Sandro Gozi, foto di e‖sk, licenza CC0 1.0.

55 anni di Sogliano al Rubicone, Sandro Gozi può vantare un percorso europeo per antonomasia essendo stato tra le altre cose funzionario della Commissione europea e membro del gabinetto dell’allora presidente Romano Prodi, diventa poi parlamentare italiano nelle liste del PD e sottosegretario agli affari europei nel governo Renzi e poi Gentiloni per poi essere eletto in Francia nel 2019 parlamentare europeo nelle liste della Republique en Marche, il partito di Emanuel Macron.

Con questo pedigree quasi unico Gozi può vantare una prospettiva molto privilegiata dalla quale osservare ed analizzare le questioni europee e per questo gli rivolgiamo alcune domande in vista delle prossime elezioni europee del 2024.

A un osservatore come lei degli affari europei potrebbe sembrare che la campagna per le prossime elezioni europee sia cominciata con grande anticipo, molto prima delle precedenti consultazioni, come mai?

Credo che questo sia dovuto a tre principali motivi, il primo, voglio pensare, che sia una aumentata consapevolezza generale, anche se c’è ancora molto lavoro da fare, sul fatto che le partite decisive per l’Italia si giocano molto di più a Bruxelles e a Strasburgo che a Roma. Mi sembra che questa realtà stia cominciando ad affermarsi e in Italia stia aumentando, non so se questo è dovuto alla guerra in Ucraina, ai soldi del PNRR o ad un insieme di queste cose o anche al fatto che ormai pochissimi dicono che su questioni come l’immigrazione ce la si può cavare da soli.

Mi sembra che tutto questo contribuisca ad aumentare la consapevolezza e quindi c’è un aspetto generale e poi un altro dato che è prettamente politico e partitico è che mi sembra che ci sia un bisogno, ci sia una esigenza da parte di Giorgia Meloni di essere riconosciuta e di affermarsi in ambito europeo.

E questo porta la maggioranza a porre il tema europeo e a cercare di far passare un messaggio che dice “vedete voi che ci consideravate estremisti o isolati e invece siamo nei giochi europei”. Cioè la volontà di far credere che questa maggioranza sia al momento completamente parte dei giochi europei oltre ad avere una forte esigenza di essere effettivamente al centro dei giochi nel 2024.

A questo proposito Ursula Von der Leyen ha appena annunciato di voler essere candidata alla sua successione, giocando con grande anticipo e forse prendendo in contropiede un po’ tutti, cosa pensa di questa candidatura?

Per cominciare credo che siamo proprio noi con Renew e con Macron che abbiamo veramente cominciato a trasformare l’Europa nel 2019 dettando l’agenda politica perché abbiamo insistito su quelle che avrebbero dovuto essere le grandi priorità, il tema dello Stato di diritto, quello della transizione ecologica e quella digitale con regole, innovazione e anche il tema della riforma della governance, di come funziona l’Unione europea e la democrazia, le istituzioni con le liste elettorali transnazionali, proponendo la conferenza del futuro dell’Europa etc.

Se si guarda il programma dei Renew e si guardano i risultati possiamo dire che noi siamo stati efficaci a porre questi temi. Il nostro bilancio quindi è positivo e UVDL è stata al centro di questa azione perché noi abbiamo dettato l’agenda e la Commissione si è impegnata su molti di questi grandi obiettivi politici di trasformazione europea e bisogna dare atto a UVDL di aver fatto questo lavoro.

Ma il nostro compito ora è quello di costruire una nuova maggioranza europeista perché ci sono delle nuove priorità, a causa di quello che è successo nel frattempo, la guerra in Ucraina lo sviluppo dei rapporti con l’Africa, con la Cina. Però credo che nel ricostruire questa maggioranza dobbiamo anche vedere come proseguire il lavoro avviato nel 2019 e da questo punto di vista la disponibilità di UVDL è un fatto positivo ma ne dobbiamo ancora discutere tra di noi liberali.

“Antonio Tajani all’aeroporto di Sofia per il EU – Western Balkans Summit” foto di E‘BG Bulgarian Presidency – licenza CC BY 2.0.

In ogni caso questa storia di cui parlano Weber (presidente del gruppo PPE)  Antonio Tajani,  su mandato di Meloni,  e  Roberta Metzola (presidente del Parlamento europeo) con l’opportunismo che la caratterizza, di riprodurre a livello europeo lo sgangherato bipolarismo italiano mi sembra una proposta irrealistica e velleitaria e Tajani lo sa benissimo che quello che dice è irrealistico e velleitario come sa benissimo che lui non è stato eletto alla presidenza del Parlamento europeo nel 2017 come lui dice da una alleanza di liberali popolari e conservatori.

In realtà lui è stato eletto dopo un mancato accordo tra Verhofstat e Pittella, cioè tra i liberali e i socialisti, dopo di che una parte dei liberali ha votato Tajani non perché volessero fare una alleanza politica, così come è successo quando i membri del gruppo ECR hanno votato Metzola.

Questo non vuol dire che l’ECR abbia fatto una alleanza con i socialisti e coi verdi che hanno votato Metzola, quindi l’utilizzo che Tajani fa della sua elezione del 2017 per far credere che nel 2024 faremo la stessa cosa è ovviamente strumentale alla loro strategia ma assolutamente velleitario e irrealistico così come è assolutamente escluso che noi di Renew pensiamo a fare una alleanza con Popolari, ECR e peggio ancora con ID.  Quindi questa strategia di fare un centro destra europeo è assolutamente propaganda.

