Le Guide gastronomiche

di | 20 Set 2023

Questo mese vi accompagno in un viaggio nelle guide gastronomiche e più in generale la critica enogastronomica.

Le Guide gastronomiche francesi

Luogo comune da sfatare: la principale guida gastronomica è la Michelin.

In realtà la Guida Michelin non nasce come guida gastronomica, ma come una guida di servizio per gli automobilisti, in pratica una guida per trovare alberghi e ristoranti per chi è in viaggio.

Storicamente la Guida Michelin si è sempre limitata ad inserire informazioni in maniera molto sintetica, utilizzando prevalentemente delle icone che stavano a indicare certe caratteristiche del locale, quale ad esempio la disponibilità di tavoli all’aperto, piuttosto che della possibilità di fumare o di accettare cani: la famigerata stella, inizialmente era solo una di queste icone. Nulla di più. Ultimamente la Guida Michelin ha inserito brevi commenti di natura gastronomica e la lista dei piatti, cominciando a diventare qualcosa che assomiglia ad una Guida Gastronomica. Una cosa è vera: la stella Michelin è la massima aspirazione di un ristoratore. Avere una stella in più significa poter aumentare in modo considerevole il conto ed essere uno “stellato” è motivo di grande prestigio. Il motivo del successo della stella Michelin è dovuto essenzialmente alla sua diffusione mondiale, la scelta di usare icone e non testo era determinata proprio da questo: un turista americano poteva, e può, comprare la Guida Italiana o di qualsiasi paese, senza conoscere la lingua, gli bastano i simboli.

La Guida Michelin ha però alcuni grossi difetti:

  • è franco-centrica, il maggior numero delle stelle è in Francia anche se la Francia NON è più il metro di platino-iridio della Cucina Internazionale, se non nella patetica convinzione dei francesi stessi; per molto tempo (ultimamente va meglio) erano avvantaggiati anche in Italia e in tutto il mondo i Ristoranti “alla francese”
  • è lentissima a dare una stella e altrettanto lenta a toglierla; non sono rari i casi in cui le stelle rimangono a lungo durante l’inesorabile fase discendente del ristorante
  • spesso gli stellati sono più cari di quanto valgano

Personalmente cerco di evitare le Stelle Michelin: la scelta migliore sarebbe andare in Ristoranti “in odore” di Stella, ma ovviamente non è facile.

Henri Gault e Christian Millau, i due giornalisti che hanno inventato la “Nouvelle Cousine” di cui abbiamo parlato a luglio, sono stati i fondatori della prima vera guida gastronomica: nel 62 hanno fondato una Guida dei ristoranti di Parigi e, dopo alcune vicissitudini, nel 1972 hanno creato la guida che porta il loro nome e che viene pubblicata tutt’ora in Francia e Germania.

 

Le Guide Italiane

Sulla falsariga della Gault e Millau, 45 anni fa è stata fondata la Guida dell’Espresso. Il suo artefice fu un famoso spione, nel senso letterale e professionale del termine: il famoso e discusso funzionario del Ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato, anche se spesso si firmava con il cognome della madre, Godio. D’Amato è stato un personaggio, in qualche modo presente in molte delle pagine più discusse della prima repubblica. Lui sosteneva che ogni buona spia aveva sempre sul suo taccuino buoni indirizzi: qualora qualche papavero dei nostri Servizi dovesse leggere questo articolo, io sono disponibile. Dai tempi di D’Amato di acqua sotto i ponti ne è scorsa molta: Vizzari, il nuovo Direttore, va per gli 80 anni e, onestamente, la Guida, o per meglio dire le Guide dell’Espresso non sono più un granché. Io non l’ho mai amata, o amate, come volete.

Vi racconto un aneddoto assolutamente vero: all’inizio degli anni 90 ero in buona compagnia a visitare per la Guida del Gambero Rosso un ristorante nel Chianti Classico.

Al tavolo accanto c’era un signore di mezza età in dolce vita, accompagnato da un ragazzo giovane.

Vedevo che la titolare ed il personale erano molto attenti a questo tavolo, forse anche un pochino troppo: quando lo feci, presente mi fu candidamente risposto che in quel tavolo c’era una “persona di riguardo”.

Io l’avevo riconosciuto e ovviamente non ne faccio il nome, ma era uno degli esponenti più importanti della Guida dell’Espresso. Tacqui.

