Lo scorso 12 aprile, la Corte europea dei diritti umani ha adottato una decisione nella quale ha ritenuto la non violazione dell’articolo 10 della Convenzione da parte del regno di Danimarca. La vicenda merita di essere richiamata brevemente.

Il dottor Svend Lings, medico danese, tra i fondatori dell’associazione dei Medici pro Eutanasia, è l’autore di un singolare manuale sulle specialità medicinali utili in caso di … suicidio. Il manuale è liberamente scaricabile su internet, ciascuno può leggerlo e farsi una sua idea al riguardo.

I guai giudiziari per il dottor Lings sono iniziati quando ha accettato di usare la sua particolare expertise per fare da consulente a persone che desideravano suicidarsi, alcune delle quali si sono effettivamente suicidate. A questo punto, dato che in Danimarca il suicidio assistito è vietato, si è aperta la vicenda giudiziaria.

Condannato in tutti i gradi di giudizio nel suo Paese, Lings si è rivolto alla Corte europea dei diritti umani, lamentando di esser vittima di una violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

L’articolo 10 protegge il diritto alla libertà d’espressione e vien fatto di chiedersi in che modo rilevi in questa vicenda.

Secondo il dottor Lings l’articolo 10 c’entra, e c’entra perché egli asseriva di esser stato condannato per aver semplicemente suggerito ai suoi assistiti quanto potevano ricavare da sé stessi dalla lettura del suo manuale, peraltro liberamente e legalmente disponibile su Internet. Di qui la sua convinzione che oggetto della sua vicenda giudiziaria fosse stato in realtà quanto da lui pubblicato su Internet e dunque la sua affermazione della violazione dell’articolo 10.

È stato facile per la Corte concludere che l’articolo 10 era stato invocato a sproposito, dato che il dottor Lings era stato condannato per aver attivamente assistito gli aspiranti suicidi e non per le sue idee, peraltro liberamente disponibili su internet.

La sentenza merita di essere segnalata non solo per l’originalità delle tesi difensive del dottor Lings, ma anche perché la Corte ha colto l’occasione per affermare a chiare lettere che non esiste nella Convenzione un diritto al suicidio assistito.