In ogni caso noi (di Renew) pensiamo che l’estrema destra sia anche nell’ECR perché pensiamo che quelli di  Vox siano post franchisti e che ci siano dei bulgari che fanno il saluto romano nell’aula del Parlamento europeo a Strasburgo, che i democratici svedesi siano di estrema destra e che Fratelli d’Italia  faccia il doppio gioco tenendo un discorso reazionario e oscurantista a Roma per poi fare i pragmatici a Bruxelles e poi tornare sovranisti quando vanno a Varsavia.

Inoltre non capisco come Tajani possa conciliare la posizione maggioritaria del PPE per esempio sull’estendere le decisioni a maggioranza e rafforzare la dimensione sovranazionale dell’Europa in una alleanza con l’ECR di Meloni e Moraweski che ritengono che il veto sia la migliore delle garanzie delle nazioni e ritengono che bisogna indebolire le istituzioni sovranazionali. Non riesco proprio a capire questa alleanza su che cosa si dovrebbe basare, che si tratti dei fondamentali, dell’ecologia, del digitale, dell’immigrazione, che si tratti del modo in cui funziona l’Europa, che si tratti o meno del rafforzamento della democrazia europea

Ma allora quali sono invece i punti in positivo su cui si possono fare degli accordi per una futura nuova maggioranza?

Per schematizzare bisogna: 1) estendere le decisioni a maggioranza anche utilizzando le clausole passerella che non sono mai state utilizzate; 2) ridurre la taglia della commissione perché non possiamo preparare il prossimo allargamento a Ucraina e Balcani tenendo un commissario per Stato membro;  3) riformare i Trattati e tenere il voto all’unanimità solo per decidere su chi deve aderire all’Unione europea mentre abbandonare l’unanimità su risorse proprie, su energia, politica sociale, difesa, fiscalità; 4) dare il potere di iniziativa legislativa al PE; 5) costruire una vera dimensione politica europea della democrazia per esempio votando direttamente i partiti politici europei attraverso liste transnazionali per costruire quella democrazia vissuta, politica (e su questo siamo lontani da ECR e Fratelli d’Italia); 6) costruire una potenza europea che vuol dire politica della difesa, politica industriale etc.

Dobbiamo fare tutto questo per riunificare il continente mentre una Unione europea che si allarga a Ucraina e Balcani senza aver fatto queste riforme sarebbe condannata alla paralisi. Allargamento e riforme devono andare di pari passo senza fare gli errori che abbiamo già fatto e questo vale anche per ripensare alcune politiche comuni come quella agricola, quella di coesione e il bilancio perché se non le cambiamo oggi ci sono dei beneficiari netti che diventeranno dei contributori netti.

Si parla anche di una eventuale riforma della legge elettorale per le europee, di spostare la soglia di sbarramento attualmente al 4% e anche di dare il voto ai sedicenni, cosa ne pensa?

Non credo che sia una buona idea abbassare la soglia di sbarramento perché credo che abbiamo bisogno di evitare una frammentazione che rischierebbe di indebolire la presenza degli eletti in Italia soprattutto nei gruppi che contano e noi sappiamo quanto per le sensibilità e l’influenza di un paese sia importante avere un numero consistente di eletti nei tre o quattro gruppi che contano al Parlamento europeo.

Quello che invece è sbagliato secondo me in Italia è il sistema a macro regioni e a preferenze perché le macro regioni sono troppo ampie, non significano nulla, non danno la possibilità all’eletto di avere un vero rapporto con la circoscrizione in cui è stato eletto e obbligano a campagne elettorali costosissime, avvantaggiando chi ha i soldi e obbligando chi non li ha a trovarli, non sempre nella maniera giusta e favorendo dei profili sociologi di candidati che non sono poi i migliori profili per fare un buon lavoro al Parlamento europeo perché hai bisogno di fare un buon mix tra chi incarna delle battaglie insieme a tante altre competenze che fin dall’inizio sappiano che se faranno un buon lavoro potranno essere ricandidati sulla base del merito.

Il sistema delle macroregioni e delle preferenze in Italia è agli antipodi di tutto questo, mentre secondo me l’Italia dovrebbe formare e investire su una classe politica che lavori bene a Bruxelles o a Strasburgo e non capisco perché sia l’unico paese che non lo ha ancora capito.

Sono invece d’accordo a dare il voto ai 16enni. Tra l’altro quando Meloni non mi considerava ancora un traditore perché ero stato eletto in Francia e avevamo comunque un buon rapporto e lei era ministro della Gioventù, lavorammo insieme ad un disegno di legge per abbassare la soglia dell’elettorato attivo a 16 anni in Italia.

Ma se decidiamo che i sedicenni possono decidere il futuro dell’Europa o della nazione italiane dobbiamo anche lavorare per una adeguata istruzione e formazione. E quindi nelle scuole e nei luoghi di formazione professionale assicuriamo una buona e adeguata conoscenza per poter esprimere un voto consapevole e a 16 anni questa consapevolezza richiede uno sforzo da parte dello Stato e dell’autorità pubblica.