guerra sarà lunga, secondo lei cosa bisogna fare per mettere fine al conflitto?

«Finora abbiamo reagito con fermezza e compattezza davanti alla guerra di Putin, rispondendo con una serie di pacchetti di sanzioni verso la Russia. Ma la pressione non può e non deve finire qui, e dobbiamo continuare a usare tutti gli strumenti diplomatici a nostra disposizione. Lo strumento di pressione più efficace verso la Russia è quello economico, come abbiamo potuto vedere con la fuoriuscita della Russia dal sistema SWIFT e la decisione di congelare le riserve della sua Banca centrale. Inoltre, bisogna fermare subito l’import di gas e petrolio».

La guerra ha aperto molti fronti tra cui quello umanitario, migratorio, economico, energetico, oltre che naturalmente quello strategico e militare. Quale di questi fronti la preoccupa maggiormente e di quali si sta occupando più concretamente?

«Dall’inizio della guerra ci siamo attivati con uno sforzo di solidarietà straordinario. Sono stata di recente in una missione in Polonia per vedere come il paese sta affrontando l’accoglienza degli oltre due milioni di ucraini che sono arrivati, e ho potuto constatare che come Europa ci siamo. L’accoglienza per ora è affidata al volontariato della società civile polacca o agli enti locali, oltre che alle organizzazioni di solidarietà internazionali, in primis quelle italiane come la Croce Rossa ma bisogna aumentare gli sforzi per creare una rete di accoglienza davvero europea e duratura nel tempo.

Ma oltre ai cittadini ucraini che stanno scappando dalla guerra, non dobbiamo dimenticare anche tutti quei cittadini russi che hanno detto no alla guerra di Putin e che, per non pagare con la propria vita, sono stati costretti a lasciare la Russia. Ho presentato una risoluzione in commissione Esteri per chiedere al governo italiano di promuovere, in sede europea e internazionale, un sistema di accoglienza integrata anche per loro, concedendo lo status di rifugiato internazionale a chi ne ha i requisiti, e di istituire un fondo apposito per la loro accoglienza».

In un suo recente intervento ad un convegno organizzato dal Movimento europeo lei ha parlato dell’impatto sociale della guerra, cosa intende?

«L’impatto sociale delle crisi prima della guerra in Ucraina è stato drammatico, sia per le democrazie dei nostri paesi che per il cammino di integrazione europea. L’Europa è diventata il bersaglio preferito dell’insoddisfazione alimentata dai movimenti populisti contro chi non trovava soluzioni. La guerra avrà un impatto sociale enorme: proprio per questo, serve ragionare da subito su come prevenire questo impatto e su come attuare delle strategie europee. Da un lato, dobbiamo accelerare la transizione ecologica, che è l’unico modo per affrontare alla radice il problema del caro energia. Dall’altro lato, dobbiamo capire come, attraverso i fondi strutturali e Next Generation EU, possiamo favorire quei meccanismi di crescita, sviluppo e di creazione di opportunità per evitare che la crisi abbia un impatto troppo devastante sulle economie già indebolite dalla crisi del 2008 e del 2011».