Com’era procedura, non dissi nulla, pagai il conto, successivamente chiesi l’emissione di una fattura al Gambero Rosso S.r.l.: potete immaginare il putiferio che si creò.

La titolare mi invitò in tavernetta dove mi offrì un calice di pregiatissimo vino francese (nonostante fossimo in pieno Chianti Classico!) e cercò di giustificare quella frase assolutamente inopportuna che mi avevano detto.

Inutile dire che la toppa fu peggio, molto peggio del buco.

Ora siamo al tramonto della Guida dell’Espresso e la principale guida enogastronomica, almeno cartacea, è senza dubbio quella del Gambero Rosso

Per quanto possa sembrare surreale, il Gambero Rosso è nato come spin off enogastronomico dell’ultimo dei giornali che possiate anche solo lontanamente immaginare.

Il quotidiano in questione è il Manifesto, sì esatto: il comunistissimo Manifesto che imponeva ai suoi lettori, una volta al mese l’acquisto e neanche a poco prezzo, di un allegato enogastronomico in cui si parlava di grandi vini e ristoranti di lusso. Tutto vero!

Una delle prime cose che fece il Gambero Rosso fu quella di creare la guida dei vini che tuttora è il punto di riferimento del mondo enologico italiano: per un produttore di vino avere tre bicchieri del Gambero Rosso è esattamente corrispondente ad avere le stelle Michelin per un ristorante.

Poco dopo arriva la guida dei ristoranti alla quale io cominciai a collaborare sin dalle prime edizioni, di cui conservo gelosamente ancora una copia.

A questo punto qualcuno può avere una curiosità: come si fa a diventare critico gastronomico?

Non lo so! Posso raccontarvi la mia di esperienza.

Da ragazzo, oddio non più bambino avendo superato la trentina, mi trovai tra le mani una copia della Guida dei Ristoranti di Veronelli, il primo giornalista enogastronomico italiano, primo in tutti i sensi.

Fui immediatamente affascinato da quella pubblicazione e cominciai a scrivere delle recensioni di ristoranti e a mandarle a Gino Veronelli. Una, due… dieci, undici, … venti, trenta: dopo una trentina di recensioni che gli mandavo, Gino finalmente mi rispose.

Mi invitò a casa sua a Bergamo, ci andai: mi fece i complimenti per le recensioni e cominciai a collaborare non con la Guida, ma con la sua rivista “L’Etichetta”. Scrissi anche l’introduzione alla sua guida degli oli extravergini d’oliva

Quando conobbi Daniele Cernilli, tutt’ora di fatto il primo giornalista enologico dello Stivale, gli presentai le 30 recensioni, oltre che gli articoli che avevo pubblicato per Veronelli. Lui lesse e mi prese nella guida. Tutto qua. Il Gambero Rosso Editore, oramai affrancatosi dal Manifesto e diventato completamente autonomo, ha avuto una vita gestionale molto procellosa.

D’altronde Stefano Bonilli, fondatore e deus ex machina del Gambero, era un personaggio piuttosto fuori delle righe e commise un bel po’ di errori di natura manageriale.

Ora il Gambero Rosso appartiene hanno un grosso gruppo editoriale, nel quale francamente credo che il Manifesto non sia una delle letture più gettonate.

Bonilli divenne un semplice impiegato e poi fu cacciato: sic transit gloria mundi.

 

La Rete

Naturalmente con l’avvento della rete, il mondo delle guide ha avuto un notevolissimo cambiamento

Su molti siti, tipicamente Trip Advisor, oramai chiunque può scrivere

Sorge spontanea la domanda: hanno ancora senso le guide e più in generale la critica gastronomica?

Andando ad esaminare le recensioni di Trip Advisor ci convinciamo di quanto le guide gastronomiche servano ancora, se non di più.

D’ogni tanto vado a leggere le recensioni su Trip Advisor, tra le quali spiccano:

