Alcuni della stampa inglese hanno stigmatizzato un atteggiamento pro-Putin in una parte non trascurabile dei media italiani. Fra pacifisti, post-comunisti, tribuni sensazionalisti, l’insieme è eterogeneo e con diversi obiettivi: smettere di avere alti costi in tutta l’UE per il supporto all’Ucraina, smettere con una guerra che di fatto rafforza solo gli USA, non aver molto interesse all’integrità dell’Ucraina. Tutti costoro concordano sul suggerire di abbandonare agli invasori le regioni ucraine conquistate, per avere la pace al più presto.

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Un atteggiamento più o meno anti-USA unisce la gran parte dei commentatori che appaiono non ostili verso un accordo dettato da Mosca. Nello specifico la tesi, non peregrina, è che gli USA dalla caduta del muro di Berlino hanno sviluppato una politica di attrazione dei paesi dell’est europeo verso la NATO, con quel che significa in termine di accettazione dell’egemonia americana. L’Ucraina, dopo il cambio di governo del ’14, con le dimissioni del presidente filo russo, si era troppo avvicinata alla NATO e Putin, finita l’occupazione della Crimea effettuata come immediata ritorsione alle libere elezioni, ha sollecitato l’insurrezione autonomista delle regioni russofone confinanti, ha poi deciso di scatenare questa sciagurata guerra, fra l’altro dichiarando in un suo pamphlet che di fatto l’Ucraina fa parte del territorio russo e in esso dovrebbe tornare, viceversa la sua paventata adesione alla NATO sarebbe stato un attentato per la sicurezza nazionale russa. Gli eventuali errori diplomatici degli USA in nessun caso giustificano la guerra e la perpetrazione di un genocidio!

In realtà la scelta del dittatore russo aveva due principali obiettivi: dimostrare che la Russia è tuttora una superpotenza ed effettuare una facile annessione del “paese fratello” in pochi giorni. Fra i numerosi obiettivi di corollario elencherei: rafforzare la propria dittatura, distrarre la popolazione con gli eventi bellici e realizzare una ulteriore persecuzione verso gli oppositori interni. Fra questi quello venuto meno è stato proprio l’obiettivo centrale: l’annessione è fallita e la Russia è ora impantanata in una guerra di posizione che potrebbe durare molto tempo, inoltre si è macchiata di crimini orrendi (uccisione di civili, stupri, torture, sottrazione di minori, ecc.) nelle aree conquistate, smascherati dopo la loro liberazione e impossibile da lasciare impuniti.

Viceversa l’Ucraina aveva già dimostrato di essere un paese democratico con le libere elezioni (a differenza di quanto avviene nella vicina Bielorussia da decenni in ostaggio di un tetro dittatore) ed ha e sta dando un eroico esempio di resistenza e di unità nazionale nell’affrontare e controbattere l’aggressione russa, nonostante la disparità delle risorse umane e belliche. A prescindere dal fatto che non sono né note né chiare le idee del dittatore russo, personalmente penso che l’unica opzione accettabile per l’UE per arrivare alla pace sia una convinta proposta da parte dell’Ucraina che deciderà cosa sia accettabile, nell’ambito di un quadro di garanzie assicurato anche da un supporto negoziale che coinvolga UE e USA.

Facciamo ora un passo in più: continuare a supportare anche con armamenti lo sforzo ucraino significa dimostrarsi servi di Washington, dice qualcuno. Anche qui mi è ben chiara la riserva di quanti ricordano i danni e gli orrori promossi dalla politica estera interventista degli USA: dal Vietnam, ai colpi di stato in Argentina e Cile. Ma ha senso questa posizione politica oggi e con questa situazione geopolitica?

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Per l’Italia non ci sono molte alternative. Attualmente è inserita nel consesso NATO ed è fra gli alleati storici degli USA, fin dalla ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale, da cui, dopo un ventennio di dittatura, i disastrosi anni di guerra e l’orrore della guerra civile, era uscita in macerie. Il supporto degli USA con il Piano Marshall, la creazione di quella che è poi diventata l’Unione Europea e l’opportunità della stabilizzazione della democrazia hanno permesso al nostro Paese in due decenni di posizionarsi fra i paesi più avanzati tecnologicamente e più economicamente sviluppati nel mondo. Questa scelta strategica ha consentito all’Italia di progredire e di avere una credibile difesa militare (con l’ombrello difensivo NATO, includendo il potenziale atomico di USA e UK) pur partecipandovi in maniera molto limitata. Qualcuno pensa realmente che sarebbe stato meglio essere dall’altra parte della sfera di alleanze o che sarebbe il caso di cambiare alleanze ora?

