La morte in carcere non conosce ferie, siamo di nuovo qui a parlare delle ultime persone che si sono tolte la vita in carcere in perfetta solitudine, Azzurra, Susan e Cristian.

Tre storie diverse ma che dovrebbero farci riflettere sulla situazione attuale delle carceri Italiane. Il dramma continua, Il Ministro Nordio, dopo il secondo suicidio nel carcere di Torino è andato in visita ufficiale, per constatare di persona la situazione, nella sua conferenza stampa, non una sola parola sulle donne che si sono suicidate, non un pensiero per quelle vite spezzate, il suo pensiero era quello di risolvere il problema con l’apertura delle caserme dismesse, omettendo l’impossibilità di realizzare il progetto.

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Perchè caro Ministro, saprà benissimo che oltre all’adeguamento delle caserme, ci vuole il personale specializzato, come Psicologi, Psichiatri, Educatori, Medici, Infermieri e il personale di Polizia Penitenziaria. Insomma il Ministro è inadeguato a svolgere questo delicato lavoro, basterebbe conoscere le storie delle ultime, (per il momento) persone che si sono suicidate. Susan, una donna che si era chiusa nella sua stanza non mangiando e non bevendo più da quasi un mese, rifiutando anche la terapia che gli era stata prescritta dai medici del carcere, senza che nessun operatore muovesse un dito per salvarla. In fondo cosa chiedeva Susan, solo vedere suo figlio di quattro anni. Forse caro Ministro, se il Direttore avesse concesso una videochiamata, Susan si sarebbe salvata.
Azzurra aveva solo 28 anni, come Donatela Hodo, era stata appena trasferita dalla Liguria al Carcere di Torino, la mamma non poteva affrontare quei lunghi costosi viaggi, per starle vicino, era in un reparto ASTM, in teoria il reparto più sicuro del Carcere, stanze singole con telecamere, monitoraggio costante. Azzurra in pochi attimi è riuscita a mettere un asciugamano sulle sbarre e togliersi la vita. Caro Ministro, questo è il caso in cui poco personale a disposizione e non specifico, per controllare ragazzi che hanno problematiche mentali, non riesce a salvare una vita.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Cristian trovato morto nel suo letto, lui aveva una paura tremenda del dopo. Perché il dopo a volte è anche più difficile. Nel Carcere di Montorio si continua a morire nel silenzio più totale, nell’indifferenza generale, invisibili tra gli invisibili. Era in carcere per avere rubato in un supermercato, abbandonato totalmente dalla famiglia. In carcere è molto facile accumulare farmaci, per poi sballarsi il sabato o la domenica, lo fanno in molti per non pensare al fuori. Cristian sentendosi solo, con un futuro incerto anzi con la consapevolezza che sarebbe presto ritornato in carcere, ha preferito mettersi da parte… la morte e cercarla nella solitudine della sua stanza. Caro Ministro Nordio, oltre alle caserme, deve pensare anche ad un progetto per dare alle persone detenute che hanno scontato la loro pena, una possibilità di vita normale, un lavoro remunerato onestamente, perchè di solito le varie cooperative sfruttano i lavoratori detenuti o ex detenuti.

In questo inferno chiamato Carcere, dove si continua a morire, non dobbiamo dimenticarci che queste persone sono prese in custodia dallo Stato, siamo a 44 suicidi e il numero salirà ancora. So cosa si prova quando si è nella disperazione più totale, non è difficile pensare che morire sia l’unica soluzione, ma io non ho avuto la forza di far saltare lo sgabello, non fatelo, la vita se ci credete è il bene più prezioso e una seconda possibilità la dobbiamo avere.
Direttore concedimi una telefonata #Sbarre di zucchero

Foto di apertura di Marcello Rabozzi da Pixabay