Dopo decenni di conflittualità che ha devastato molti dei Paesi arabi, il Medio Oriente sta faticosamente cercando un equilibrio che garantisca assieme sviluppo e sicurezza.

Le monarchie del Golfo ma in generale tutti i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa araba hanno progressivamente differenziato il proprio status nell’iniziativa diplomatica e nel quadro geopolitico internazionale dapprima in posizione equidistante tra Occidente e resto del mondo, quello ovviamente delle economie che contano, poi avvicinandosi a queste ultime con una decisa scelta di privilegiare i propri interessi rispetto alle vecchie alleanze storiche.

Il porto turistico di Dubai, foto di Ashim D’Silva, Unsplash

Lo stesso si può dire degli altri Stati islamici dell’Asia come l’Iran, il Pakistan, la Malesia e l’Indonesia.

Emblematico anche il caso della Turchia, un Paese parte della NATO ma in perfetto equilibrio tra molteplici interessi in Europa, Asia e Medio Oriente.

Per molti di questi Paesi il sistema multipolare è nei fatti da anni una realtà, se pensiamo ad esempio che non solo essi hanno un posto privilegiato nell’OPEC (i Paesi produttori di petrolio), nel 2016 diventato OPEC+ fino a coprire il 71% del potenziale petrolifero mondiale, e nel GECF (i Paesi produttori di gas naturale), ma che l’Arabia Saudita – il più influente tra gli Stati arabi – avrebbe in mente di accettare pagamenti del proprio petrolio in yuan, mentre la Cina sta studiando con la Russia addirittura la nascita di un nuovo sistema monetario internazionale.

La Russia ha da parte sua una storia di rapporti condivisi con il mondo arabo fin dall’impero con Caterina II per arrivare nel secondo dopoguerra all’influenza dell’URSS in Medio Oriente.

La SCO (Shanghai Cooperation Organization) ha visto la graduale adesione dei Paesi islamici dell’Asia, ultimo in ordine di ingresso l’Iran, e nel settembre 2022 a Samarcanda i leader partecipanti hanno riaffermato con forza la spinta per un mondo multipolare, come via per uscire dalla pretesa di unipolarismo dell’Occidente a guida anglo-americana ma più in generale nella prospettiva della ricerca di un nuovo ordine internazionale. I BRICS – con la prossima l’adesione di Arabia Saudita, Egitto e Turchia – sono un altro esempio di questa cooperazione del mondo multipolare.

La maggior parte di questi Paesi ha fatto già parte nei decenni trascorsi del processo di decolonizzazione e del movimento dei non allineati, un periodo storico e un’organizzazione che hanno visto spesso la contrapposizione con il mondo occidentale, ma senza mai un vero antagonismo almeno fino all’intervento in Iraq. Questo evento ha segnato una netta differenza nella qualità dei rapporti tra Occidente – soprattutto Stati Uniti e Gran Bretagna – e mondo arabo, segnando l’inizio di una serie di guerre in Medio Oriente che hanno reso quest’area del mondo più instabile e meno sicura, con l’emergere di movimenti radicali come Al-Qaida fino alla nascita dello Stato Islamico.

Moschea Nabawi o del Profeta, Medina, Arabia Saudita, foto di Boim, Unsplash

Questo spiega solo in parte perché sia avanzato il multipolarismo, dal momento che molti di questi Paesi, oltre a sperimentare un ordine complessivamente meno equilibrato e sicuro, si sono trovati ad essere essi stessi centro di un potere economico e politico capace a sua volta di attrarre nella propria orbita altri Paesi.

La sicurezza globale ha conosciuto una nuova minacciosa battuta d’arresto con la guerra in Ucraina, che ha aperto crisi parallele dell’energia e alimentare, sviluppi che dovrebbero spingere i Paesi occidentali, e soprattutto l’Unione Europea, al centro ancora una volta delle tensioni internazionali, a riannodare la cooperazione strategica con i Paesi arabi e ad avviare un confronto costruttivo e non conflittuale con i diversi mondi del sistema multipolare.

L’iniziativa della Comunità Europea ha fatto perno sulle convenzioni di Yaoundé, di Lomé e infine di Cotonou, in pratica nella sola Africa, ma i risultati raggiunti sono stati deludenti, mentre in questo continente si è estesa parallelamente l’influenza russa e cinese.

Oggi sia la Russia sia la Cina sembrano più isolati in Europa ma meno nel resto del mondo, guadagnando la cooperazione di culture differenti. Sta all’Occidente – un’area geografica e culturale peraltro non maggioritaria – spezzare questa situazione di squilibrio che minaccia la stabilità mondiale e ribilanciare il rapporto di forze cercando una nuova collaborazione nello spirito di Helsinki.

Immagine di apertura: Il Corano in una edizione del 1580, immagine di Ali Burhan, Pixabay