  • ELOGIATIVE Spesso chiaramente scritte dal proprietario o da qualche suo amico, ma in molti casi sincere.
  • COMPRATE: c’è un signore che candidamente ammetteva di vendere recensioni, ovviamente finte, in rete e si è stupito di essere stato condannato
  • VERBALI DI PRANZO: più che recensioni si tratta di veri e propri resoconti completi di orario di arrivo, motivazioni (“siamo andati lì per il compleanno di mia moglie”), persone presenti (“c’era mio cugino Giuseppe con la moglie i due figli”), ora di arrivo, ora di ordinazione, ora di arrivo dei piatti, descrizione dei piatti, conto. Mancano solo le “varie ed eventuali”
  • GEREMIADI: quelli che si lamentano perché al tavolo accanto un bambino dava fastidio. Spesso viene criticato il servizio troppo lungo, il che di per sé potrebbe essere una critica concreta, salvo il fatto che, regolarmente la recensione è stata scritta il giorno di Pasquetta. Che t’aspettavi? Altra lamentazione tipica è il conto: anche qui la critica spesso è giusta, ma non se si criticano come esosi conti che superano i €25. Del conto dei ristoranti ho già dato ad agosto.
  • DISTRUTTIVE: “si mangia da schifo”, “il prodotto non era fresco”, “cibo troppo cotto”, “poco cotto”, “tutto congelato”. Giudizi tranchant e apparentemente “tecnici”, in molti casi del tutto cervellotici: io stesso che sono pagato da molti anni per fare recensioni di ristoranti, non arriverei mai a giudizi del genere. Si tratta o di concorrenti del ristoratore o della versione gastronomica degli haters: sputare fango per il gusto di farlo. Noto il caso della feroce critica della pizza in un ristorante di Venezia che non fa, non ha mai fatto e, precisa il titolare, mai farà, la pizza.
  • ROBIN HOOD: nelle recensioni dei grandi ristoranti ci sono praticamente sempre quelli che, lecitamente ci mancherebbe non gradiscono l’alta ristorazione, ma invece di evitarla, come sarebbe logico, ci vanno, non capiscono nulla e la criticano. Chissà perché.
  • I MODELLISTI: quelli che si portano da casa l’unico possibile, secondo loro, modello di ristorazione, e si lamentano di non trovarla: tipo “non c’era cacciagione” o “non c’era una crostata”. Sono parenti stretti dei Robin Hood. Un po’ di apertura mentale e curiosità, no? Se la risposta è no, c’è casetta tua. O di mamma.

Se andate a vedere le recensioni di qualsiasi, dico qualsiasi, ristorante su Trip Advisor troverete molti “eccellente” e “molto buono”: come dire “si mangia del cibo cotto e questo mi basta”. Poi c’è sempre, dico sempre, un immancabile drappello di “pessimo”. A questo punto diventa veramente difficoltoso fare una scelta sulla base di Trip Advisor. Ma chi è il critico gastronomico e cosa lo accredita a fare critica enogastronomica? La prima cosa della quale sono assolutamente convinto e che non, dicesi non, deve essere un esperto tecnico di cucina. La guida gastronomica è un prodotto editoriale destinato ai buongustai o a coloro che tali vogliono diventare: non è destinata ai cuochi! Il compito del critico gastronomico è quello di essere un buongustaio esperto e curioso che descrive modo appropriato ciò che il buongustaio lettore troverà. Punto e basta. Il punteggio, che infatti molte guide stanno togliendo, è una valutazione del tutto arbitraria, necessaria ad orientare il lettore.

Su questo argomento ho avuto moltissime discussioni: c’è infatti chi sostiene che il compito del critico gastronomico sarebbe quello di “educare” i palati delle persone. Questo lo trovo francamente ridicolo.

Attenzione! Questo non vuol dire che mi devo astenere dalle critiche: se mi trovo male lo devo dire e lo devo dire con chiarezza. Se devo descrivere, dovrò descrivere quanto c’è di buono e quanto c’è di non buono. Dal mio punto di vista di buongustaio, non di sputasentenze o di “tecnico”.

E questo soprattutto se ci troviamo in ristoranti dalle grandissime pretese e dai conti munifici (per il ristoratore). Soprattutto quando in cucina c’è chiunque eccetto lo chef, che è in giro a fare “consulenze”, che qualche impudente chiama “marchette” (presente le patatine di Cracco?) Se andate alla recensione del ristorante Caino, qui pubblicata a Febbraio 2023, capirete cosa intendo. Non per tirare acqua al mio mulino, visto che collaboro con la guida dei ristoranti del Gambero Rosso, ma credo che l’articolo, o meglio stroncatura, sul ristorante di Niko Romito all’hotel Bulgari di Roma sia un esempio di come possa e debba essere fatta critica enogastronomica

Io stesso, nel mio piccolo, diedi conto, sulla guida dei ristoranti del Gambero, delle pecche del servizio di ALT (il bar/ristorante/bistrot più immediato sempre di Niko Romito a Castel di Sangro). Non so se sia merito mio, ma successivamente il servizio è molto migliorato.

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