Certo compromessi e rinunce sono stati effettuati, come è ragionevole attendersi in un’alleanza ed altri potranno essere richiesti. Purtroppo ci sono stati episodi di pressione poco trasparenti, se non decisamente contra legem; mi riferisco, fra l’altro, alle trame nere, a Gladio, al dramma di Ustica, all’ipotizzato supporto alle Brigate rosse per affondare il Compromesso Storico. In alcuni casi queste pressioni sono state bloccate; ricordo l’intervento di Craxi a Sigonella e quello di Andreotti per la politica dialogante con i palestinesi.

Per oggi e domani a mio parere, l’Italia deve avere una posizione netta e lungimirante: da una parte la conferma dell’alleanza con gli USA e della partecipazione alla NATO, dall’altra l’impegno a migliorare e rafforzare l’UE; ferma resta la netta condanna di Putin e della sua corte, della loro guerra sporca e dei loro crimini.

Questo non vuol dire tacere su eventuali posizioni inaccettabili dell’alleato, ma per poter dialogare in maniera costruttiva e credibile con gli USA è importante che si rafforzi l’Unione Europea, come è stato possibile in ambito finanziario con l’Euro e la sua strenua difesa, grazie al nostro Draghi. Passi avanti l’UE dovrebbe compierli per: una politica estera comune; una forza militare congiunta; un maggior supporto alla tecnologia ed alla ricerca anche per lo sviluppo sostenibile; la riforma dei processi decisionali con l’abbandono dell’unanimità; l’armonia su alcune politiche strategiche per l’UE ed i paesi che la compongono. Mi sembra evidente che l’Italia, come ciascuno degli altri UE, è paese territorialmente e demograficamente piccolo e trascurabile rispetto ai giochi mondiali che coinvolgono le potenze. Pertanto è un’ineludibile necessità per il nostro paese puntare ed operare concretamente a rafforzare la UE, infatti una UE forte e coesa sarebbe un interlocutore in grado di confrontarsi paritariamente con il maggior alleato e con i competitori o avversari.

Fra le politiche strategiche, rispetto all’estero, da affrontare la prima è quella dell’immigrazione. Si tratta di un evento epocale che non si rallenterà con parole mendaci ed atteggiamenti falsamente protezionistici e che è facile ipotizzare in crescita nel prossimo futuro. Da una parte bisogna facilitare l’integrazione di chi è arrivato per avere una nuova occasione di vita, ad iniziare dai minori; un approccio in prospettiva utile per paesi con bassissimo tasso di natalità, come il nostro. Dall’altra bisogna che tutti i paesi dell’UE si facciano carico di quote di accoglimento proporzionali alle caratteristiche nazionali.

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La seconda è quella dell’intervento nell’Africa per rafforzare le democrazie più mature e garantire un’evoluzione dello sviluppo locale. Da almeno due decenni la Cina ha iniziato ad investire in vari paesi; fra i più recenti interventi l’accordo con il Marocco per produrre componenti con il litio poi esportabili in UE ed USA, l’accordo con l’Egitto per una grande industria che produrrà veicoli elettrici, infine l’accordo con l’Algeria dove la Cina ha rimpiazzato la Francia come maggior esportatore. L’Europa colpevolmente si è disinteressata, dopo le politiche colonialiste dei secoli precedenti, dello sviluppo dei paesi africani; è facile invece capire come una politica lungimirante potrebbe far diminuire l’emigrazione, legare geopoliticamente questi paesi all’UE ed all’alleanza occidentale e diminuire il peso della Cina proprio alle porte del nostro continente. Infine, a differenza di quanto fanno in parte gli USA, la UE dovrebbe inaugurare una stagione di competizione-collaborazione con la Cina e, in generale, con i paesi non dittatoriali del BRIC; con l’obiettivo di favorire rapporti continui e costanti per sviluppare politiche di stabilità e rapporti di mutuo interesse con i paesi democratici dell’Africa, dell’Asia e dell’America.

In definitiva l’augurio rispetto ai commentatori e politici che affollano i mass media è che lascino perdere posizioni ideologiche e ricostruzioni storiche più o meno attendibili. Rispondano con onestà intellettuale alla domanda: qual è, oggi, l’interesse per l’Italia e l’UE per continuare in pace un processo di sviluppo? La risposta dovrebbe essere netta per la politica estera europea: alleanza con USA e paesi democratici, partecipazione alla NATO, operare per rafforzare l’UE, condanna della Russia e supporto per l’Ucraina, ricercare una via europea per gestire i rapporti con la Cina, incrementare gli accordi con i paesi africani, implementare le iniziative per lo sviluppo sostenibile e gestire responsabilmente l’emergenza immigrazione. Questi saranno i temi su cui si confronteranno i partiti nelle prossime Elezioni Europee di giugno, a noi cittadini spetta l’attenzione per analizzare bene i programmi, le dichiarazioni ed i comportamenti nel tempo, e per scegliere chi garantisca un vero rafforzamento dell’UE nel prossimo futuro.

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